Lo certifica l'Osservatorio sulle spese militari italiane
L'Italia imperialista e interventista è sempre più armata
Per il 2017 le spese militari ammontano a 23 miliardi e 400 milioni
64 milioni al giorno per caccia, portaerei e missili
Mentre miloni di famiglie versano in condizioni di povertà assoluta, le spese militari per sostenere la politica neocolonialista imperialista e interventista dei governi Renzi e Gentiloni continuano ad aumentare.
A certificarlo sono le anticipazioni dello studio elaborato dall'Osservatorio sulle spese militari italiane Mil€x (www.milex.org) presentate il 23 novembre alla Camera dai due promotori del progetto ed esperti in materia: il giornalista de Il Fatto Quotidiano, Enrico Piovesana, e il ricercatore Francesco Vignarca.
Lo studio completo sarà pubblicato a gennaio, dopo l’approvazione degli stanziamenti definitivi nella legge di bilancio; ma già da queste anticipazioni si possono trarre alcune conclusioni sui fondi stanziati prendendo in esame non solo il bilancio della Difesa ma anche tutti i capitoli di spesa “militari” in capo al ministero dello Sviluppo economico, come le aggressioni imperialiste all’estero e i programmi di “ammodernamento e acquisto” di armamenti utili a foraggiare le aziende belliche nostrane a cominciare dalla Leonardo, ossia l'ex Finmeccanica, Fincantieri e Iveco che nel corso degli ultimi anni si sono spartiti commesse per oltre 50 miliardi di euro.
Basti pensare che il riarmo militare italiano costa alle masse popolari oltre l’1,4% del Pil nazionale. A tutto vantaggio delle 112 industrie armiere (12 grandi e cento piccole e medie) beneficiarie delle commesse statali. In cantiere ci sono una nuova portaerei, sette fregate e decine di nuovi carri armati Centauro 2 e elicotteri d’attacco Mangusta 2. In Turchia i Mangusta italiani, rinominati T129 Atak, sono già da tempo utilizzati contro i kurdi.
Lo studio stima infatti che per il 2017 l'esborso complessivo per armamenti e personale militare si aggira intorno ai 23 miliardi e 400 milioni, ossia 64 milioni di euro al giorno: un aumento dello 0,7 per cento rispetto alla dotazione del 2016 e di quasi il 2,3 per cento in più rispetto alle previsioni. Il criterio di calcolo elaborato dall'Osservatorio Mil€x - lo stesso che viene usato dagli organismi internazionali più accreditati – sbugiarda tra l'altro la ministra della guerra Pinotti sui presunti tagli alla Difesa: i fondi reali invece sarebbero aumentati del 21 per cento nell'ultimo decennio. Così nel 2017 solo per l'acquisto di strumenti e armamenti per le forze di cielo, di terra e di mare si impiegheranno 5,6 miliardi di euro, ossia 15 milioni al giorno.
La prima analisi dettagliata dell’andamento della spesa militare parte dal 2006 (anno-base perché il primo con dati comparabili) per arrivare al bilancio previsionale del 2017. Mentre per quanto riguarda la speciale classifica dei ministri più guerrafondai che più hanno speso in questo settore dal 1993 a oggi, al primo posto spicca l'ex segretario del PD Pier Luigi Bersani che ha varato finanziamenti per oltre 27 miliardi, seguito da Federica Guidi con 8 miliardi, Claudio Scajola con 6,5 miliardi ed Enrico Letta con quasi 4. Dunque, nonostante sia rimasta al potere per meno anni, il centro “sinistra” ha finanziato più di chiunque altro governo l'industria bellica.
Emblematico in tal senso è l'acquisto più oneroso della storia, ossia quello relativo ai caccia Joint Strike Fighter F35 della Lockheed Martin. 131 esemplari ordinati nel 2009 poi ridotti a 90 nel 2012 per un budget complessivo già rilievitato a 13,5 miliardi che il governo si è impegnato a pagare attraverso l'accensione di mutui con interessi stellari (circa il 30 per cento del capitale, dice il rapporto di Mil€x), contrattati con vari istituti di credito tra cui Intesa, Bbva. Sulla mega commessa degli F35 l'Osservatorio esprime tra l'altro grossi dubbi non solo per quanto riguarda l'impegno a dimezzare la spesa votato dalle Camere, ma segnala anche come siano già stati stati firmati ordini per otto supercaccia e versati acconti per altri sette. Inoltre è già previsto che una parte degli F-35 - secondo il Rapporto - prima o poi salperà a bordo della Trieste, la nuova supernave da 1.100 milioni della Marina mascherata da “unità di sostegno agli sbarchi di migranti e soccorsi umanitari” ma che in realtà sarà destinata a diventare il nuovo fiore all'occhiello delle portaerei italiane.
Infine c'è una voce nel bilancio 2017 che letteralmente decolla: quella dei voli di Stato, con un 50 per cento in più. Serviranno infatti ben 23 milioni e mezzo per il noleggio del nuovo Airbus presidenziale voluto a suo tempo da Matteo Renzi. "Non è il mio aereo", aveva detto l'allora premier: "È un jet in leasing, usato, che serve a portare gli imprenditori a fare missioni all'estero". Finora se ne ricorda una sola, forse la più costosa trasvolata della storia italiana.
E pensare che la ministra Pinotti, lo scorso settembre aveva dichiarato che “Sulla difesa non si può più tagliare, dopo che negli ultimi dieci anni le risorse a disposizione sono state ridotte del 27 per cento. Tutto quello che si doveva tagliare si è tagliato, ma ora su questo capitolo è venuto il momento di tornare ad investire”.
In realtà l'Italia interventista e guerrafondaia del nuovo duce Renzi vuole mostrare i muscoli nel Mediterraneo e ambisce a svolgere un ruolo di superpotenza nello scacchiere internazionale. La riprova sta nel fatto che, con l'acquisto di questi sette nuovi “pattugliatori”, la Marina italiana schiererà due portaerei e diciannove unità di primo rango superando la Marina francese e ponendosi al pari della potenza navale inglese.
4 gennaio 2017