Raggi indagata anche per la nomina di Romeo
I movimenti: Con la nuova giunta di Roma nulla è cambiato
L'ex assessore Berdini: “Sindaca impreparata, con accanto una banda”
Sono già due i procedimenti per abuso d'ufficio avviati nei confronti della sindaca di Roma Virginia Raggi. Il primo riguarda l'inchiesta per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, da vicecapo dei vigili urbani alla Direzione Turismo del Campidoglio e per la quale è accusata anche del reato di falso. Nel secondo la sindaca M5S è indagata per abuso d'ufficio in concorso con il suo fedelissimo Salvatore Romeo, già capo della sua segreteria politica. Fu lei a firmare la delibera approvata all'unanimità dalla giunta pentastellata con cui il 9 agosto 2016 cooptò il suo “brocker assicurativo” e, secondo alcune voci “amante”, da semplice funzionario del Dipartimento Partecipate con stipendio di 39 mila euro annui, alla guida della sua segreteria con un mensile quasi triplicato di 120 mila euro. Un vantaggio economico che, secondo i giudici, non poteva essere attribuito a Romeo e che poi è infatti sceso a 93 mila euro dopo l'intervento dell'Authority anticorruzione (Anac).
Tutto in barba alle commedianti “battaglie contro le parentopoli, per la trasparenza e la meritocrazia” di cui amano sciacquarsi la bocca i Cinquestelle.
La nomina di Romeo fu aspramente criticata dall'allora assessore al Bilancio, Marcello Minenna, e dall'allora capo di gabinetto Carla Raineri la quale fra l'altro avvertì la Raggi che si configurava un abuso d'ufficio proprio come descritto in un esposto di 21 pagine presentato alla Procura di Roma subito dopo le sue dimissioni.
La Raineri si dimise l'1 settembre dopo che l'Anac “interpellata in modo strumentale dall'amministrazione M5S” aveva dato parere sfavorevole alla sua nomina. In realtà è logico immaginare che la vera causa del suo defenestramento furono proprio i “gravi contrasti” con il quadriunvirato Cinquestelle (Raggi-Marra-Romeo e Daniele Frongia, vicesindaco dimessosi dopo l'arresto di Marra, ora assessore allo Sport), il quale, sotto la regia occulta del vicepresidente della Camera e candidato premier dei Cinquestelle, Luigi Di Maio, ha condotto la marcia sul Campidoglio a suon di bugie, ricatti, minacce e in stretta continuità con i protagonisti di mafia capitale.
Nel suo esposto Raineri sottolinea fra l'altro che: "La delibera per la nomina di Romeo è stata portata in giunta il 9 agosto 2016 senza essere prima passata al vaglio del gabinetto. Di norma le delibere vengono trasmesse al gabinetto alcuni giorni prima per un esame di legittimità". La delibera in questione, ricorda la Raineri, è "inusualmente approdata direttamente in giunta allorché io e gli assessori ci trovavamo già seduti al tavolo nella sala delle bandiere e nessuno in quella occasione ne ha illustrato i contenuti prima di porla al voto". Inoltre nella delibera in questione non era indicato il compenso di Romeo, ma si rimandava a varie categorie contrattuali. dunque, secondo Raineri, si approfittò dell'assenza per ferie del capo dell'Ufficio Risorse Umane del Campidoglio, Laura Benente, che avrebbe dovuto vistare la delibera, ma era in cattivi rapporti con l'amministrazione, e la firma fu del vice Gianluca Viggiano. Quindi la delibera andò direttamente in giunta senza passare al vaglio del suo gabinetto. Insomma, considerati i passaggi, compreso l'avere ignorato il parere contrario dell'avvocatura comunale, la delibera che porta alla nomina di Romeo sembra studiata apposta per evitare eventuali rilievi sul nuovo stipendio.
