Dopo una lunga e dura lotta dei lavoratori
Accordo dei colossi della logistica con i “sindacati di base”
un settore dove lo sfruttamento assume i connotati della semi-schiavitù
Nei giorni scorsi è stato firmato un importante accordo tra i sindacati SI Cobas e ADL Cobas e i maggiori corrieri operanti in Italia: GLS, BRT, TNT mentre SDA ha firmato una dichiarazione d'intenti e si è impegnata ad applicare le stesse condizioni in un settore, quello della logistica, che impiega solo nel facchinaggio 200mila persone, in maggioranza immigrati. Come dice il comunicato emesso dai due sindacati “questo risultato è stato ottenuto grazie alla determinazione di migliaia di facchini che hanno costruito momenti di mobilitazione nazionale con lotte radicali, diffuse e con picchetti durissimi, resistendo agli attacchi della controparte che non ha lesinato in molti casi nell’utilizzare le forze di polizia”.
Repressione delle lotte
Innumerevoli i casi in cui è stata usata violenza contro i lavoratori che operano alla movimentazione delle merci nei grandi magazzini di distribuzione di catene commerciali come Ikea, supermercati come Coop, Conad, Esselunga, giganti del commercio elettronico come l'americana Amazon, corrieri come TNT e Artoni. Violenza economica come ha fatto quest'ultima azienda mettendo in atto decine di licenziamenti politici nei confronti di chi scioperava, mentre la TNT a Piacenza qualche anno fa ha spedito a casa i lavoratori dell'intero turno di notte solo perché avevano chiesto migliori condizioni di lavoro.
Non minore è stata la violenza fisica con decine di cariche contro i picchetti e i blocchi messi in atto dai lavoratori: vigliacche e selvagge manganellate ad Asola (BO), Padova, Fidenza (PC), davanti ai cancelli della Granarolo a Bologna, ai lavoratori delle cooperative impegnati per Ikea a Piacenza, città dove c'è stato pure un morto, travolto da un TIR che ha forzato un picchetto davanti ai magazzini della GLS. Non sono mancati gli arresti e i fogli di via ai non residenti nelle zone interessate, cioè a quei lavoratori, studenti e a tutti coloro che erano venuti a sostenere e solidarizzare con i lavoratori della logistica, trattati come dei criminali.
A questo si devono aggiungere gli attacchi dei mass-media, specie quelli locali perché a livello nazionale si è preferito scegliere il silenzio (salvo rare eccezioni) su questa vertenza, emblematica del vero volto del capitalismo e del governo della borghesia. I lavoratori e i sindacati che li rappresentano definiti come dei facinorosi e violenti, gli esponenti del PD di regioni come l'Emilia-Romagna che incitavano la polizia a “ripristinare l'ordine”, ci si è messa perfino la Cgil invitando a tenere bassi i toni e allentare “la tensione sociale”. Fino ad arrivare a tentativi, tutti falliti, di contromanifestazioni tipo quella dei “colletti bianchi” della Fiat a sostegno delle aziende e contro le lotte. Il segretario emiliano di LegaCoop si è spinto oltre affermando: “l’estremismo dei facchini pericoloso quanto la mafia”.
Del resto i legami del PD, ma anche della Cgil con le cooperative di facchinaggio sono noti a tutti in una regione dove, in virtù della sua collocazione geografica strategica, si trovano i maggiori centri logistici di tutto il Paese. Anche le cooperative affiliate a Legacoop o Confcooperative, pur non toccando i livelli di sfruttamento (lavoro nero, violenze fisiche a chi rallenta i ritmi di lavoro e osa ribellarsi) raggiunti in quelle “spurie” cioè non affiliate alle Leghe, si sono tuttavia approfittate della situazione evadendo spesso numerosi punti del contratto nazionale di categoria, peraltro scandaloso, e dimostrando forse più delle altre intolleranza verso la presenza di sindacati conflittuali all’interno dei magazzini.
