Nella Toscana del PD Rossi aumentano i poveri cronici
Il governatore invece di dare a tutti i disoccupati un lavoro stabile lancia il “reddito di inclusione sociale”
Dal nostro corrispondente per la Toscana
“Mi ha colpito la definizione 'povertà croniche che causano un vero e proprio effetto intrappolamento' e racconta la crescita di queste povertà cronicizzate, che i centri d'ascolto delle Caritas della Toscana seguono da almeno sei anni, tante persone, più di 5.000, che non riescono a ripartire e a riprogettare la loro vita anche in presenza (a volte) di un reddito che, tuttavia, non è sufficiente a rispondere a tutti i bisogni della famiglia. Va comunque detto che anche nel 2015 la soglia di povertà relativa in Toscana si ferma al 5%, meno della metà rispetto a quella media nazionale che è del 10,4%". Queste le inconsistenti parole del vice presidente della regione Toscana Stefania Saccardi (PD), nonché assessore alla Salute e al welfare, in occasione della presentazione del Dossier Caritas 2016 sulla povertà in Toscana.
La situazione non è come la racconta lei e la fotografia che emerge dal rapporto della Caritas Toscana è grave e sovverte tutte le fandonie sparse a piene mani dall'ex governo del neoduce Renzi fino alle sue dimissioni sulla ripresa in Italia grazie alle sue “riforme” in particolare al Job Acts.
Secondo i dati Istat in Italia le famiglie povere sono 1 milione e 582 mila, ovvero 44 milioni e 582 mila persone che non riescono ad acquistare beni di prima necessità. Nel 2015 è notevolmente peggiorata la situazione di indigenza delle famiglie monoreddito, in particolare di chi ha uno stipendio da operaio. L'età media di chi si rivolge ai Centri di Ascolto (CdA) è di 44 anni, il 49,9% sono uomini e il 50,1% donne.
In Toscana, come ha affermato la renziana Saccardi, il dato di persone che si sono rivolte ai CdA sono lievemente diminuiti ma non per il modificarsi generale delle condizioni di povertà, bensì come sostenuto dalla stessa Caritas, per la maggiore complessità delle situazioni affrontate che necessitano di più incontri e percorsi di accompagnamento sempre più lunghi.
Le province che registrano il maggior numero di persone che hanno chiesto aiuto sono Firenze, Prato, seguono Livorno, Pistoia e Lucca. Anche in Toscana è alto il numero delle donne che si rivolgono per chiedere aiuto, mentre si riduce notevolmente il divario tra immigrati e italiani. Nel 2007 l'80,1% erano immigrati contro il 19,9% di italiani, per poi passare nel 2015 al 63,9% contro il 36,1%. Gli immigrati provengono soprattutto dal Marocco e dalla Romania. Il 51,3% di coloro che si rivolgono alla Caritas ha un'età compresa fra i 35 e i 44 anni, per gli italiani il 70% ha più di 45 anni, per gli immigrati il 63% ha meno di 45 anni.
In questo quadro incide anche la situazione familiare. Infatti le persone che nel rapporto della Caritas sono classificate come “stato libero”, sono coloro che a maggioranza si trovano più in sofferenza economica, in particolare poi se sono disoccupate, e dopo comunque gli stessi “coniugati”. Infatti il capitalismo attraverso la famiglia si garantisce la riproduzione della forza-lavoro, non solo come riproduzione ma anche come soddisfacimento di tutta una serie di bisogni della vita materiale e spirituale che permettono alla forza lavoro di rigenerarsi, rinfrancarsi e modellarsi in base alle esigenze dello sfruttamento capitalistico. Come sostiene Engels nella Prefazione alla prima edizione de “L'origine della famiglia” “(...) il momento determinante della storia, in ultima istanza, è la produzione e la riproduzione della vita immediata. Ma questa è a sua volta di duplice specie. Da un lato, la produzione di mezzi di sussistenza, di generi per l'alimentazione, di oggetti di vestiario, di abitazione e di strumenti necessari per queste cose; dall'altro, la produzione degli uomini stessi: la riproduzione della specie. Le istituzioni sociali entro le quali gli uomini di una determinata epoca storica e di un determinato paese vivono, sono condizionate da entrambe le specie della produzione; dallo stadio di sviluppo del lavoro, da una parte, e della famiglia dall'altra".
Il 75% delle persone che chiedono aiuto sono disoccupate, ma anche chi ha un lavoro o una pensione non riesce ad arrivare a fine mese e sono il 18,1% delle situazioni esaminate. Il 74,3% di coloro che si sono rivolte alla Caritas per problemi economici hanno denunciato un reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze, solo il 14,2% ha nessun reddito. Il 29,1% delle persone si sono rivolte per la prima volta alla Caritas, con un'età compresa che va dai 25 ai 44 anni, ma ben il 23,4% è segnato da povertà cronica ovvero persone seguite da almeno 6 anni e che non sono riuscite ad uscire dalla spirale di sofferenza sociale ed economica.
Tra le conclusioni espresse dalla Caritas vi è l'ammissione che: “l’assistenza che si somma ad assistenza, se non è accompagnata e affiancata da percorsi verso l’autonomia, finisce con l’alimentare le disuguaglianze e l’esclusione sociale”. Ovvero difficilmente con l'assistenza i cosiddetti “poveri cronici” riusciranno a migliorare la loro situazione di povertà e a loro se ne aggiungeranno degli altri.
Noi marxisti-leninisti sappiamo bene che la soluzione, sebbene talvolta proposta in buona fede, non sta nell'assistenzialismo, nel quale trovano invece vantaggio economico e sociale il capitalismo e i governi comunali, regionali e nazionali.
La soluzione non è quindi neanche quella proclamata dal governatore Enrico Rossi (PD) per il “reddito di inclusione sociale”, che altro non è che elemosina istituzionalizzata per i poveri, invece di dare a tutti i disoccupati un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato.
Anche se sappiamo che solo abbattendo il capitalismo che ingrassa sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e lottando per il socialismo non ci saranno più sfruttamento e oppressione, disoccupazione e povertà, ingiustizie e disuguaglianze sociali, territoriali e di genere.
11 gennaio 2017