Amaro frutto dei governi Renzi e Gentiloni
Il 40,1% dei giovani è disoccupato
Più del 75% dei contratti è a tempo determinato
Se volessimo fare una classifica dei più clamorosi fallimenti di Renzi, in cima ci sarebbe sicuramente la promessa di debellare la disoccupazione giovanile con la truffaldina “Garanzia giovani” e il filopadronale Jobs Act: a certificarlo c'è il tasso dei senza-lavoro fra sotto i 24 anni, salito al 40,1% a dicembre. Il livello più alto dal giugno 2015.
È quanto dichiara l'Istat nelle sue rilevazioni rese pubbliche il 31 gennaio, dove si specifica che il tasso di occupazione generale si assesta al 12%. Altissimo, specie tenendo conto che la media europea è dell'8,2%.
L'aumento dell'occupazione, che tanto fa gongolare gli esponenti del governo e del gruppo dirigente renziano del PD, è in realtà fumo negli occhi: i 242 mila occupati in più registrati a dicembre sono in realtà dovuti in parte alla forte riduzione degli inattivi, cioè chi non studia né lavora (478 mila in meno, fra chi ha trovato lavoro e chi è stato inghiottito dalla disoccupazione ufficiale), in parte all'aumento dell'età pensionabile determinato dalla riforma Fornero che costringe molti lavoratori anziani a restare al proprio posto. I padroni li preferiscono rispetto ai lavoratori più giovani, visto che questi ultimi sarebbero da formare e che si stanno esaurendo i lauti incentivi del Jobs Act.
A tutto ciò va aggiunto il fatto che più del 75% dei nuovi contratti è a tempo determinato, quindi non soltanto il dato della disoccupazione è destinato a salire, ma ai giovani lavoratori non si prospetta nemmeno un futuro dignitoso e stabile.
Tutto questo capolavoro è imputabile a Renzi e alle sue politiche, ma Gentiloni non è certo esente dalle responsabilità, visto che lo scalda-poltrona del nuovo duce di Rignano come prima cosa ha dichiarato continuità con il suo predecessore per quanto riguarda le politiche sul lavoro, confermando tra l'altro Poletti come ministro nonostante fosse ormai impresentabile dopo le sue dichiarazioni sui giovani che espatriano. E nonostante continui a dichiarare che l'occupazione in Italia va a gonfie vele.
Il superamento della terribile soglia del 40% (nemmeno con Monti si era arrivati a tanto) ha naturalmente prodotto una serie di reazioni indignate. Ma la soluzione può essere, come auspica il noto movimentista Andrea Fumagalli su “il manifesto” del 1° febbraio, un “reddito di base”? Tra l'altro l'autore mischia insieme in un impasto pasticciato la giusta rivendicazione per una soglia minima di reddito, sotto la quale nessuno stipendio può andare, e quella fumosa e riformistica del reddito di cittadinanza; quest'ultimo, come abbiamo avuto modo di affermare più volte, è in realtà una trappola dietro cui il capitale può giustificare la rinuncia alla piena occupazione e al lavoro per tutti.
Noi riteniamo, al contrario, che sia ormai urgentissimo soffiare sul fuoco della lotta di classe e di massa: se non sono i lavoratori e i disoccupati a lottare anche duramente per il proprio sacrosanto diritto a un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato e per abolire il precariato, non sarà certo il capitalismo a elargirlo benevolmente. Per questo non è più rimandabile lo sciopero generale di otto ore con manifestazione nazionale sotto palazzo Chigi. Se i gruppi dirigenti dei sindacati non vogliono proclamarlo, siano i lavoratori e i disoccupati a pretenderlo a gran voce!
8 febbraio 2017