Viva le studentesse e gli studenti in lotta!
Battaglia a Bologna contro i tornelli all'Università
La dirigenza Unibo chiama la celere che fa irruzione nelle biblioteca universitaria. Responsabilità del sindaco PD Merola. Gli studenti: “Dalla zona universitaria non ce ne andremo mai”
Solidarietà agli studenti dalla Commissione giovani del CC del PMLI
Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna
Le studentesse e gli studenti bolognesi stanno combattendo una grande battaglia di piazza contro le imposizioni del preside Francesco Ubertini e la repressione delle “forze dell’ordine” guidate dal questore Ignazio Coccia sotto la direzione della giunta comunale targata PD del sindaco Virginio Merola.
Le proteste sono nate dall’installazione decisa dall’università di Bologna, per volere in primis del preside Ubertini, di tornelli all’ingresso della biblioteca di Discipline umanistiche denominata “36” in riferimento al numero civico in cui è ubicata in via Zamboni, giustificandoli col pretesto del “degrado” in cui verserebbe la zona e della necessità di garantire l’accesso alla biblioteca ai soli possessori del badge universitario.
Gli studenti denunciano che in realtà Unibo (la dirigenza universitaria), che già da tempo ha messo in campo provvedimenti per limitare il diritto allo studio e rendere l’università una sorta di caserma, vuole porre fine a quel luogo di socialità e aggregazione antifascista e antirazzista che è divenuto il “36”, “uno dei pochi spazi rimasti liberi, accessibili e attraversati da migliaia di studenti ogni giorno. Uno spazio di studio, incontro, aggregazione e socialità che vogliamo sempre più aperto e vissuto”.
I collettivi universitari, tra cui il CUA (Collettivo Universitario autonomo), hanno risposto all’installazione dei tornelli con una petizione che ha raccolto oltre 600 firme in appena 2 giorni consegnata il 2 febbraio alla prorettrice Trombini che si era assunta la responsabilità di agire di conseguenza e di far rimuovere i tornelli ma poi si era rimangiata la parola.
Per questo le studentesse e gli studenti hanno continuato la mobilitazione forzando più volte i tornelli e garantendo il libero e pubblico accesso alla biblioteca. In risposta le “forze dell’ordine” hanno ripetutamente tentando di forzare l’occupazione del “36” e denunciato una ventina di studenti.
Dopo quasi 20 giorni di mobilitazione con presidi, assemblee, petizioni, nel pomeriggio dell’8 febbraio gli studenti hanno restituito la biblioteca alle masse smontando definitivamente i tornelli costati “decine di migliaia di euro spesi contro la volontà degli studenti e delle studentesse, decine di migliaia di euro che si devono spendere, sì, ma per rendere più economici i pasti in mensa ad esempio, o per comprare nuovi libri che tutti possano consultare, o ancora per garantire nuove borse di studio o agevolazioni sugli affitti”, denunciando come “Ubertini vorrebbe radere al suolo questa comunità per importare modelli di socialità e studio che ci ricordano troppo da vicino le grandi aziende, le fiere del lavoro gratuito stile Expo e tutto ciò che all’incontro oppone l’individuazione, la solitudine e l’egoismo. Non lo accetteremo mai”.
Ma la dirigenza Unibo ha imposto una vera e propria “serrata” barricando le porte del “36”, poi smontate dagli studenti che ne hanno proclamato l’autogestione, e successivamente ha chiesto l’intervento della celere, accorsa prontamente il giorno seguente su ordine del questore, che ha caricato addirittura all’interno della biblioteca picchiando selvaggiamente chi vi si trovasse all’interno per studiare.
Anche all’esterno è scoppiata la battaglia tra i picchiatori in divisa e le centinaia di studenti accorsi per protestare contro lo sgombero, battaglia che si è svolta nelle vie e piazze limitrofe e sostenuta con coraggio dalle studentesse e dagli studenti mentre le “forze dell’ordine” non solo provvedevano a caricare ripetutamente ma si accanivano anche contro singoli studenti che cercavano riparo dalla furia fascista della polizia che li rincorreva per la strade.
