L'allarme degli esperti non ne impedì l'ampliamento
Le istituzioni sapevano che l'hotel Rigopiano era a rischio valanghe
Condannare i governanti, gli amministratori e tutti i responsabili del disastro e dei 29 morti
Nonostante dall'Ordine dei Geologi della Regione Abruzzo, all'indomani della sciagura, sia arrivato l'invito a non rilasciare dichiarazioni prima di poter effettuare riscontri sul sito libero dalla neve, due geologi diffusero immediatamente le loro ricostruzioni sulla valanga che ha sepolto l'hotel Rigopiano. Secondo i due esperti, con alle spalle 35 anni di studi, e una vita spesa in montagna, il rischio in quel luogo era fin troppo evidente poiché l'hotel era sito "Alla base di un canalone alto 1.000 metri, con due grandi nicchie di distacco evidenti anche a un giovane osservatore”. Non si doveva costruire nulla dunque, specie un hotel a 4 stelle. “È una questione di rischio. In una scala da 1 a 10 il rischio per me era 9. Punto”, ha dichiarato Paolo Monaco. “La baita raffigurata da qualcuno in foto antiche negli anni 20, poi 50 e 70 veniva usata raramente dal Cai e da poche persone esperte. Non certo per turismo di massa".
Terremoto e valanghe
A lungo si è cercato di correlare la valanga alle scosse sismiche di alto impatto rilevate nei giorni precedenti in regione, con l’intento di attribuire la sciagura al solo intrecciarsi di condizioni atmosferiche particolarmente ed eccezionalmente avverse; tuttavia secondo molti esperti, a svariate ore di ritardo è scientificamente impossibile che un terremoto possa innescare una valanga. Per altri invece sarebbe possibile ma nessuno ha evidenziato un collegamento stretto e certo in questo caso. La cosa invece certa è che nevichi a gennaio in un territorio prevalentemente montuoso come l’Abruzzo, come è altrettanto chiaro che le slavine rientrano nella “normalità” di grandi nevicate, e le grandi nevicate Appenniniche non sono un fatto nuovo. Oggi tutto ciò che accade, in particolare a carattere meteorologico, viene definito “emergenza” e con ciò si vorrebbe attribuire tutta la responsabilità delle conseguenti sciagure al fato, ad avvenimenti straordinari ed incontrollabili. Ma in realtà, quanto si fa a carattere preventivo, in termini di strutture e sicurezza, affinchè siano ridotti al minimo gli impatti e le conseguenze sulla popolazione?
Nel caso dell’hotel Rigopiano ben poco si è fatto in tanti anni e, oltre alle dichiarazioni dei due geologi, c’è molto di più a supportare i dubbi secondo i quali la pericolosità dell’area era ben nota e, conseguentemente, la strage praticamente annunciata.