Il burattinaio Di Maio
Un colpo di mano studiato a tavolino ancor prima che la Raggi venisse eletta sindaca e confermata anche dalle conversazioni nella ormai famigerata chat “Quattro amici al bar” dove tra Marra e Romeo si sprecano i riferimenti alla "macrostruttura". Ovvero la modifica della pianta organica dei dirigenti del Campidoglio. In particolare Marra rassicura Romeo: "Ho messo in fila le cose per lo staff del sindaco. Ho segnalato incarichi e possibili retribuzioni. Ho lasciato tutto a V.", probabilmente Virginia Raggi. "Ho appena finito di studiare i nominativi per gli incarichi delle strutture di diretta collaborazione del sindaco e del vicesindaco", scrive Marra a Romeo su WhatsApp a maggio 2016.
Dunque Raineri e Minenna, che l'aveva voluta capo di gabinetto al posto di Daniele Frongia a cui la Raggi aveva promesso quella poltrona, pagano a caro prezzo l'insubordinazione ai diktat del quadriunvirato che fa capo al burattinaio Di Maio.
Illuminante in tal senso è l'sms con cui, nei giorni delle sue dimissioni, Minenna svela alla Raineri tutto il mercimonio dei Cinquestelle per le nomine in Capidoglio e aggiunge: "La storia di Di Maio (il riferimento è all'incontro di luglio con Marra ndr) è assolutamente vera e lo sai avendola vissuta quasi in diretta. Così come sai che misi a parte anche la Taverna. Ho sms con entrambi e fui scaricato. D'altronde, erano i referenti di Direttorio e mini Direttorio per Roma. Quindi erano loro l'ancora di salvezza. Sono certo che Di Maio sapeva tutta la storia di Cantone (il parere chiesto all'Anac ndr) ben prima di noi. Si capì benissimo dall'interazione". Minenna fa protocollare in comune anche una lettera con la quale comunica alla sindaca e alla giunta "che devono intendersi revocati tutti i voti favorevoli da me manifestati a tutte le assunzioni effettuate da Roma Capitale ai sensi dell'articolo 90 Tuel (la norma di legge sugli enti locali)". In particolare, aggiunge, "quella di Salvatore Romeo", per la sua "intrinseca illegittimità ", poiché "il suo status di dipendente pubblico già assunto a tempo indeterminato dell'amministrazione capitolina, non è stato reso noto nelle motivazioni della delibera".
Nel giro di appena sei mesi è andata a finire che Raffaele Marra, capo di gabinetto e capo del personale del Comune di Roma, legato a doppio filo alla destra romana e già collaboratore di Alemanno e della Polverini finisce il 16 dicembre scorso a Regina Coeli per corruzione. Raggi, Romeo e l'ex assessora all'Ambiente Paola Muraro sono indagati dalla Procura rispettivamente per abuso di ufficio e per violazione di norme ambientali consumati in combutta con alcuni protagonisti di “Mafia Capitale”. Insieme all'ex assessore al Bilancio, Marcello Minenna e al capo di gabinetto Carla Raineri, si dimettono uno dopo l'altro che il dg Atac Marco Rettighieri, l'amministratore unico Armando Brandolese e il presidente di Ama Spa (Azienda Municipale Ambiente) Alessandro Solidoro.
Altro che “i 43 successi più importanti” conseguiti dalla sindaca di Roma nei primi 7 mesi di governo pubblicati sul blog a firma Beppe Grillo!
