I vescovi e le organizzazioni cattoliche dicono no alla riapertura di questi “luoghi di trattenimento e reclusione”
No ai Cie
Corteo a Bologna dietro allo striscione “Mai più Cie, mai più razzismo”
L’annuncio, fatto alla fine dello scorso mese di dicembre dal ministro dell’Interno Domenico Minniti, di voler aprire un Centro di Identificazione e di Espulsione per migranti in tutte e venti le regioni italiane ha provocato la più ferma condanna da parte del mondo cattolico.
Dopo la Caritas, la Fondazione Migrantes e il Centro Astalli il 10 gennaio si è schierata contro questi veri e propri lager la Conferenza Episcopale Italiana in un comunicato stampa emesso dallo stesso segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che li ha definiti “luoghi di trattenimento e reclusione”.
I Cie - ovvero i Centri di Identificazione e di Espulsione per migranti istituiti con la legge Turco-Napolitano nel 1998 e che sono strutture di reclusione per migranti che sono in attesa di essere espulsi nei loro Paesi di origine - sono attualmente soltanto cinque in tutto il territorio italiano (Caltanissetta, Trapani, Bari, Roma e Torino), mentre fino ad alcuni anni fa erano 13, gran parte dei quali sono stati comunque chiusi per trasformarli in hub - ossia centri nei quali i migranti possono vivere e muoversi liberamente, pur in condizioni precarie - in attesa dell’evasione delle pratiche amministrative che riguardano il riconoscimento dell’asilo politico, e la proposta di Minniti preoccupa soprattutto alla luce degli accordi che il governo Renzi ha fatto con alcuni Stati africani per il rimpatrio rapido dei migranti.
Lo stesso Minniti del resto si è recentemente recato in Libia dove ha stipulato un accordo con il capo del governo locale Serraj finalizzato sia al rimpatrio dei migranti sbarcati in Italia dalla Libia sia all’arresto delle partenze dei migranti dalla Libia verso l’Europa: è chiaro il timore che la generalizzata riapertura dei Cie sia finalizzata a vere e proprie deportazioni di massa di migranti verso Stati che non offrono alcuna garanzia, data la natura autoritaria, circa il trattamento di questi esseri umani.
Oltre al mondo cattolico, contro i Cie si è recentemente mobilitato anche quello dei Centri sociali e di altre forze progressiste e democratiche.
A Bologna infatti lo scorso 7 gennaio si è svolta un’importante manifestazione partita dall’ex Cie di via Mattei (ora chiamato hub
di immigrazione) organizzata da collettivi e centri sociali del capoluogo bolognese - Tpo, Làbas Hobo, Vag61 e Social Log in testa insieme a varie realtà dell’antifascismo militante bolognese - per chiedere la definitiva chiusura di tutti i Cie italiani nei quali vengono imprigionati i migranti, per portare la solidarietà a tutti i migranti che si trovano in condizione di clandestinità e di precarietà in territorio italiano e anche, e forse soprattutto, in risposta alla provocazione per lo svolgimento di un presidio statico organizzato dal consigliere regionale di Forza Italia, Galeazzo Bignami, anche esso originariamente previsto davanti all’ex Cie, con l’adesione di Lega Nord e di Fratelli d’Italia con lo slogan “No ai clandestini”, per protestare contro il trasferimento al centro bolognese di un centinaio di migranti provenienti da Cona (Venezia).
La questura ha poi deciso di spostare la manifestazione di destra (che praticamente è fallita, avendo partecipato soltanto poche decine di persone, quasi tutti militanti della Lega e anche di Casapound).
La manifestazione antifascista invece ha visto la partecipazione di molte centinaia di persone tra militanti antifascisti bolognesi e migranti il cui slogan era “Mai più Cie, mai più razzismo” e si è svolta in maniera pacifica, nonostante il clima teso creato all’inizio della manifestazione dalla scelta degli operatori dell’hub
di tenere chiuso il cancello della struttura e quindi di impedire ai rifugiati di unirsi ai manifestanti.
Dopo alcuni minuti di incitazioni e cori, tuttavia, i migranti sono riusciti ad uscire e prendere parte alla testa del corteo, che da via Mattei è arrivato a Piazza dei Colori, zona residenziale più vicina.
Durante il corteo, in testa al quale c’erano proprio i migranti usciti dal centro di via Mattei, commoventi parole hanno ricordato Sandrine Bakayoko, la rifugiata ivoriana morta nei giorni scorsi nel centro di Cona.
Le parole di Minniti hanno comunque lasciato un segno anche a Bologna: infatti nello stesso pomeriggio del 7 gennaio, dopo la fine del corteo antirazzista contro i Cie, Lucia Borgonzoni della Lega Nord bolognese ha lanciato la proposta che il locale hub
venga al più presto trasformato in Cie.
18 gennaio 2017