Scioperi e proteste per le scuole al gelo
Serve una grande mobilitazione studentesca per invertire lo sfacelo della scuola pubblica
Oltre dieci anni di tagli ininterrotti e pesanti sforbiciate alla scuola pubblica ora si fanno sentire anche mettendo a rischio la salute degli studenti in classe: mentre il freddo travolge tutta Italia da nord a sud, isole comprese, numerose scuole non possono permettersi il riscaldamento e le aule dove gli studenti devono rimanere seduti immobili per diverse ore restano così esposte al “gelicidio”.
In certi casi gli studenti si arrangiano indossando i giubbotti o portandosi da casa borse termiche o addirittura stufette, pagate naturalmente dai genitori. In altri, sempre più numerosi, si ribellano a questa situazione inaccettabile.
Il caso di Roma è emblematico: nelle scorse settimane, nella Capitale gli studenti del liceo “Galilei” all'Esquilino dopo la ricreazione si sono rifiutati di rientrare per il freddo eccessivo. E non sono stati gli unici: proteste simili si sono svolte in altri istituti della Capitale. I genitori del “Plinio Seniore” hanno protestato in prima persona. Al “Righi”, invece, è stata la scuola stessa a far uscire gli studenti per via del clima. Anche quest'ultimo provvedimento, benché appropriato per tutelare la salute degli studenti, è comunque grave perché rivela che la situazione è ormai insopportabile. A Messina, addirittura, sono state chiuse ben undici scuole per il medesimo motivo. In certi istituti il riscaldamento non c'è proprio.
Le proteste, iniziate in realtà già a dicembre, con la fine delle ferie natalizie e il ritorno a scuola si sono allargate a macchia d'olio in tutta la penisola e le isole. A conferma di quanto il problema sia diffuso su tutto il territorio nazionale.
In certi casi, le autorità scolastiche sono arrivate al punto di ricorrere a misure disciplinari per reprimere gli studenti che protestavano per il più che basilare diritto di fare lezione al caldo. È il caso, per esempio, della preside dei licei “Nicolosio” di Recco e “Da Vigo” di Rapallo, in Liguria, che ha scritto una circolare per stigmatizzare lo sciopero degli studenti definendo “ottimale” il riscaldamento. La Rete degli Studenti medi riferisce che un simile provvedimento si è abbattuto sugli studenti di alcuni istituti toscani, come il liceo “Cicognini-Rodari” di Prato, che si rifiutavano di entrare a scuola perché la temperatura era andata sotto i 14 gradi garantiti dal sindaco Biffoni, benché il minimo per legge sia di 18 gradi.
Tra dirigenti scolastici, uffici scolastici regionali, sindaci e province è uno scaricabarile reciproco. Alla fine, però, senza nulla togliere alle responsabilità individuali dei presidi che sanzionano gli studenti in lotta per studiare in condizioni dignitose, la causa sta nelle politiche dissennate perseguite a livello nazionale e locale ai danni della scuola pubblica. Un altro caso emblematico si ritrova a Carbonia, in Sardegna, dove gli studenti dell'istituto tecnico-commerciale “Cesare Beccaria” si sono rifiutati di fare lezione nel gelo delle loro aule; da tempo si sarebbero dovuti trasferire in un edificio più idoneo, ora occupato però dagli studenti della scuola media della cittadina dopo il crollo del tetto di quest'ultima. Il presidente della provincia di Rieti e rappresentante dell'Upi (Unione province italiane), Giuseppe Rinaldi, ha sottolineato che “i tagli imposti alle province dalle manovre economiche sono insostenibili perché hanno effetti disastrosi sui servizi ai cittadini”.
Chiaramente quindi il problema alla base è costituito dall'autonomia scolastica, che di fatto è la fine del finanziamento statale perché lascia ogni istituto alla mercé del mercato e costretto a ricercarsi da sé i fondi, dai tagli all'istruzione pubblica e anche dai tagli agli enti locali, che dovrebbero occuparsi della manutenzione delle scuole. Tutto mentre si continuano a far piovere soldi per salvare le banche, pagare le spese militari e, ancora più grave, finanziare le scuole private mentre quelle pubbliche restano al gelo.
Le studentesse e gli studenti hanno tutto il diritto di continuare la loro lotta attraverso il blocco della didattica, le manifestazioni, i picchetti e ogni altro metodo di lotta ritengano opportuno per rivendicare i dovuti lavori per rendere pienamente funzionanti gli impianti di riscaldamento.
Al contempo l'ennesima e gravissima conseguenza dello sfacelo della scuola pubblica dimostra che è più che urgente dare vita a una grande mobilitazione per conquistare la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti. Cominciando col costruire un governo alternativo delle scuole per controbattere colpo su colpo ai provvedimenti delle autorità scolastiche, elaborare proprie proposte da imporre con la mobilitazione, e lottare per conquistare gradualmente il diritto di autogestire i servizi scolastici.
1 febbraio 2017