Avallato dal Consiglio di sicurezza dell'Onu
Accordo tra Russia, Turchia e Iran sulla Siria
Riaffermata la comune decisione di combattere lo Stato islamico

 
La dichiarazione congiunta che chiudeva il vertice del 20 dicembre a Mosca dei Ministri degli Esteri della Repubblica Islamica dell'Iran, della Federazione Russa e della Repubblica di Turchia “sui passi concordati per rivitalizzare il processo politico per porre fine al conflitto siriano” registrava l'accordo tra i tre paesi sul futuro della Siria che sarà messo in pratica nei giorni successivi con la conquista di Aleppo da parte dell'esercito del regime di Bashar al Assad e l'accordo di evacuazione delle milizie delle opposizioni che controllavano la parte est della città, l'intesa del 29 dicembre per il cessate il fuoco tra le parti siriane e la convocazione degli incontri per la conferenza di pace a Astana, in Kazakhstan. Sul piano metteva il suo timbro il Consiglio di sicurezza dell'Onu con l'approvazione all'unanimità della risoluzione n. 2336 del 31 dicembre 2016.
La dichiarazione dell'incontro del 20 dicembre sottolineava anzitutto che “Iran, Russia e Turchia ribadiscono il loro pieno rispetto della sovranità, l'indipendenza, l'unità e l'integrità territoriale della Repubblica araba siriana come Stato multietnico, multireligioso, non settario, democratico e laico”; sosteneva che “Iran, Russia e Turchia accolgono gli sforzi comuni a Aleppo Orientale consentendo l'evacuazione volontaria dei civili e partenza organizzata di opposizione armata” annunciando la fine per i ter vittoriosa della battaglia per il controllo di Aleppo.
A cementare l'unione tra i tre paesi veniva riaffermata la comune decisione di combattere lo Stato islamico, l'ultimo ostacolo ai loro progetti imperialisti: “l'Iran, Russia e Turchia ribadiscono la loro determinazione a lottare congiuntamente contro ISIL / DAESH e Al-Nusra e di separare da loro gruppi armati dell'opposizione”.
Le diplomazie dei tre paesi sottolineavano tra l'altro che “questo accordo sarà strumentale per creare lo slancio necessario per la ripresa del processo politico in Siria in base alla risoluzione del Consiglio di sicurezza 2254”, quella approvata il 19 dicembre del 2015 che prevedeva la proclamazione della tregua, l'avvio di negoziati nel gennaio 2016, l’elaborazione di una nuova Costituzione entro 6 mesi, lo svolgimento di elezioni entro 18 mesi per fare in modo che “il popolo siriano deciderà il futuro della Siria”. Nessuno dei paesi interessati pensava di far decidere il popolo siriano, quella era la formulazione che lasciava in sospeso il destino del presidente Assad, che allora Usa e Turchia che conducevano le danze nella crisi siriana volevano fuori gioco. A un anno di distanza è l'imperialismo russo a guidare le danze, una volta che con l'intervento militare diretto ha reso un po' più solido il regime di Assad e dopo che è riuscito a spingere Erdogan a ribaltare le alleanze visto che gli Usa avevano intensificato la collaborazione coi curdi siriani. Putin si propone come garante della realizzazione di un percorso identico a quello dell'Onu dello scorso anno, alla guida della nuova alleanza con Turchia e Iran, per rimettere in primo piano l'imperialismo russo nel gioco mediorientale. Un passaggio della dichiarazione congiunta di Mosca sottolineava che “Iran, Russia e Turchia esprimono la loro disponibilità a facilitare e diventare i garanti del futuro accordo, in fase di negoziazione, tra il governo siriano e l'opposizione. Hanno invitato tutti gli altri paesi con l'influenza sulla situazione sul terreno di fare lo stesso”. Come dire noi dirigiamo le danze, gli altri paesi se vogliono si accodino.
Rispetto a un anno fa sono fuorigioco gli Usa, alle prese con la delicata fase di transizione alla Casa Bianca tra Barack Obama e Donald Trump anche se è difficile pensare che dopo i primi segnali di convergenza tra Vladimir Putin e Trump, compreso il via libera americano alla sopravvivenza politica di Assad, l'intesa sulla Siria sia solo un colpo di mano di Mosca; sembrano fuorigioco i paesi arabi reazionari uniti nella cordata imperialista guidata dagli Usa, dall'Arabia saudita al Qatar, come sono alla finestra i paesi imperialisti europei a partire dalle ex potenze coloniali Francia e Gran Bretagna. Diventa difficile la situazione dei curdi siriani, sostenuti dagli Usa, che tentano di resistere nella situazione diversa che si prospetta cominciando col cambiare il nome della Rojava, che in curdo significa Kurdistan occidentale, in Federazione della Siria del Nord che potrebbe comprendere anche le regioni a maggioranza araba ancora sotto il controllo dello Stato islamico di Raqqa e Deir ez-Zur, all'interno di una Siria democratica e federale. Ipotesi che un ringalluzzito regime di Damasco respingeva come “azione illegale” che “mette a rischio l'integrità territoriale del Paese”, quella indicata come un faro da seguire dal documento del vertice di Mosca del 20 dicembre alla risoluzione Onu del 31 dicembre.
Il piano sulla Siria viaggiava a grandi passi. Il 29 dicembre l’agenzia russa Tass comunicava il “successo” delle diplomazie di Mosca e Ankara con la firma di tre documenti fra le parti in causa comprendenti il cessate il fuoco dal 30 dicembre in tutto il paese fra il governo siriano e l’opposizione armata, la definizione di un sistema di misure per controllare il rispetto della tregua e una dichiarazione sull'immediato avvio delle trattative sulla soluzione del conflitto. Alla tregua con il regime di Assad erano i gruppi di Faylaq Al-Sham, Ahrar Al-Sham, Jaysh Al-Islam, Suwar Agi Sham, Jaysh Al-Mujahideen, Jaysh Idlib e Jabhat Al-Shamiyah, che rappresenterebbero 60 mila armati sul terreno. La conferenza di pace dovrebbe partire con i primi incontri a fine gennaio a Astana, in Kazakhstan. Putin avvisava personalmente della firma dei tre documenti il presidente iraniano Rohani e ne raccoglieva l'adesione.
I tre documenti diventeranno gli allegati alla risoluzione 2336 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che “apprezzerà gli sforzi di mediazione intrapresi dalla Federazione Russa e la Repubblica di Turchia a favorire la creazione di un cessate il fuoco nella Repubblica araba siriana” e attenderà “con interesse l'incontro che si terrà ad Astana fra i rappresentanti del governo della Repubblica araba siriana e dell'opposizione, considerandolo una parte importante del processo politico siriano, e un 'passo avanti' della ripresa dei negoziati sotto gli auspici delle Nazioni Unite a Ginevra l'8 febbraio 2017”. Un tavolo attorno al quale i paesi imperialisti occidentali e i paesi arabi reazionari assenti oggi potranno dire la loro oppure potranno soltanto ratificare quanto già definto sotto la regia di Mosca, Ankara e Teheran.

4 gennaio 2017