Ignorando anche le misteriose due polizze vita intestate alla sindaca di Roma
Grillo blinda l'inquisita e opaca sindaca di Roma
L'ex capo della segreteria Romeo indagato per abuso d'ufficio
Raggi deve dimettersi
Agli inizi di febbraio due nuove tegole giudiziarie hanno colpito fra capo e collo la sindaca di Roma Virginia Raggi e il suo ex capo della segreteria politica Salvatore Romeo. La sindaca, già inquisita di truffa e falso dal 24 gennaio scorso in relazione alla nomina di Renato Marra alla guida del Dipartimento Turismo del Campidoglio, il 2 febbraio è stata sottoposta a un lungo interrogatorio durato oltre otto ore dai Pubblici ministeri (Pm) Francesco Dall'Olio e Paolo Ielo.
Mentre Romeo il 5 febbraio ha ricevuto un nuovo invito a comparire e risulta indagato dalla procura capitolina per concorso in abuso d’ufficio sempre nell’ambito della stessa inchiesta sulle nomine da parte della sindaca.
Negli ultimi giorni l'attenzione degli inquirenti è stata rivolta anche sulla torbida vicenda inerente le due polizze vita, rispettivamente di 30 mila e 3 mila euro, in cui la Raggi a sua “insaputa” compare come beneficiario con causale: “relazione”. Le polizze, una priva di scadenza e una con scadenza nel 2019, furono sottoscritte anni prima proprio da Romeo e poi girate alla Raggi nel gennaio 2016 (poco prima delle Comunarie). A giugno la Raggi vince le elezioni e appena due mesi dopo promuove Romeo a capo della sua segreteria politica e gli triplica anche lo stipendio: da 39 mila a 110 mila euro l'anno, ridotti poi a 93 mila dopo lo scoppio delle polemiche che alla fine costringeranno Romeo a mollare la poltrona soltanto il 17 dicembre 2016, all'indomani dell’arresto di Raffaele Marra ammanettato per corruzione insieme al boss dei palazzinari romani Sergio Scarpellini.
Fatti e circostanze strettamente legati fra loro e oggettivamente inconfutabili di fronte ai quali la Raggi ha fatto finta di cascare dalle nuvole imitando maldestramente perfino l'ex ministro berlusconiano Claudio Scajola che qualche anno fa “a sua insaputa” diventò proprietario di un superattico affacciato sul Colosseo.
"Sono sconvolta, non sapevo nulla di quelle polizze" ha detto la Raggi con la solita sprezzante faccia di bronzo mentre lasciava la caserma sulla Tuscolana alla fine dell'interrogatorio.
In realtà secondo il quotidiano romano “Il Messaggero” che nell'edizione del 5 febbraio ha pubblicato una circolare comunale del 19 ottobre scorso, la Raggi era al corrente di tutto. Dal documento emerge che l'allora capo di gabinetto e capo del personale del Comune di Roma, Raffaele Marra, fratello di Renato, legato alla destra romana e già collaboratore di Alemanno e della Polverini, invitava "tutti i dirigenti che volessero candidarsi a incarichi dirigenziali apicali e subapicali" a "inviare i curricula alla segreteria del suo Dipartimento entro una settimana". E tali incarichi sarebbero stati accessibili, si specificava, "anche ai dirigenti dell'Avvocatura capitolina e al corpo di polizia locale". Da cui, guarda caso, proveniva anche il fratello Renato, poi promosso a numero uno del Turismo in Comune.
Ma non è tutto. Perché nella circolare che rischia di inguaiare definitivamente la sindaca pentastellata si sottolinea anche che "il presente interpello ha natura esplorativa e non comparativa". Il che, secondo la ricostruzione del quotidiano romano, escluderebbe la comparazione dei curricula, in violazione del regolamento comunale.
Non solo: poiché nell'ambito dell'abuso di ufficio i Pm contestano alla Raggi di aver procurato proprio un indebito vantaggio a Renato Marra, la posizione della sindaca potrebbe aggravarsi ulteriormente soprattutto perché non potrà più cavarsela sostenendo di “non esser stata a conoscenza di tali vantaggi”, dal momento che tra i destinatari della circolare del 19 ottobre il suo nome compariva in cima a tutti gli altri.
Dalle carte emerge inoltre che Romeo, da quando è diventato attivista dei 5 Stelle, ha investito oltre 130 mila euro in polizze assicurative e tra i beneficiari “a loro insaputa” non figura solo la sindaca Raggi ma diversi altri politici e funzionari del Campidoglio in strettissimi rapporti con quel famigerato “mondo di mezzo” descritto dai boss di mafia capitale Buzzi e Carminati fra cui anche alcuni attivisti pentastellati, inclusi almeno due consiglieri di Municipio.
