Dopo la morte di una giovane rifugiata
Rivolta dei migranti del CPA di Cona
La morte di Sandrine Bakayoku, 25 anni, ivoriana, avvenuta il 1° gennaio nel Centro di prima accoglienza (Cpa) di Cona nel veneziano ha scatenato una vera e propria rivolta fra gli oltre 1.400 profughi richiedenti asilo stipati come bestiame nella ex base missilistica, in enormi camerate uno sopra l'altro su centinaia di letti a castello, al freddo e al buio, senza acqua calda, in condizioni igieniche disumane, con a disposizione un solo bagno ogni 12 persone e senza la necessaria assistenza sanitaria.
“Sì - denuncia Yansané un giovane ventenne guineano - ho partecipato anch’io alle proteste per quella povera ragazza”. Sandrine domenica mattina ha avuto un malore. Era sola, sotto la doccia. L’hanno trovata priva di sensi, dopo aver sfondato la porta. Vana la corsa al pronto soccorso di Piove di Sacco, nel Padovano. La ragazza, secondo l’autopsia è morta per una tromboembolia polmonare. Ma, aggiunge Yansané: “Era influenzata da giorni” e in questo posto “Quando stai male qualsiasi cosa tu abbia ti danno sempre un’aspirina, sempre che ce ne siano ancora”.
Yansané con un altro centinaio di migranti, domenica notte, ha occupato il centro di accoglienza. I rifugiati, in gran parte africani, hanno circondato i container e gli uffici amministrativi della cooperativa Edeco-Ecofficine che gestisce il campo, hanno acceso dei falò e sequestrato per qualche ora 25 operatori che si trovavano all'interno della struttura.
Il sindaco di Cona, Alberto Panfilio eletto nella lista civica “Fare Comune” sostenuta da PD e Lega Nord (che accoppiata!), denuncia che: “Non si può parcheggiare così tante anime in questo posto... Non importa che quella giovane ivoriana sia morta in modo naturale. Qui, in ogni caso, è stato commesso un delitto. L’assassino? È la politica che, nella sua totale assenza, ha creato le condizioni perché accadesse tutto questo”. Tra l'altro, rivela ancora il sindaco: “Quella donna aveva anche subito un aborto un mese fa”.
E così Sandrine, che era riuscita a sopravvivere all'attraversata del deserto e del Mediterraneo, alla brutale repressione dei negrieri e degli scafisti, da tre mesi rinchiusa nel lager per migranti di Cona in attesa del riconoscimento di rifugiato, sola e senza un'adeguata assistenza sanitaria, non ce l'ha fatta a superare un malore polmonare ed è diventata, suo malgrado, il simbolo di questa rivolta contro l'infame business che ruota intorno ai migranti alimentato dal criminale intreccio fra le varie cosche parlamentari e il sistema delle cooperative di Simone Borile, ex DC riciclato in FI, e della moglie Sara Felpati che nel novembre 2015 è stata immortalata in un video presso l'ufficio dell’hotel di Battaglia Terme in cui chiama “macachi” i tre africani che sollecitavano informazioni sulla loro sorte. Borile e consorte sono entrambi indagati dalle Procure di Rovigo e Padova nell'ambito dell'inchiesta per truffa aggravata ai danni dello Stato, maltrattamenti ai migranti e falsità materiale inerente le gravi carenze nei servizi, pasti, igiene e la totale assenza di corsi di alfabetizzazione nel centro d’accoglienza di Montagnana. Il loro lucroso “sistema” di accoglienza conta: 500 profughi nel Veneziano, 150 nella provincia di Vicenza e 80 in Polesine più un centinaio a Battaglia Terme, 40 a Torreglia, 30 a Due Carrare, 60 a Monselice, 48 a Este e 95 a Montagnana nel Padovano. In quest’ultimo comune le recentissime verifiche dei carabinieri hanno elencato le carenze dell’accoglienza nell’hotel e nei due appartamenti del napoletano Sergio Enzini che aveva incassato 100 mila euro.
Nel volgere di meno di un lustro, il giro d’affari di Borile & C è diventato milionario proprio grazie ai bandi prefettizi per circa 2.000 migranti all’interno delle ex strutture militari nel Veneto. Eco-fficina viene costituita il 2 agosto 2011. Presidente è Giampaolo Mastellaro, consigliere comunale PD a Piove di Sacco; tra i soci figurano Stefano Chinaglia, coordinatore del circolo PD di Piove, ed Egidio Vanzetto di Ncd con la moglie Serenella Masin. Il primo bilancio dichiarato è di 114 mila euro: nel 2106 arriverà a sfiorare i 20 milioni. Gestione che va di pari passo con gli appalti per la distribuzione dei pasti affidati a Leonardo Padrin (già presidente della Compagnia delle Opere, fedelissimo di Galan in Regione) e alla sua rete di società come Vanilla e Food Service Italia che si aggiudicano la fornitura dei pasti ai profughi anche di Cona.
Nel 2015 Edeco-Ecofficina ha incassato dalla Regione oltre 65 mila euro di finanziamenti ad asili. E il 5 giugno dello stesso anno si è aggiudicato anche il bando prefettizio per l’accoglienza di “stranieri richiedenti protezione internazionale”. Segretaria della commissione prefettizia che il 21 maggio aveva aperto le buste è Tiziana Quintario, funzionaria della prefettura di Padova iscritta nel registro degli indagati insieme ai vertici della coop per turbativa d’asta. Ex UDC Quintario è stata eletta anche vice-presidente del consiglio comunale di Monselice col “centro-sinistra” e sua figlia è stata assunta nelle coop di Borile.
Insomma, fatti e circostanze che chiamano alla memoria le “gesta” di Buzzi e Carminati in “Mafia Capitale” a conferma che “il sistema di accoglienza dei migranti frutta più del traffico di droga”. Infatti le cooperative intascano fior di miliardi pubblici e fondi europei ma ai profughi arrivano solo pochi spiccioli mentre le condizioni di vita nei cosiddetti campi di accoglienza sono a dir poco disumane come conferma il rapporto della delegazione del Progetto Melting Pot che a giugno scorso relazionava così: “Non è un Cas, non è un Cara, non è un hub. È un luogo “temporaneo emergenziale” che sopperisce alla mancata accoglienza dei comuni veneti. L’agibilità della tendopoli è stata regolarmente acquisita tramite parere dell’Asl che il 1 aprile 2016 ha inviato la sua relazione spiegando che la struttura può ospitare 540 persone, considerando che per ogni persona bastano 3,50 metri quadrati e occorre che vi sia un bagno e una doccia ogni 12 persone”.
Non a caso la rivolta di lunedì notte per la morte di Sandrine era stata preceduta da altri episodi che segnalavano il disagio dei migranti. Il 30 agosto alcune decine avevano occupato la strada: un pacifico sit in sui tempi biblici delle pratiche sulla richiesta d’asilo. E già un anno fa un centinaio di ospiti della struttura (che allora ne conteneva la metà) lamentavano le carenze igienico-sanitarie.
La rivolta dei migranti di Cona si è estesa anche ad altre città venete: a Vicenza, circa 70 richiedenti asilo hanno incontrato il vice-prefetto davanti alla caserma Sasso per contestare le strutture fatiscenti dell’associazione Mediterraneo per il freddo, gli abiti e l’affollamento. A Verona, invece, i residenti dell’ostello Santa Chiara nel quartiere Veronetta hanno protestato per la qualità del cibo paralizzando il traffico e rovesciando per strada alcuni cassonetti.
11 gennaio 2017