Gli schiavi della logistica
Quando si entra nel settore della logistica scopriamo un mondo dove lo sfruttamento raggiunge la forma della semi schiavitù. Il tutto è facilitato dalla normativa, come la legge 142/2001, che permette l'utilizzo delle migliori condizioni al capitalista sfruttando cooperative che non hanno niente a che fare con il significato nobile e originario di queste associazioni, ovvero solidarietà e mutuo soccorso, ma servono solo come espedienti per eludere i contratti nazionali di categoria e offrire ai colossi del commercio e della distribuzione forza-lavoro a basso prezzo, super sfruttata e senza diritti. Molto spesso le cooperative svaniscono al cambio d’appalto portandosi con loro tutte le spettanze maturate dai dipendenti, TFR compreso, per poi ricomparire sotto mentite spoglie e riazzerare così i diritti dei lavoratori.
Un mondo dove dilagano il lavoro nero, le intimidazioni, i ricatti, compresi quelli sessuali verso le donne, dove s'inseriscono illegalità, faccendieri e criminalità organizzata e dove la grande azienda se ne lava le mani con la cessione della distribuzione in subappalto. Un settore in continua crescita, grazie anche all'espansione del commercio internet che ha aumentato la movimentazione delle merci e le consegne a domicilio, che non risente della crisi e fattura decine di miliardi di euro l'anno e lauti profitti sulla pelle dei lavoratori.
La “filiera” funziona grossomodo così: il committente, ossia il grande gruppo (spesso multinazionali) affida a un corriere, italiano o straniero, la distribuzione della propria merce, che a sua volta appalta la movimentazione, il carico scarico della merce, impacchettamento e spedizione alla cooperative di comodo, generalmente in un magazzino a sua volta appartenente ad un altra società. L'area logistica (hub
) più grande d'Italia si trova vicino agli svincoli autostradali attorno a Piacenza, nodo strategico per la distribuzione in tutto il centro-nord Italia e per il sud Europa. Queste aree sono staccate anche fisicamente dal resto del territorio: nell'aspetto assomigliano a veri e propri lager, chiusi da reti molto alte e con accesso esclusivo attraverso i tornelli e guardie sulle torrette come nelle carceri.
Ma i lavoratori italiani, tunisini, egiziani, marocchini, senegalesi, ivoriani, indiani e di altre nazionalità hanno dato grande prova di coraggio e combattività. I lavoratori migranti, che sono la maggioranza, hanno dovuto sfidare anche il ricatto del permesso di soggiorno che “grazie” alla legge Bossi-Fini è legato al posto di lavoro. Tre scioperi nazionali in poco tempo, mobilitazioni e cortei, picchetti e presidi con le famiglie al seguito, blocco delle merci. Quest'ultima è la misura più temuta dai padroni della logistica poiché proprio sulla velocità della consegna della merce alla destinazione finale si basa il loro profitto. Grazie alla loro lotta nel mese di ottobre sono stati siglati veri e propri accordi nazionali che riguardano in parte molti degli obiettivi già raggiunti con accordi di magazzino direttamente con i fornitori, con l’aggiunta di ulteriori aspetti migliorativi che vanno a modificare in modo sostanziale il CCNL Trasporto Merci Logistica firmato da CGIL CISL e UIL.
L'accordo
È la prima volta che le grandi aziende, alcune delle quali anche multinazionali, sono state costrette dalla pressione delle lotte a sedersi attorno ad un tavolo con organizzazioni sindacali di base per condividere accordi che definiscono linee guida di valenza nazionale attorno alle quali i vari fornitori dovranno adeguarsi, scavalcando leggi e regole restrittive sulla rappresentanza sindacale. Ad oggi tutti i diritti conquistati all’interno del settore della logistica dalle organizzazioni sindacali non firmatarie del CCNL non sarebbero stati esigibili sul piano formale, e sono stati pertanto conquistati solo grazie alla lotta, perciò si prevede che ai sindacati firmatari di questo accordo verranno garantiti gli stessi diritti sindacali previsti da leggi e contratti.
