La Cgil di Camusso e la Fiom di Landini assecondano la strumentale accelerazione di Renzi a chiudere i contratti prima del referendum
L'imbroglio dell'annunciato contratto degli statali
Il 4 dicembre una valanga di NO ha respinto, almeno momentaneamente, il tentativo piduista e fascista di affossare definitivamente la Costituzione del 1948 e con essa le residue libertà democratiche borghesi. Una grande vittoria antifascista e popolare che ha costretto il nuovo duce Renzi a dare le dimissioni da Presidente del Consiglio. Costui, dopo un risultato così schiacciante, ha dovuto per forza accantonare la sua proverbiale arroganza puntando invece sulla figura del “salvatore della patria” che ha cercato di “ammodernare” l'Italia ma non c'è riuscito perché si è trovato solo contro tutti e non è stato capito.
Una rappresentazione totalmente falsa perché è avvenuto esattamente il contrario: erano con lui Obama e la dirigenza USA, l'Unione Europea imperialista, le banche, la stragrande maggioranza dei mezzi d'informazione, la Confindustria, cioè quelli comunemente definiti “poteri forti” che hanno offerto senza risparmio tutto l'appoggio e il peso che erano in grado di dare, esponendosi chiaramente in favore della controriforma Renzi-Boschi, e fin qui niente di strano. Meno comprensibile, almeno così dovrebbe essere, è stato l'assist offerto a Renzi dalla Cgil, e in particolar modo da Landini e la Camusso.
Nel giro di pochi giorni sono stati firmati gli accordi tra Cgil, Cisl e Uil da una parte e Federmeccanica e governo dall'altra per il rinnovo dei contratti dei lavoratori metalmeccanici e del pubblico impiego. Il 26 novembre Fiom, Fim e Uil hanno sottoscritto un accordo che fa a pezzi il contratto nazionale di lavoro per come lo abbiamo conosciuto fino a ora perché blocca i salari e per la prima volta non chiede aumenti uguali per tutti a parità di mansione, decreta la fine dell'orario settimanale, introduce il divieto di scioperare contro gli accordi in vigore, elimina gli aumenti economici di anzianità e ammette solo quelli legati alla produttività, allarga il welfare aziendale a discapito di sanità e previdenza pubblica, concede beni in natura al posto di salario reale.
Inoltre il 30 novembre il governo, in qualità di datore di lavoro, ha firmato un'intesa con Cgil, Cisl e Uil per il rinnovo del contratto dei lavoratori della Pubblica Amministrazione (PA). Il rappresentante dell'esecutivo, il ministro Madia e la delegazione sindacale, rappresentata ai massimi livelli dai tre segretari generali Camusso, Furlan e Barbagallo hanno sottoscritto un “accordo quadro”, ovvero un patto politico che demarca le linee guida da seguire, linee che andranno sviluppate in un secondo tempo. Previsti 85 euro medi di aumento, una cifra ridicola dopo quasi 8 anni di blocco, aumenti legati a presenze e produttività, allargamento del welfare aziendale.
Non è sfuggito a nessuno il legame tra la firma di questi due accordi e il referendum costituzionale che si sarebbe svolto solo pochi giorni dopo. Un evidentissimo tentativo di pescare un po' di Sì tra i quasi 5 milioni di lavoratori interessati ai rinnovi contrattuali da parte di Renzi, che subito dopo sul noto social twitter
“cinguettava” euforico: “Dopo sette anni #lavoltabuona per i dipendenti pubblici. Riconoscere il merito, scommettere sulla qualità dei servizi #passodopopasso”. Tra l'altro si è trattato di un vero e proprio imbroglio perché l'intesa non ha alcun valore di contratto in quanto questo dovrà essere discusso e stipulato all'ARAN, cioè l'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni. Ma la fretta del nuovo duce Renzi e del suo governo di presentare conclusa la trattativa per usarla strumentalmente nella propaganda referendaria era talmente forte che non si è vergognato nemmeno di raccontare il falso.
In ogni caso si tratta di un'intesa da respingere al mittente perché pensare di appianare il blocco dei contratti nella PA, tra l'altro condannato da una sentenza della Consulta che lo ha giudicato incostituzionale, con la cifra di 85 euro lordi per 11 anni (i 7 passati e i 4 del futuro contratto) è un vero e proprio insulto verso i dipendenti pubblici. Oltretutto una cifra che per 800mila lavoratori potrebbe tramutarsi in 5 euro poiché uno su quattro, trovandosi al limite, perderebbe i requisiti per ottenere i famosi 80 euro concessi da Renzi. Ma non c'è neppure la copertura necessaria per questa misera cifra. I sindacati che non accettano l'accordo, come quelli “di base”, contestano al governo che nella prossima Legge di Stabilità ci sono a malapena 1,5 miliardi di euro (dei 5 necessari), sufficienti a mala pena per 50 euro mensili lordi, 30 netti.
Ma i segretari confederali vogliono spacciare tutto questo per “un buon lavoro fatto” (Cgil), “un cambio di passo” (Cisl) e così via. Addirittura Barbagallo della Uil sentenzia: “un accordo così un anno fa ce lo potevamo sognare”, un'affermazione che vorrebbe lasciar intendere come l'accordo sul pubblico impiego rappresenti una grande occasione per i lavoratori quando invece recepisce in pieno il “nuovo” modello contrattuale preteso dalla Confindustria nel settore privato e già fatto proprio dai sindacati metalmeccanici, basato sullo smantellamento del contratto nazionale, sul blocco dei salari, sullo spostamento di qualsiasi aumento dalla paga base (cioè reale e diretto) alla sanità e alla previdenza integrativa e solo in cambio di maggiore produttività.
Una scelta contraddittoria, non tanto per Uil e Cisl, quest'ultima schierata apertamente per il SI e il nuovo modello contrattuale, ma per la Fiom e la Cgil, schierati per il No, in particolare il sindacato di Landini. Dire che è stata una scelta inopportuna è dire poco perché firmando alla vigilia del referendum si è offerto un allettante assist a Renzi, con l'aggravante di averlo fatto in maniera pressoché gratuita. Altro che grande occasione come afferma Barbagallo, due contratti a perdere di questo tipo potevano essere firmati anche dopo il 4 dicembre. Con il governo che voleva chiudere a tutti i costi, con la sentenza della corte Costituzionale che bocciava la controriforma Madia della PA, Cgil, Cisl e Uil avevano buone carte in mano per chiedere di più e alzare la posta invece anche sul misero aumento salariale che i sindacati volevano da 85 euro in su l'ha spuntata il governo perché questo è diventato l'aumento medio.
In riferimento a questo referendum dobbiamo notare che a livello locale la Cgil qualcosa ha fatto, a livello nazionale invece la sua voce non si è quasi sentita mentre il gruppo dirigente, in special modo Camusso e Landini con la firma di questi due accordi, hanno portato più acqua al mulino del Sì che a quello del NO.
21 dicembre 2016