Per le violenze della polizia su un giovane nero
In rivolta le periferie di Parigi
Il presidente francese François Hollande si recava nel pomeriggio del 7 febbraio nell'ospedale parigino dove era ricoverato il giovane nero operato d’urgenza in seguito alle gravi ferite inflittegli una settimana prima da quattro poliziotti durante l’arresto a Aulany-sous-Bois, un quartiere della periferia della capitale. La visita ufficiale del presidente e il precedente annuncio dell'incriminazione dei poliziotti erano il tentativo delle istituzioni di calmare la rivolta delle periferie di Parigi contro la violenza sul giovane nero e non solo; la protesta denunciava il generalizzato comportamento repressivo, violento e spesso impunito della polizia contro gli abitanti dei quartieri periferici, i cittadini francesi di serie B, spesso immigrati di seconda o terza generazione.
Il 2 febbraio il giovane era stato gravemente ferito in occasione di un controllo di identità, condotto dagli agenti nel quartiere di Aulany-sous-Bois come un vero e proprio rastrellamento, era arrivato in commissariato con il volto tumefatto e “importanti lesioni” che “corrispondono chiaramente” all’introduzione di un manganello nel retto del giovane, come confermava il referto medico dell’ospedale di Aulnay. L'agente responsabile della violenza si difendeva parlando di un “incidente” ma la versione del giovane era confermata da immagini di videosorveglianza della polizia municipale e da diversi testimoni.
Il ministro dell'Interno Bruno Leroux annunciava il 5 febbraio la sospensione dal servizio dei quattro agenti con l'accusa di violenza sessuale e violenza volontaria e contemporaneamente la procura rendeva nota che gli agenti intervenuti per controllare l'identità di una decina di persone sospettate di spaccio di stupefacenti avevano usato gas lacrimogeni e lo sfollagente telescopico a causa della resistenza opposta dal giovane.
L'incriminazione degli agenti non bastava a fermare la protesta dei quartieri periferici della capitale che iniziava il 4 febbraio da Aulany-sous-Bois, con centinaia di manifestanti che la sera protestavano per le strade dando fuoco a alcune auto, e si allargava nei due giorni successivi in particolare a Bobigny e Argenteuil.
Il primo ministro Bernard Cazeneuve chiedeva una punizione “esemplare” per i poliziotti colpevoli assieme alla “fermezza” contro i manifestanti. La destra dei repubblicani attaccava le manifestazioni e la razzista Le Pen garantiva che una volta al governo si sarebbe sbarazzata “di questa feccia”. Con una campagna elettorale per le presidenziali di fatto già avviata si pronunciava anche il candidato socialista Benoît Hamon che condannava gli “atti inammissibili” commessi a Aulnay-sous-Bois dagli agenti ma aggiungeva che c'era anche “bisogno di ristabilire una relazione di fiducia tra la polizia e la popolazione”.
Intanto il governo Valls ha pensato a rafforzare i poteri della polizia presentato il 7 febbraio in parlamento una nuova legge sulla sicurezza pubblica, che ha già passato il vaglio del Senato, che estende alla polizia le regole della gendarmeria sul ricorso all’uso di armi da fuoco: finora i poliziotti potevano usare le armi da fuoco solo in caso di legittima difesa mentre i gendarmi, come i militari, possono usare le armi con maggiore libertà.
15 febbraio 2017