Durissima condanna all’ex viceministro del neoduce Berlusconi
9 anni a Cosentino per concorso esterno in associazione mafiosa
Redazione di Napoli
“Ci accusavano di lesa maestà, di essere dei visionari: il tempo è galantuomo. Il libro ‘Il Casalese’ con coraggio e senso di servizio denunciò il malaffare e il sistema dell’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino. È solo giornalismo, vero”. Così il giornalista anticamorra Arnaldo Capezzuto ha commentato la condanna a nove anni di reclusione dell’ex parlamentare PDL per concorso esterno in associazione camorristica.
Una sentenza dura quella pronunciata il 17 novembre dalla Prima sezione collegiale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere presieduta dal giudice Giampaolo Guglielmo. Ma non solo: una volta scontata la pena, Cosentino dovrà stare per due anni in regime di libertà vigilata. La Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli aveva, tramite il pubblico ministero Alessandro Milita, chiesto ben 16 anni di carcere ritenendo che, dal 1980 e fino al 2014, Cosentino fosse il referente politico-istituzionale dei clan Casalesi, dai quali avrebbe ricevuto sostegno elettorale e capacità di intimidazione, e ai quali avrebbe offerto la possibilità di partecipare ai proventi degli appalti del ciclo dei rifiuti e delle assunzioni.
Dalla nascita dell’Eco 4 con a capo i fratelli Sergio e Michele Orsi (quest’ultimo ucciso nel 2008 dall’ala stragista del clan guidata dall’ergastolano Giuseppe Setola), imprenditori vicini al clan dei Casalesi, fino alla società operativa del Consorzio Ce4 con a capo Giuseppe Valente, diventato poi nel corso del dibattimento uno dei principali testi della Procura anticamorra napoletana. L’Eco 4 fu, dunque, una “società a partecipazione mafiosa” con sversamenti illeciti nel casertano e fuori regione, cui si aggiunge la mancata realizzazione dell’inceneritore di Santa Maria la Fossa. In particolare, Cosentino avrebbe fatto finta di appoggiare i comitati che si battevano contro l’impianto, per favorire invece un altro progetto di modo da avere, in ultimo, un controllo assoluto delle assunzioni e degli incarichi all’interno della Eco 4. L’incredibile fiume di denaro che doveva passare attraverso la “monnezza” rappresenta il business più imponente che ha caratterizzato l’iter criminale di Cosentino pronto a costruire un vero e proprio ciclo dei rifiuti alternativo e concorrenziale a quello ufficiale gestito da Fibe-Fisia-Impregilo attraverso il contratto stipulato con il commissariato per l’emergenza, ovvero attraverso l’Impregeco. “Nick o’mericano” avrebbe così messo in piedi un vero e proprio ciclo integrato dei rifiuti nel casertano, con l’aiuto di Impregeco, un ruolo che avrebbe sfruttato con gli amici Casalesi per favorire la camorra in cambio di voti.
L’inchiesta giudiziaria che ha portato alla condanna Cosentino prende il via dal pentimento di Gaetano Vassallo, una sorta di “ministro dei rifiuti” del clan che ricostruisce i suoi contatti e i suoi rapporti con l’ex parlamentare, soprattutto per quanto riguarda la società controllata dalla Eco 4.
Una vicenda cominciata nel lontano 2009, quando Cosentino era in piena ascesa, ben spalleggiato del neoduce Berlusconi: il 7 novembre giunge una ordinanza di arresto nei suoi confronti firmata dal Giudice per le indagini preliminari di Napoli Raffaele Piccirillo. La Camera nera respingerà più volte la disposizione del giudice fino al 15 marzo 2013, giorno in cui Cosentino, ormai privo delle guarentigie parlamentari, sarà costretto finalmente a costituirsi presso il penitenziario di Secondigliano.
Dopo qualche mese di carcere e di arresti domiciliari fuori regione, a fine 2013 Cosentino torna libero e fonda “Forza Campania”, gruppo consiliare regionale che intende fare la fronda alla gestione napoletana e campana di Luigi Cesaro e Domenico De Siano, e mettere in difficoltà il “rivale” Stefano Caldoro, all’epoca governatore. Ma il 3 aprile 2014 l’ex viceministro torna in carcere con accuse di estorsione ai danni di un imprenditore dei carburanti, un concorrente dell’impresa di famiglia, la Aversana Petroli, leader di mercato nell’area di Casal di Principe e dintorni, proprio come hanno tratteggiato i giornalisti anticamorra nel libro “Il Casalese”. Cosentino rimane due anni e due mesi ininterrotti in carcere, terminati il 1 giugno 2016, quando il tribunale revoca la misura attenuandola negli arresti domiciliari a Venafro con divieto di comunicare all’esterno della cerchia dei familiari più stretti.
30 novembre 2016