La Commissione e l’ampliamento nonostante i pareri degli esperti
Secondo i verbali della Commissione valanghe del comune di Farindola, istituita nel 1999 e per qualche “oscuro” mistero sciolta nel 2005, appare chiaro che il resort di lusso è stato costruito su un versante montano conosciuto per essere "soggetto a slavine” e collegato da una viabilità provinciale che d'inverno è sempre stata più chiusa che aperta. Ecco cosa scriveva la guida alpina Pasquale Iannetti, appena nominato consulente della neonata commissione: "La zona (Rigopiano, ndr) deve essere tenuta sotto stretto controllo". Era il 18 marzo 1999. "Vero è che si ha memoria di un fenomeno rilevante risalente al 1959, ciò non deve essere considerato un fatto che non si possa ripetere". Ed ancora: "Con questi dati la Commissione valanghe potrà fornire indicazioni certe affinché per il futuro si possa garantire la sicurezza delle infrastrutture alberghiere, delle strade e dei parcheggi di Rigopiano (…) In merito alla possibilità di caduta di masse nevose, slavine o valanghe nell'area di Rigopiano, non vi è dubbio che sia il piazzale antistante il rifugio Acerbo (a poche decine di metri dall’albergo, ndr), che la strada provinciale che porta a Vado di Sole, possano essere interessate da caduta di masse nevose o valanghe". Nelle carte della Commissione acquisite dalla procura di Pescara che ora indaga per disastro colposo e omicidio colposo plurimo, il nome del resort Rigopiano non appare. Infatti il vecchio alberghetto estivo viene comprato, ristrutturato e ampliato, generando il resort oggi sepolto dalla valanga, tra il 2006 e il 2007 proprio quando il Comune ritenne con decisione incomprensibile di disfarsi dello "strumento" Commissione. Nelle carte si trovano decine di elementi già raccolti e ben evidenziati, che avrebbero dovuto mettere in guardia sia chi voleva costruire, sia chi doveva autorizzare l'ampliamento. Verbale del 11 marzo 1999: "La montagna di Farindola risulta soggetta a valanghe, pertanto al fine di garantire la pubblica e privata incolumità la Provincia di Pescara ha ritenuto di chiudere la strada d'accesso alla località Vado di Sole da Rigopiano". Verbale del 12 marzo 1999: "Si è ritenuto opportuno di tenere sotto controllo la zona di Valle Bruciata, il piazzale di sosta Rigopiano (...) mediante controlli quotidiani a vista nelle ore più calde, se si notassero distacchi e principi di scivolamento si potrà prendere tempestivamente precauzioni a garanzia di eventuali calamità". Verbale del 4 marzo 2003: "La Provincia ha ritenuto di non provvedere allo sgombero della neve tra Vado di Sole a Rigopiano in modo da non consentire il transito, per garantire l'incolumità pubblica e privata". Ancora nel febbraio 2003 la commissione sottopose il caso alla Scuola di Montagna abruzzese. "Il rischio valanghe su entrambi i versanti risulta di livello 4, con condizione di pericolo forte, per cui sono da aspettarsi valanghe spontanee di medie dimensioni ed anche singole grandi”. In Commissione e a livello istituzionale locale, dunque, è nota a tutti la pericolosità dl sito in presenza di neve. L'ultimo verbale della commissione è datato 24 febbraio 2005, e in quell’occasione, contrariamente alla posizione della Provincia del marzo 2003, si dice: "La volontà politica del Comune di Farindola è quella di tenere sgombera dalla neve la provinciale fino alla località Fonte Vetica, al fine di non precludere le attività legate al turismo invernale nella zona". Fonte Vetica ospita un rifugio e si trova sul versante opposto di quello dove si trova l’hotel Rigopiano ed ha anch'esso difficoltà d'accesso. Dall'inverno del 2005 in poi, della Commissione valanghe di Farindola si perde ogni traccia. Per dieci anni di fila la Prefettura di Pescara ha ribadito ai sindaci la necessità di ricostituirla, ogni volta che ha dovuto trasmettere un bollettino Meteomont di rischio 4 (su scala 5), sempre senza esito. Lo fa ancora il 10 marzo 2015, con una lettera firmata dalla vice prefetto Ida De Cesaris: "Si prega di valutare l'eventuale attivazione della Commissione, prevista dalla legge regionale del 1992".
