Allarme mondiale della World Meteorological Organization
La terra soffoca di inquinamento
Il primo responsabile è il sistema di produzione capitalistico
Secondo un report dell’organizzazione mondiale dei metereologi, la World Meteorological Organization (Wmo), appena pubblicato, il 2016 è stato l’anno più caldo e più inquinato di sempre, tanto da definirlo un punto “di non ritorno” per il clima e per la vita sul pianeta. I dati che provengono dalla stazione di monitoraggio dei gas serra di Mauna Loa, nella Hawaii, evidenziano che le concentrazioni di CO2 resteranno sopra le 400 parti per milione per l’intero 2016 e non subiranno significative diminuizioni per molte generazioni future. Tali aspettative, catastrofiche per la Terra, si basano sui riflessi del fenomeno del Niño nel 2015, proposti in proiezione e con i dovuti adeguamenti, ai sette anni successivi.
Che cos’è El Niño
El Niño è un fenomeno climatico periodico che ha per teatro l’Oceano Pacifico centrale nei mesi di dicembre e gennaio, in media ogni cinque anni, e consiste in un anomalo riscaldamento delle acque oceaniche. Data l’estensione del fenomeno, esso è capace di condizionare il clima dell’intero globo, con particolare riferimento alle aree che si affacciano sul Pacifico, ma non solo. El Niño s'instaura a causa del surriscaldamento delle acque superficiali oceaniche del Pacifico orientale, che modificano la circolazione equatoriale dei venti e con essa la distribuzione delle precipitazioni, regolando l'alternanza di periodi di siccità e di maggiore piovosità lungo tutto il Pacifico Equatoriale. Le sue conseguenze climatiche possono rallentare o addirittura invertire il normale clima in vaste aree del mondo; ad esempio forte siccità per le piovose Indonesia ed Australia, o al contrario su zone normalmente aride come le coste di Ecuador, Peru e Cile aumenterebbe la quantità di pioggia con fenomeni talora estremi. Anche nei mari il fenomeno è capace di ridurre fortemente gli elementi nutritivi (plancton) che assicurano cibo a grandi quantità di pesce. Se tale situazione si protrae per lunghi periodi, l'equilibrio faunistico marino ne risulta stravolto finendo per ripercuotersi pesantemente sull'economia delle popolazioni sudamericane di Ecuador, Perù e Cile, in cui la pesca ha ancora un ruolo cruciale. El Niño quindi non è un fenomeno nuovo, ma è diventato più frequente e potente, e nel contempo i meccanismi naturali che ne mitigavano gli effetti, quali ad esempio i cosiddetti “pozzi di ossigeno” prodotto dalle grandi foreste, si sono andati indebolendo.
2016, il punto di non ritorno per il riscaldamento globale
In pratica, se finora l’anidride carbonica aveva superato la barriera delle 400 parti per milione solo per alcuni mesi dell’anno in determinate aree, oggi la soglia è stata oltrepassata su base planetaria per un intero anno. Ciò non era mai accaduto da quando l’atmosfera viene monitorata. Il bollettino del WMO evidenzia come tra il 1990 e il 2015 ci è verificato un 37% di incremento del riscaldamento climatico a causa di gas serra come anidride carbonica, metano e biossido d’azoto, prodotti principalmente da attività industriali ed agricole. Secondo il bollettino è l’uomo, attraverso il suo sistema di produzione dunque, il primo e pressoché unico imputato.
La COP21 di Parigi è la soluzione?
Petteri Taalas, segretario generale del Wmo, dopo aver commentato il report pubblicato, si mostra ottimista e parla così dei recenti accordi della COP21: “con l’Accordo di Parigi il 2015 ci ha introdotto in una nuova era di ottimismo e di azione per il clima ma questo anno rappresenta anche un punto chiave nella Storia, portandoci in una nuova realtà dei mutamenti climatici con concentrazioni record di gas serra”. Ed ancora: “Senza affrontare le emissioni di anidride carbonica non possiamo affrontare il mutamento climatico per riuscire a contenere l’aumento delle temperature sotto i 2 gradi rispetto all’era preindustriale”. Infine si mostra davvero ottimista quando afferma che “è di assoluta importanza che l’Accordo di Parigi entri in vigore al più presto e che se ne acceleri l’implementazione”. Ma siamo sicuri che basti tentare di applicare gli accordi di Parigi per scongiurare la catastrofe climatica?
Il primo responsabile è il capitalismo
Abbiamo scritto abbondantemente sulla COP21, etichettandola come un nulla di fatto infarcito di belle parole, e la sua inapplicabilità fu confermata dall’analisi di moltissimi piani nazionali già approvati dai rispettivi governi che comportavano comunque uno sforamento sostanziale dei limiti di riscaldamento globale posti dal summit di Parigi. In quella occasione, la debolezza principale fu proprio l'obiettivo non vincolante di riduzione delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, perché nel testo si parlò soltanto di stabilirne "quanto prima" un tetto; gli Stati riuscirono a fissarsi come obiettivo alternativo un riequilibrio delle emissioni attraverso "depositi" di carbonio capaci di ridurre il tasso di anidride carbonica nell'atmosfera, quali le piante in crescita e il plancton degli oceani.
Questo modestissimo obiettivo, fra l’altro previsto per la seconda metà del XXI secolo, è adeguato ai sempre crescenti allarmi sul clima? Secondo noi assolutamente no. A nostro avviso, la soluzione capace di risolvere l’enorme problema del riscaldamento globale non potrà definitivamente risolversi in seno al capitalismo proprio perché esso ne è la sua causa principale. La natura predatoria dell’imperialismo nei confronti dei paesi “in via di sviluppo”, gli obiettivi di massificazione dei profitti e di accumulazione nel minor tempo possibile che sono gli elementi cardine del capitalismo, non possono far altro che impoverire la natura e devastare l'ambiente poiché esso non interessa alle logiche di breve periodo del profitto. Se così non fosse, perché non si incentiva massicciamente il ricorso alle risorse rinnovabili, a partire da acqua, vento e sole, per sostituire le fonti fossili, in modo da ridurre drasticamente l'emissione di gas serra, principali responsabili del riscaldamento globale e delle sue conseguenze?
II primo responsabile della situazione attuale è dunque il sistema di produzione capitalistico e cioè la mancanza assoluta di pianificazione della produzione in base alle necessità del genere umano, al soddisfacimento dei sui bisogni e al rispetto dell’ambiente. È la sostanza stessa del capitalismo, e quindi la ricerca del massimo profitto ad ogni costo, la prima causa che impedisce il raggiungimento di una produzione energetica in armonia con ambiente ed umanità. È vero anche che l’incremento dell’industria e della produzione è un fatto cruciale che va di pari passo con il riscaldamento globale; la questione centrale però non è sul come produrre sempre di più, ma su come produrre esclusivamente ciò che è necessario a soddisfare i bisogni reali dei popoli. Ciò sarà possibile solo con il socialismo, col sistema socialista della produzione pianificata sulle reali esigenze della popolazione, che sarà in grado di utilizzare al meglio e con lungimiranza le risorse naturali affinché esse possano essere tutelate e rigenerarsi, consentendo lo sviluppo di una società in armonia con l’ambiente.
30 novembre 2016