All'incontro di Astana
Russia, Turchia e Iran si accordano sul cessate il fuoco in Siria
Il PYD e la YPG curdi non rispetteranno l'accordo. Il governo siriano e parte dell'opposizione negozieranno a Ginevra
Continuerà la guerra contro l'Is e Al-Nusra
Nella conferenza sulla Siria che si è tenuta a Astana, in Kazakhstan, il 23 e 24 gennaio Russia, Iran e Turchia hanno ribadito che “cercheranno, attraverso iniziative concrete, di utilizzare la loro influenza sulle parti, per consolidare il regime di cessate il fuoco, istituito ai sensi gli accordi conclusi il 29 dicembre del 2016 e sostenuto dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2336 (2016), al fine di contribuire a ridurre al minimo le violazioni e la violenza, garantendo il libero accesso umanitario, rapido e senza intoppi, in linea con la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2165 (2014), garantendo altresì la protezione e la libera circolazione dei civili in Siria “. Le tre potenze imperialiste si fanno garanti del mantenimento della tregua in Siria sottoscritta dal regime di Damasco e una parte delle opposizioni armate e nel comunicato finale del vertice assicurano che i patti stipulati tra le parti siriane e vidimati dall'Onu saranno rispettati.
Il vertice di Astana tra governo di Damasco e opposizioni era il primo passaggio previsto dagli accordi. Un negoziato indiretto tra le parti siriane con incontri separati guidati dai rappresentanti dei tra paesi, gli unici firmatari del documento finale.
Russia, Turchia e Iran hanno di nuovo garantito che “non esiste una soluzione militare alla crisi siriana, che può essere risolta solo attraverso un processo politico” basato sulle risoluzioni dell'Onu. Una volta che gli eserciti di Mosca e Ankara e le milizie di Teheran avranno raggiunto i propri obiettivi militari nel paese, ovviamente. Fino a allora sono piovute bombe russe e turche e continueranno a piovere perché la tregua non vale per tutti gli attori sullo scenario siriano: i tre paesi imperialisti confermavano la loro determinazione a combattere congiuntamente lo Stato islamico (IS) e Fatah Al Sham (ex Al nusra) definite organizzazioni terroristiche, diverse dagli altri “gruppi armati dell’opposizione” siriana.
La guerra all'IS resta una delle priorità di Putin e Erdogan tanto che a metà gennaio i due paesi firmavano un memorandum per prevenire "incidenti" tra aerei da guerra turchi e russi, nonché per preparare "operazioni congiunte in Siria per distruggere i gruppi terroristici internazionali". Il 17 gennaio le forze aeree russe e turche effettuavano assieme 36 raid contro l’IS ad el Bab, nella provincia di Aleppo su obiettivi concordati dai due Stati maggiori. Un'azione che rappresentava anche un avvertimento alle formazioni curde delle Forze Democratiche Siriane (FDS) attive nella zona nonostante il fascista Erdogan abbia più volte chiesto il loro allontanamento da quella che considera una proprio zona di influenza. L'azione della Russia contro l'IS si ripeteva il 21 gennaio quando sei bombardieri a lungo raggio Tu-22M3 colpivano vari bersagli nella provincia di Deir ez-Zor; i bombardieri erano partiti da basi in Russia.
Il documento firmato da Russia, Turchia e Iran sottolineava come “l’incontro internazionale di Astana sia una piattaforma efficace per un dialogo diretto tra il governo e la opposizioni come richiesto dalla risoluzione n. 2254 dell'Onu”. Per sottolineare che la soluzione della crisi siriana era possibile solo sotto la loro regia e sulla base dei loro accordi di spartizione del paese. Annunciava il prosieguo delle trattative “tra il governo e l’opposizione, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, il prossimo 8 febbraio a Ginevra”. Neanche tre giorni dopo il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov doveva comunicare che l'incontro era rinviato alla fine di febbraio, incolpando l'Onu del ritardo nell'organizzazione.
I problemi per lo sviluppo dei negoziati però sono diversi a cominciare dai diversi obiettivi che hanno il regime di Damasco e i gruppi dell'opposizione. Già prima del vertice il responsabile della delegazione delle opposizioni siriane aveva sottolineato che “l’opposizione mira a stabilizzare il cessate il fuoco in maniera completa e a portare avanti la transizione politica, cominciando dall’uscita di scena di Bashar Assad e del suo regime”. Quello che era l'obiettivo iniziale anche della Turchia. Intanto i gruppi che partecipano ai negoziati puntano a congelare l’offensiva militare di Damasco per evitare la perdita delle altre parti di territorio che ancora controllano. Per Assad i colloqui partiti a Astana dovevano avere come priorità la resa e l’amnistia per gli oppositori armati. Due posizioni al momento inconciliabili.
Altra questione non secondaria per lo sviluppo dei negoziati di pace è quella relativa al futuro delle regioni curde e evidenziata dall’assenza al tavolo dei negoziati dei rappresentanti della Federazione democratica del Nord Siria e delle Forze Democratiche Siriane (SDF). O meglio del Partito dell'Unione Democratica (PYD) e delle Unità di Difesa del Popolo (YPG) che ne costituiscono l'ossatura. In una nota le YPG denunciavano che “il meeting di Astana è promosso da Russia, Iran e Turchia, cioè coloro che sono maggiormente coinvolti in Siria e sono parte delle cause del conflitto siriano. L’unica soluzione per la Siria è la soluzione democratica ed essa non potrà mai vedere la luce finché tutte le parti presenti sul campo non saranno sedute attorno al tavolo dei negoziati.” “Le decisioni prese ad Astana senza la nostra presenza non porteranno a nessuna soluzione e soprattutto non saranno vincolanti per noi” aggiungeva il co-presidente del PYD Saleh Muslim.
Era l’agenzia iraniana Fars a dare la notizia che il governo di Damasco si era detto favorevole a una “soluzione politica dei problemi curdi attraverso colloqui politici tra le due parti”. E la stampa russa il 26 gennaio dava notizia che a Astana la delegazione di Mosca aveva informalmente presentato una bozza di Costituzione che garantiva la sovranità e l'integrità della Siria come Stato multietnico e multiconfessionale. Sta al popolo siriano decidere se la Siria "sarà autonoma, una federazione o una confederazione", garantiva un portavoce del ministero degli Esteri russo. Intanto però Mosca apriva un tavolo di discussione sulla Costituzione con rappresentanti di formazioni curde siriane legate ai curdi iracheni di Barzani, quelli alleati della Turchia.
1 febbraio 2017