Il processo per corruzione. Coinvolti e poi assolti vari esponenti del PD
Nella storia dell’albergo di Farindola, struttura nata nel 1972 e completamente ristrutturata e dotata di tutti i confort nel 2007, non manca niente; report ignorati, commissioni insabbiate e anche un processo per corruzione e abusivismo edilizio che vedeva coinvolti esponenti del Partito Democratico. La vicenda inizia nel 2008 quando l’amministrazione comunale attraverso una delibera procede a “sanare” una presunta occupazione di suolo pubblico. La Procura di Pescara ipotizza che ciò sia avvenuto in cambio di denaro e posti di lavoro. La struttura, un tempo casolare adibito a rifugio, s’avviava a diventare un quattro stelle. Finirono sotto processo sette persone tra cui il sindaco di Farindola dell’epoca Massimiliano Giancaterino e il suo successore Antonello De Vico oltre a due ex assessori, Ezio Marzola e Walter Colangeli, e all’ex consigliere Andrea Fusaro. Secondo l’ipotesi del Pm, i politici Giancaterino e De Vico avrebbero approvato la delibera in cambio di “
promessa di un versamento di denaro destinato al finanziamento del partito”, il PD. Consiglieri e assessori avrebbero invece acconsentito al via libera in cambio di “assunzioni preferenziali per i propri protetti”. In primo grado lo scorso novembre gli imputati sono stati assolti perché “il fatto non sussiste”, poi è arrivata come manna dal cielo la prescrizione che impedirà il processo d’appello.
Le responsabilità di amministratori comunali e della Regione
Quanto emerge mette dunque spalle al muro gli amministratori locali. Ma non sono soli perché gravi responsabilità ricadono sulla Regione Abruzzo: nei fatti l’esistenza di una mappa conoscitiva del territorio non si è tradotta, proprio per omissione della Regione stessa prolungatasi per 25 anni, in una mappa del rischio valanghe prevista dalla legge 4 del 1992. Questa legge prevede infatti per le aree a rischio, accertate o potenziali, l’inedificabilità di nuovi edifici e il divieto di uso invernale per le strutture esistenti. Pur mancante il Piano Valanghe, in ogni caso nel percorso di ristrutturazione dell’hotel si doveva evidenziare il contesto di rischio e agire di conseguenza bloccando tutto, come prevede il Decreto 11/03/1988.
Accertare e perseguire i responsabili
Noi ci auguriamo innanzitutto che tali responsabilità, sostanziali quanto evidenti, vengano accertate e gli artefici perseguiti ed adeguatamente puniti per i 29 morti di Rigopiano. In ultima analisi, oltre alla vicenda giudiziaria, pensiamo che sia indispensabile fare adeguata prevenzione ambientale conoscendo a fondo il territorio nel quale viviamo ed i suoi rischi: alluvioni, frane e anche valanghe sono la logica conseguenza di decenni di cementificazioni, di aggressione indiscriminata al territorio ed abusivismo. Ad uccidere, quasi sempre, non è la sedicente “natura killer” ma la criminale indifferenza ai possibili rischi da parte di potenti e costruttori mossi unicamente dalla ricerca del profitto e del potere e da sempre abituati ad agire con dinamiche oscure, di corruzione, clientelari o di comodo. Oggi tutti noi, e nello specifico i 29 morti del resort, paghiamo semplicemente il conto dell’incoscienza sociale del capitalismo. Teniamo dunque a mente le seguenti parole di Engels: “Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato
” (1). Troppo spesso piangiamo vittime causate dalla speculazione, nelle grandi come nelle piccole opere; in particolare negli ultimi mesi nell'Italia centrale, a causa della mancata messa in sicurezza o per l'incauta costruzione di edifici in aree inadeguate, nonostante le storiche caratteristiche territoriali di certi siti. Le stesse costruzioni, come Rigopiano, sono state volute a tutti i costi da imprenditori e dalla politica locale, e celebrate come successi per le comunità, nascondendo i profitti dietro l'opportunità occupazionale che rivestivano. Sempre attuale è ancora una volta Engels che a fine ottocento scriveva:“Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze
” (2).
(cit.dal 1873 al 1883 ed alcune integrazioni furono redatte nel 1885 – 1886. Opere Complete Marx – Engels, Editori Riuniti, vol.XXV, p.468)
(cit.dal 1873 al 1883 ed alcune integrazioni furono redatte nel 1885 – 1886 - Dialettica della natura, Edizioni Rinascita 1950, p.216)
1 febbraio 2017