Le mire egemoniche locali del dittatore fascista turco
Putin dà mano libera a Erdogan sul Kurdistan siriano
Intesa per Turkish Stream, il gasdotto verso l'Europa. La Russia rende permanente la base siriana di Tartus

 
Lo scorso 9 agosto a San Pietroburgo la visita del presidente turco Recep Tayyp Erdogan sanciva la chiusura della crisi tra Mosca e Ankara, dettata dagli opposti appetiti imperialisti sulla Siria, e indicava l'apertura di una nuova fase di rapporti tra i due paesi; il rilancio del progetto per la realizzazione del gasdotto Turkish Stream rilanciava l'alleanza economica ma l'intesa tra i due leader imperialisti andava oltre e creava le basi per una alleanza anche strategica, un evento fino a poco tempo fa ritenuto impossibile tra un paese pilastro della Nato come la Turchia e uno dei principali “nemici” dell'alleanza militare imperialista, come il vertice Nato di Varsavia il mese dopo confermava.
L'intesa era confermata due mesi dopo, il 10 ottobre nel corso della visita del presidente russo Vladimir a Ankara. Le posizioni sulla Siria restano ancora distinte riguardo alla sorte del presidente siriano Bashar al Assad con la Turchia che lo vuole deposto e la Russia lo tiene in vita. Sugli altri aspetti delle crisi siriana le posizioni si sono invece avvicinate. Putin fino a pochi mesi fa sosteneva le posizioni dei curdi siriani e sponsorizzava la presenza di delegati della Rojava al tavolo dei negoziati tra il regime di Assad e le opposizioni; adesso le forze curde dell'Ypg, rifornite e assistite dagli Usa, sono parte importante dell'offensiva del fronte imperialista contro lo Stato islamico (IS) ma sono viste come fumo negli occhi da Erdogan che non vuole alcuna entità statale curda finanche oltre i confini turchi, in Siria. E mettendo in secondo piano la questione della caduta di Assad ha ottenuto in cambio da Putin mano libera sul Kurdistan siriano.
Non ha trovato ostacoli da parte di Putin nemmeno sul progetto turco di creare una zona cuscinetto nel nord della Siria, nella zona dove è presente la minoranza turcomanna. “Un'area di 900 chilometri è stata liberata finora dai terroristi”, aveva dichiarato il presidente turco, “potremmo estendere quest'area fino a 5.000 chilometri come parte di una zona di sicurezza”, una zona occupata dall'esercito di Ankara che approfitterebbe della disgregazione della Siria per portarne un pezzetto sotto il suo controllo. In quella zona potrebbero essere allestiti campi profughi per siriani, rilanciavano da Ankara, per ottenere anche il consenso dell'Unione europea (Ue); non c'è che dire, il dittatore fascista Erdogan vorrebbe occupare un pezzo di Siria, tenere i siriani prigionieri in casa propria e farsi pagare per questo lavoro dalla Ue coi soldi già stanziati in suo favore per l'emergenza profughi.
Nel gioco degli scambi la Turchia non ha avuto niente da dire sul progetto di Mosca di rendere permanente la base di Tartus, operativa dal 1977, che si trova nel nord della Siria.
La normalizzazione dei rapporti tra Russia e Turchia è stata ufficializzata con l’accordo su Turkish Stream, il gasdotto che collegherà le coste russe sul Mar Nero all’Europa passando dalla Turchia e la cui costruzione era stata interrota due anni fa. La tubatura, al completamento dei lavori di costruzione prevista nel 2019, potrà veicolare 63 miliardi di metri cubi di gas l’anno e renderà secondario se non inutile l'attuale gasdotto che passa dall’Ucraina. Il governo reazionario di Kiev rischia di restare al freddo con la collaborazione della potenziale alleata Turchia.
Erdogan e Putin hanno firmato una serie di accordi che riguardano commercio e turismo e deciso di definire un accordo di libero scambio entro la fine del 2017. La Russia ha cancellato il divieto di vendita di alcuni prodotti alimentari turchi e ha annunciato la ripresa del progetto di costruzione di un impianto nucleare da 20 miliardi di dollari. Altri 500 milioni di dollari ciascuno sono stati stanziati dai due governi per dare vita a un Fondo di investimento comune con l'obiettivo di finanziare futuri progetti congiunti.
Al momento della firma del completamento del gasdotto Erdogan ha ricordato che in Siria e in Iraq sono concentrati “due terzi delle forniture di energia del mondo” mentre la Turchia è solo un importante Paese di transito. Da queste parole si capisce che l'interesse imperialista della Turchia di essere protagonista della spartizione dei due paesi arabi è intrecciata alla questione curda ed è sia politica che economica. Perciò Erdogan ha smesso da tempo di stare alla finestra a limitarsi al supporto all'imperialismo americano e ha scelto di giocare anche in proprio. E non solo in Siria, le truppe turche dislocate nella base di Bashiqa, nel Kurdistan iracheno, a sostegno dei peshmerga sono rimaste al loro posto nonostante la richiesta di ritiro del premier iracheno al-Abadi. Erdogan ha liquidato la sua richiesta affermando che il premier iracheno “non è il mio interlocutore, non è al mio livello” e “non può impedirci di partecipare alla liberazione di Mosul”, e alla spartizione imperialista dell'Iraq.

19 ottobre 2016