In sintesi l'accordo stabilisce che in caso di cambio di appalto tutti i lavoratori presenti in quel determinato magazzino, avranno il diritto di passare al nuovo appaltatore, alle stesse condizioni contrattuali e retributive mantenendo l’anzianità di magazzino. Il CCNL in vigore prevedeva che in caso di cambio di appalto vi fosse solo la “preferenza” nell’assunzione e non l’obbligo di farlo. Sull'inquadramento e i livelli vengono stabiliti degli automatismi, un criterio che rompe quelle gabbie salariali imposte solo ed esclusivamente per lasciare al padrone l’arbitrio nella concessione del passaggio ai livelli superiori e strumento di ricatto e di divisione, viene pattuito un aumento di salario di una certa rilevanza. Si prevede che 13a, 14a, ferie, ex festività, Tfr, verranno corrisposti al 100 %, che in tutti i magazzini verrà erogato un Buono Pasto del valore di 5,29 € per prestazioni superiori alle 4 ore. Non molto viene raggiunto sul fronte della riduzione dell'orario di lavoro, comunque è stato ottenuto un giorno di permesso in più l'anno.
Per l’infortunio viene stabilito che il lavoratore avrà l’integrazione al 100 % a partire dal primo giorno. Per quanto riguarda la malattia, per la quale non è prevista alcuna integrazione da parte dell’azienda, si procederà con un ulteriore passaggio, salvo i casi di miglior favore, con una integrazione al 100 % per 4 eventi all’anno, per 7 giorni ad ogni evento. Un compromesso tra aziende dove già oggi la malattia viene integrata al 100 % e senza limitazioni e quelle in cui non ve n'è alcuna. Vi sono alcune misure per garantire al lavoratore che risulti anche parzialmente inidoneo alcune forme assicurative in aggiunta a quanto stabilito dall’Inail e veda riconosciuta una invalidità almeno del 26 %, da percepire attraverso una rendita mensile, oppure con un risarcimento complessivo. Inoltre è stato concordato che, laddove esistano forme societarie di cooperative, non possa più essere utilizzata la fattispecie dell’”esclusione da socio” come forma surrettizia li licenziamento dei lavoratori.
Pur nei limiti del sindacalismo “di base”, di alcuni compromessi come quello sull'orario, sulla malattia e le modalità di indizione degli scioperi che prevede la comunicazione scritta da parte sindacale e la proclamazione dello stato di agitazione solo dopo l'esito negativo di un apposito incontro, l'accordo è sostanzialmente migliorativo sul salario e sopratutto sui diritti in un momento dove i nuovi contratti sono quasi tutti peggiorativi anche se dobbiamo ricordare che, come riconoscono SI Cobas e ADL Cobas “si partiva da condizioni davvero terribili”.
Il quotidiano il Manifesto
ha titolato “lotte come nell'800”, mentre alcuni commentatori si sono meravigliati che nel 2016 esistessero certe condizioni di lavoro, le manganellate della polizia e le aggressioni ai sindacalisti, forse pensavano che il capitalismo fosse diventato “buono” e la lotta di classe scomparsa? Sicuramente lo stesso atteggiamento ottocentesco è usato dai padroni e dalle aziende che spesso si spacciano per benefattori, rispettosi dell'ambiente, degli operai e contadini dei paesi poveri dove acquistano i loro prodotti, pensiamo agli spot di Ikea, Coop, Granarolo ecc. ma nella realtà, direttamente o indirettamente, licenziano chi sciopera, chi aderisce a sindacati non graditi, chi rivendica i propri diritti, chi non si piega ai soprusi.
La dura e per certi aspetti vittoriosa lotta sviluppata dai lavoratori della logistica dimostra che le mobilitazioni decise col ricorso ai metodi da sempre patrimonio dei lavoratori come lo sciopero, i picchetti, il blocco delle merci, sono efficaci e possono rintuzzare gli attacchi padronali e dei loro governi che vogliono far pagare integralmente ai lavoratori i costi e gli effetti dell'ultima devastante crisi capitalistica.
23 novembre 2016