E mentre anche l'ex vicesindaco Daniele Frongia continua a ripetere che “delle polizze di Salvatore Romeo con più beneficiari non ne sapevo nulla, come non ne era a conoscenza la sindaca”, i magistrati romani stanno cercando di capire dove Romeo, che non risulta essere ricco di famiglia, ha trovato i soldi da investire in queste polizze. Il sospetto è che quei denari possano rappresentare tentativi di infiltrazione e condizionamento delle Comunarie con cui il M5S scelse il proprio candidato sindaco a Roma. Consultazioni già inquinate dal dossier preparato da Raggi e Frongia ai danni di Marcello De Vito e della sua sponsor Roberta Lombardi.
Tra le carte dei magistrati c'è anche la trascrizione di una chat di “Telegram” denominata “Quattro amici al bar”, a cui partecipavano la Raggi, Romeo, Frongia (ora sostituito dall'ex veltroniano Luca Bergamo) e Marra, nella quale in un caso la sindaca chiede a Marra rassicurazioni sugli aspetti legali della nomina del fratello, e in un altro lo rimprovera di non averle detto che avrebbe avuto uno scatto di stipendio di 20 mila euro: “Così mi metti in difficoltà”, si sarebbe lamentata la Raggi, aggiungendo che “la stampa mi sta massacrando”.
Agli atti della procura c'è anche una email, inviata in copia alla Raggi, in cui l'assessore Meloni ringraziava Raffaele Marra di avergli suggerito la nomina del fratello al dipartimento del Turismo.
Insomma, altro che: “vittima di un tradimento dei suoi più stretti collaboratori”!
I fatti dimostrano che la Raggi è parte attiva di un progetto politico studiato a tavolino insieme a Marra, Frongia e Romeo e soprattutto con il benestare del candidato in pectore dei Cinquestelle a Palazzo Chigi, Luigi Di Maio, per conquistare il Campidoglio facendo asse proprio con quel “mondo di mezzo” di “mafia capitale” che il M5S aveva promesso di spazzare via e con cui invece ci va nozze.
Il vero tradimento è quello compiuto dal M5S nei confronti dei suoi elettori che sono stati letteralmente turlupinati e illusi con promesse di cambiamento che alla prova dei fatti si sono rivelati a dir poco fallimentari.
Arrivati a questo punto la Raggi avrebbe il dovere di dichiarare pubblicamente il totale fallimento del suo programma e rassegnare al più presto le dimissioni.
Un epilogo che Grillo sta cercando di esorcizzare in tutti modi perché sa benissimo che se cade la Raggi cade tutto il castello di menzogne e di false promesse su cui ha costruito la sua fortuna elettorale. Per evitare ciò Grillo ha letteralmente blindato l'inquisita e oscura sindaca di Roma col varo di un nuovo “regolamento ad personam” che non rende più obbligatorie e automatiche le sanzioni in caso di avviso di reato. “Raggi – ha tuonato a più riprese Grillo - ha adempiuto ai doveri indicati dal nostro codice etico” perché ci ha subito avvisati di aver ricevuto un avviso della procura e perciò io “non posso che esserle vicino in un momento che umanamente capisco essere molto difficile”. Mentre in una lettera pubblicata sul blog e indirizzata soprattutto agli oppositori interni del Movimento Grillo nel rinnovare tutta la sua “stima” e tutto il suo “sostegno” alla Raggi avverte: “Chi sta con la sindaca sta col Movimento” e chi si azzarda a fare altrimenti è fuori dal Movimento.
Insomma cambiano i suonatori, ma la musica a Roma è sempre quella di mafia capitale. Nel giro di soli otto mesi coloro che si erano presentati in Campidoglio con la ramazza a Cinquestelle “per fare piazza pulita del malcostume e della corruzione”, si sono smascherati da vera e propria cosca parlamentare che sguazza come un pesce nell'acqua in quel torbido mondo (di destra) e del malaffare con cui il M5S di Grillo e la Raggi, come dimostrano le indagini di questi mesi, hanno stretti e inconfessabili legami.
Dagli arresti di Roma, alle firme false di Palermo e Bologna, dalle inchieste in odor di camorra a Quarto, al mercimonio sul petrolio Eni a Gela, passando per Parma, Livorno, Comacchio fino alle case abusive del sindaco e dell'assessore all'Urbanistica a Bagheria, e in quasi tutti gli altri 17 grandi e piccoli comuni conquistati dal M5S a partire dal 2012; il M5S ha impiegato meno di un lustro per immedesimarsi nelle vituperate istituzioni parlamentari borghesi, assorbendone e praticandone tutti i riti e i vizi, comprese le faide tra correnti, le spartizioni di posti di potere fino a ripetere la sconcezza di “”non sapere nulla” quando vengono beccati con le mani nella marmellata.
8 febbraio 2017