Nasce la Federazione del Nord della Siria
Assad non è d'accordo
Tolta la denominazione di Rojava
L'assemblea costituente per l'istituzione del sistema federale nel Rojava/Siria settentrionale, costituita lo scorso 17 marzo nella conferenza di Rimelan delle principali organizzazioni curde siriane sotto l'egida del Partito dell'Unione Democratica (PYD), braccio politico delle Unità di Difesa del Popolo (YPG), ha tenuto una nuova riunione nella stessa città tra il 27 e il 29 dicembre per discutere degli sviluppi della situazione nel paese mediorientale e ha lanciato un appello “a tutti i curdi in Siria a prendere parte attiva nella costruzione di una Siria democratica e federale”.
Alla riunione hanno preso parte 165 rappresentanti provenienti dai tre cantoni di Jazira, Kobane e Afrin che compongono il Kurdistan occidentale (Rojava) e dalla regione di Shehba. Nella dichiarazione finale della riunione dell'Assemblea costituente, resa pubblica in una conferenza stampa si sottolinea che “l'Assemblea ha dichiarato che la Federazione democratica del Nord della Siria è una parte di una Siria democratica e federale. Il sistema federale è stato scelto come una soluzione democratica per un futuro della Siria e un sistema per garantire l'uscita dalla crisi attuale per prevenire il collasso sociale”. La Federazione sarebbe “un esempio per tutti in Siria”, raccogliendo i rappresentanti curdi, siriani, turcomanni, arabi e armeni; un esempio della necessità di un “sistema federale per una società che sarà democratica, laica e plurale, al di là delle differenze etniche e religiose della regione”.
L'Assemblea chiedeva “a tutti i gruppi politici e sociali nel nord della Siria a prendere parte attiva nel sistema democratico” e i suoi rappresentati nella conferenza stampa spiegavano che per questa ragione la federazione che era stata chiamata “Federazione della Siria settentrionale-Rojava” modificava il suo nome rimuovendo il termine Rojava (Occidentale in curdo, ndr) a causa del suo riferimento ad una singola etnia. Una decisione presa a maggioranza.
Nel comunicato della seconda conferenza di Rimelan si sottolineavano tra gli altri le conquiste territoriali ottenuti dalle forze democratiche siriane (SDF) durante l'operazione contro Raqqa, la capitale dello Stato islamico. Tra l'altro la regione di Raqqa e quella limitrofa di Deir er-Zur potrebbero finire inglobate dalla Federazione democratica del Nord; una volta ovviamente sconfitto lo Stato islamico.
La proclamazione nel marzo scorso della federazione autonoma da Damasco, pur se presentata come “una amministrazione autonoma curda intesa all'interno di un futuro Stato federale in Siria” era stata bocciata dal regime di Assad. Cui non è bastata la modifica del nome della Federazione per cambiare opinione. Damasco non accetterà mai alcun genere di regione, federata o meno nel Nord del paese, sosteneva il 30 dicembre un responsabile del ministero dell'Informazione siriano, si tratta di “una azione illegale” che “mette a rischio l'integrità territoriale del paese”. Quella integrità territoriale che era appena stata ribadita negli accordi di tregua del 29 dicembre tra governo siriano e opposizioni definiti sotto la regia di Russia e Turchia avallati dal Consiglio di sicurezza dell'Onu con l'approvazione all'unanimità della risoluzione n. 2336 del 31 dicembre.
Il regime di Damasco tenta di riprendere il controllo se non di tutto almeno di buona parte del paese e con le spalle coperte dalla Russia del nuovo zar Putin e da un nuovo potente amico, il fascista turco Erdogan, respinge le ipotesi federative dei curdi siriani e sembra anzi pronto a dare loro il benservito pensando che con la nuova amministrazione Trump potrebbero non avere la stessa copertura garantitagli dall'imperialismo americano sotto Obama. E alzava la voce come il 6 gennaio quando un generale dell'esercito governativo invitava le forze dell'YPG che dal 2012 avevano protetto Sheikh Maqsoud e Ashafiyah a Aleppo di consegnare il controllo di quelle zone alle forze governative.
Il giorno precedente elicotteri turchi avevano bombardato il villaggio Al Meshen, presso la città di Cilaxa, nel Nord della Siria. Una aggressione denunciata dal Consiglio della Federazione democratica come ingerenza della Turchia in Siria e il tentativo del regime fascista di Erdogan di “dare un colpo al progetto di soluzione democratica rappresentata dalla Federazione democratica del Nord della Siria”. In una successiva dichiarazione del 9 gennaio l'esecutivo della Federazione, di cui fanno parte PYD e YPG, prendeva le distanze dal Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), sottolineando che “siamo sempre rimasti neutrali nei confronti del conflitto in Turchia e Kurdistan settentrionale e non abbiamo permesso a alcun partito di utilizzare i nostri territori e le nostre frontiere in questo conflitto”. E esprimeva il suo desiderio a costruire “buone relazioni con tutti i vicini, inclusa la Turchia”.
Le formazioni dei curdi siriani riunite nella nuova Federazione non hanno un rapporto di forza favorevole col regime di Assad che però è impegnato anche sul fronte sud con le formazioni dell'opposizione che non hanno firmato la tregua e la supplenza dell'imperialismo russo non può coprirlo in tutto il paese. Tanto che a Palmira l'esercito governativo ha dovuto lasciare campo alle forze dello Stato islamico. Ma il problema principale per i curdi siriani resta l'opposizione della Turchia a un qualsiasi progetto statale curdo.
Erdogan ha avuto da Putin il via libera a colpire le zone curde e a occupare in Siria la regione di confine di Jarablus che si interpone tra le regioni curde e ne impedisce la contiguità territoriale; da Jarablus le mire turche si sono allargate successivamente alle città di Manbij e Afrin, le città controllate dallo Stato islamico e “liberate” dalle forze curde. Con l'obiettivo intanto di limitare il più possibile e stringere in una morsa i territori curdi nel Nord della Siria.
11 gennaio 2017