Il giorno seguente un partecipato e combattivo corteo ha sfilato contro la vigliacca irruzione nella biblioteca a colpi di manganello, per l’ennesima chiusura della biblioteca e per chiedere le dimissioni del questore Ignazio Coccia e anche del rettore Ubertini, “perché colpevole e responsabile di aver voluto più volte che la celere intervenisse contro le istanze studentesche”, promettendo che “dalla zona universitaria non ce ne andremo mai. Aggredire studenti e studentesse che studiano è scellerato, e adesso è tempo del contrattacco! Chi è privo di tutto, di diritti e garanzie, è disposto a dare battaglia fino alla fine pur di prendersi e tenersi tutto ciò che da una vita gli è negato”.
Anche in questa occasione si è ripetuta la repressione neofascista della polizia che prima ha impedito l’accesso del corteo in via Zamboni e poi ha caricato gli studenti che provavano ad avanzare, ma che anche in questo caso non si sono fatti intimorire e hanno dato battaglia, cambiando più volte il percorso del corteo e bloccando il traffico in vari punti.
Sabato 11 si è svolta l’ennesima manifestazione di una mobilitazione che non accenna a fermarsi perché non è accettabile che ad una biblioteca pubblica sia impedito l’accesso libero delle masse e perché non è accettabile che alle giuste istanze degli studenti si risponda sempre col manganello, in perfetto stile fascista.
Il corteo, che era aperto dallo striscione “Contro la Bologna della repressione e dell’austerità. Apriamo spazi di autogestione, conflitto e libertà”, è partito da piazza Verdi per sfilare nel centro città : “Siamo la Bologna che resiste quella dei picchetti, quella sui tetti delle case occupate, degli spazi autogestiti come Xm24, Atlantide, Crash e tutti quegli spazi che vivono di autogestione, mense popolari e progetti autorganizzati”, hanno detto chiaramente i collettivi respingendo il tentativo di criminalizzazione messo in campo dalla Procura ed espresso solidarietà a Sara e Orlando, i due studenti finiti ai domiciliari per gli scontri del giorno precedente. A loro e a diversi esponenti dei collettivi il procuratore di Bologna Giuseppe Amato contesta il reato di “associazione a delinquere”.
Nel corso della manifestazione, è stato rilanciato l’appuntamento per l’assemblea studentesca in programma martedì 14 in via Zamboni 38, e lanciato un appello perché giovedì 16 diventi una giornata nella quale aprire “spazi di mobilitazione in tutte le università d’Italia, in solidarietà con gli studenti e le studentesse che a Bologna sono stati aggrediti dentro la propria biblioteca!”.
Il corteo si è concluso davanti all’ingresso del Comune per denunciare le responsabilità del sindaco PD Virginio Merola. Costui ha difeso “la scelta di installare i tornelli all’ingresso di una biblioteca universitaria. Una scelta sacrosanta che non inficia in alcun modo il diritto allo studio e la possibilità di frequentare liberamente le strutture universitarie. Anzi...”; e che da subito si era espresso in favore della repressione delle proteste affermando che “il primo segnale che dobbiamo dare è in termini repressivi”, proponendosi di ottenere dal governo i nuovi poteri in materia di sicurezza che i sindaci hanno chiesto al ministro dell’Interno Minniti e che garantirebbero “la possibilità di fare ordinanze non contingibili e urgenti, di dare i daspo agli spacciatori, come per gli ultras allo stadio e di adottare sanzioni non solo amministrative ma penali”. Ad esempio, contro chi scrive sui muri, continua il forcaiolo Merola, “ci servirebbero provvedimenti più pesanti perché oggi quando becchiamo uno che imbratta i muri gli facciamo una multa da 500 euro e lo accompagniamo dai genitori, che in genere lo difendono”.
Com’è scritto nel comunicato della Commissione giovani del CC del PMLI “ll Partito marxista-leninista italiano condanna senza appello la violenta e vigliacca repressione poliziesca di stampo fascista che si è abbattuta sulle studentesse e sugli studenti … Ai problemi di diffusa tossicodipendenza e piccola criminalità dell'area si risponde aprendosi non chiudendosi, rivitalizzando la zona con iniziative culturali, artistiche e ricreative e combattendo la povertà dilagante che, insieme allo smantellamento del welfare, è alla radice di tali problemi… Ora più che mai è urgente mettere in campo una grande mobilitazione per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti. Costruendovi innanzitutto il governo alternativo studentesco”.
15 febbraio 2017