Tramite la penna velenosa del direttore Sallusti
“Il Giornale” neofascista dei Berlusconi chiede di bandire dalle piazze e dai cortei le bandiere e i simboli del comunismo

In occasione dell'uscita della prima pubblicazione della nuova collana sulla “storia del comunismo”, vale a dire il “Libro nero del comunismo europeo”, Il Giornale del 28 ottobre riporta un editoriale di presentazione del direttore Alessandro Sallusti che spiega i motivi che hanno spinto il quotidiano della famiglia Berlusconi ad una simile iniziativa editoriale. Iniziativa già annunciata con grande enfasi qualche giorno prima nel numero dedicato al 60° anniversario della controrivoluzione ungherese.
“Una collana di testi storici per capire che cosa è stato il comunismo potrebbe sembrare un'operazione nostalgica all'inverso, cioè tenere in vita un nemico vinto e abbattuto”, esordisce Sallusti, che però spiega: “Se i comunisti bandiera rossa e falce e martello sono un irrilevante residuo politico e sociale, quell'ideologia continua invece a vivere mascherata sotto altri nomi, sigle e volti il più delle volte rassicuranti e per questo paradossalmente pericolosi. Camaleonti che si annidano in ogni ambito dello Stato, della politica, della comunicazione. Parliamo di persone, molte delle quali editorialisti di grandi giornali borghesi e ospiti fissi nei dibattiti televisivi, alle quali è stato concesso di non fare i conti con la loro storia, a differenza di chi aveva sposato diverse e opposte ideologie. Hanno rimosso la colpa e la vergogna di essere stati complici della più grande tragedia del Novecento, superiore per numero di vittime e longevità persino al reich di Hitler”.

Una proposta delirante
Non si capisce chi siano questi “camaleonti” a cui allude Sallusti, “editorialisti di grandi giornali borghesi e ospiti fissi nei dibattiti televisivi”: forse certi “post comunisti” (vale a dire ex revisionisti, rinnegati e trotzkisti) come D'Alema, Veltroni, Padellaro, Mieli, Rangeri e via discorrendo? Oppure certi falsi comunisti come Rizzo, lui sì ospite fisso di talk show, in particolare sulle reti di Berlusconi, per ricoprire quel ruolo di comunista da salotto per imbrogliare i sinceri anticapitalisti ieri riservato a Bertinotti?
Non lo sappiamo né vale la pena capirlo, ma quello che conta dello sproloquio anticomunista di Sallusti è il concetto delirante che il comunismo sarebbe “la più grande tragedia del Novecento, superiore per numero di vittime e longevità persino al reich di Hitler”. Un'accusa ben nota, quella dell'equiparazione del comunismo al nazismo da parte del revisionismo storico, che per il direttore del quotidiano neofascista si traduce addirittura nell'assegnazione del primato di malvagità assoluta al comunismo.
Tutto ciò allo scopo di sparare una proposta ancor più delirante della premessa, ma anche molto lucida nella sua brutalità: “L'apologia del comunismo – prosegue infatti Sallusti – dovrebbe essere parificata a quella del nazismo e altrettanto penalmente e civilmente perseguita. Le sue bandiere e i suoi simboli andrebbero banditi da piazze e cortei”. Così che, secondo il ringhioso mastino berlusconiano, mentre le bandiere e i simboli del fascismo e del nazismo sono sempre più impunemente esibiti nelle piazze e sul web, quelli del comunismo dovrebbero essere messi al bando e ai suoi fautori andrebbe data la caccia come ai criminali.
Poco importa a Sallusti che questi siano proprio gli stessi argomenti usati da Mussolini e da Hitler, che hanno sfruttato la paura della borghesia per il bolscevismo e la rivoluzione socialista per prendere il potere. E ancora meno gli importa che siano stati proprio i comunisti, con in prima linea l'Unione Sovietica di Stalin, a pagare il più alto prezzo di sangue per sconfiggere il nazismo e il fascismo, né che in Italia i partigiani comunisti delle Brigate Garibaldi, con la bandiera rossa e il simbolo della falce e martello, siano stati l'anima e i principali artefici della gloriosa Resistenza antifascista.
Tutto ciò semplicemente non esiste, è cancellato con un tratto di penna dai libri di storia, e se Sallusti può farlo fino al punto dall'invocare la messa al bando perfino delle bandiere rosse e della falce e martello dalle piazze e dai cortei e la repressione di chiunque si richiami al comunismo, è anche grazie ai revisionisti e ai rinnegati che questi simboli e ideali hanno buttato da tempo alle ortiche per abbracciare il capitalismo e servire la classe dominante borghese in camicia nera.

Il silenzio della “sinistra” borghese
Nessuno di questi rinnegati, né i “democratici” solitamente pronti a invocare le libertà civili e politiche, ma nemmeno gli stessi falsi comunisti e i trotzkisti, si sono sentiti in dovere di ribattere alcunché alle tesi e proposte deliranti di Sallusti e all'iniziativa neofascista e revisionista storica de Il Giornale . Non foss'altro che per porre loro una semplice domanda: se il comunismo è morto e sepolto, come affermate ad ogni piè sospinto, perché allora metterlo al bando? Perché ancora tanta paura di questo “irrilevante residuo politico e sociale” dall'invocare la cancellazione dai cortei e da ogni luogo pubblico delle sue bandiere e simboli, e la galera per chi osi ancora ostentarli?
Evidentemente – rispondiamo noi - perché il comunismo non è affatto morto, perché la sua ideologia e la sua spinta a cambiare questa marcia società capitalista, neofascista, razzista, xenofoba e imperialista ancora resistono e hanno una forte attrattiva sulla classe operaia e sulle masse popolari, e i neofascisti e anticomunisti come Sallusti lo capiscono bene. Sanno che in Italia ci sono ancora dei marxisti-leninisti autentici e orgogliosi di ostentare le bandiere e i simboli storici del movimento operaio internazionale e di portarli nelle piazze: i militanti del PMLI che ha nella falce e martello e l'effige di Mao la sua rossa bandiera.
É contro questo pericolo che il direttore dell'organo berlusconiano chiama la classe dominante borghese in camicia nera a vigilare e prendere provvedimenti drastici, non certo contro quei quattro politicanti borghesi, revisionisti, trotzkisti e falsi marxisti-leninisti ospiti fissi ai compiacenti talk show televisivi. La avvisa che la guerra al comunismo non è ancora vinta, e che per vincerla occorre inevitabilmente derogare alle stesse libertà democratico borghesi. Come quando la borghesia liberale consegnò il Paese in mano a Mussolini e al fascismo per schiacciare la classe operaia e sventare il pericolo della rivoluzione socialista. E come oggi l'ha consegnato in mano al nuovo duce Renzi, il miglior allievo e successore di Mussolini, Craxi e Berlusconi.
 

9 novembre 2016