Raggi e la sua “banda”
Intanto le polemiche e i veleni non accennano a placarsi. A rilanciarle è stato l'ex assessore all'Urbanistica Paolo Berdini che il 9 febbraio durante un colloquio con il giornalista Federico Capurso de “La Stampa” nel commentare il totale fallimento della giunta Raggi ha fra l'altro affermato che: “Trovo la situazione esplosiva, questa città non tiene... è stato fatto un errore dopo l’altro. Prima con la nomina di Raffaele Marra, poi la polizza di Romeo, e se è uscita questa cosa su L’Espresso, fra qualche giorno magari ne esce un’altra. Non si può dire che sia finita la musica. I Cinque Stelle mi hanno chiesto aiuto per affrontare alcune battaglie insieme. Anche per questo, non ho fatto gli esami con il direttorio. Sono l’unico assessore, credo, ad essere entrato di diritto, ma non mi aspettavo tutto questo". Sulla sindaca Raggi, che tra l'altro secondo Berdini se l'intende con Romeo “sono amanti”, l'ex assessore all'Urbanistica ha aggiunto: "Su certe scelte sembra inadeguata al ruolo che ricopre. I 'grand commis' dello Stato, che devo frequentare per dovere, lo vedono che è impreparata. Ma impreparata strutturalmente, non per gli anni. Se vai, per dirne una, a un tavolo pubblico e dici che sei sindaco di Roma, spiazzi tutti. Lei invece… Mi dispiace. Mi dispiace molto - continua Berdini - Se lei si fidasse delle persone giuste… Ma lei si è messa in mezzo a una corte dei miracoli. Anche in quel caso, io glie l’ho detto: 'Aei sindaco, quindi mettiti intorno il meglio del meglio di Roma'. E invece si è messa in mezzo a una corte dei miracoli... s’è messa vicino una banda... È forte il sapore del rimorso e della rabbia per non essere stato ascoltato quando, da mesi, aveva avvisato la sindaca dei pericoli che Marra e il raggio magico portavano con sé. Io sono amico della magistratura, Paolo Ielo lo conosco benissimo, è un amico, ma lei è stata interrogata otto ore. Anche lì c’è qualcosa che non mi torna. Come se ne esce? Non lo so. Io questo non lo so".
Subito dopo la pubblicazione del colloquio Berdini nell'annunciare le sue dimissioni, subito “congelate” dalla Raggi (ma in un secondo momento diventate “irrevocabili”), ha cercato in tutti i modi di smentire e ridimensionare le sue “chiacchere” che, a suo dire, sarebbero state carpite alla chetichella da un “mascalzone. Non ho mai detto certe cose, è repellente ragionare su questo piano. Il ragazzo avrà contraffatto con i mezzi tecnologici a disposizione. Mi sono state messe in bocca parole inaudite da questo piccolo delinquente”.
In una nota pubblicata sul suo sito internet “La Stampa conferma parola per parola il colloquio con l’ex assessore Berdini pubblicato nell’edizione odierna a firma del giornalista Federico Capurso. Se umanamente si può comprendere l’imbarazzo dell’assessore, questo comunque non giustifica in alcun modo gli inaccettabili giudizi che Berdini ha pronunciato sul collega per cercare di smentire quanto riferito". Anzi l'intervista è stata “alleggerita di alcuni intercalari poco pubblicabili. Non c’erano attacchi più forti alla Raggi, c’erano alcune parolacce, usate come esclamazioni, ma le abbiamo tolte”. Come ad esempio: “Quando parlava della polizza e della Raggi, con la sindaca che aveva detto di non saperne nulla, Berdini diceva ‘a chi cazzo lo vuoi raccontare’? E poi quando parlava di questa ‘banda’, che la Raggi si sarebbe messa intorno, invece di dire banda Berdini ha detto una banda di assassini”.
Insomma anche Berdini è finito nel mirino della “banda Raggi” per le perplessità espresse in merito alla grande speculazione edilizia che si preannuncia intorno al progetto per il nuovo stadio dell'As Roma.
E mentre la giunta e il consiglio comunale si apprestano a dare il via libera ai palazzinari di inondare Roma con una nuova colata di cemento, centinaia di attivisti aderenti ai vari movimenti di lotta (Carovana delle Periferie, rete Decide Roma, Usb e Forum Salviamo il Paesaggio) che si battono contro i tagli alla scuola, all’edilizia pubblica, alla sanità e per la tutela dei posti di lavoro e del territorio, si sono riuniti il 7 febbraio nella sala della protomoteca del Campidoglio per denunciare fra l'altro che fino a “Qualche mese fa speravamo che tutto cambiasse, ma non è cambiato niente... Abbiamo vissuto questi mesi con spirito di collaborazione, ma vediamo che anche il ragionamento, insufficiente, sull’onestà è stato vanificato dagli accadimenti recenti... L’assemblea non si capacita di come i consiglieri comunali della larghissima maggioranza a 5 Stelle abbiano esultato per l’approvazione del bilancio. E di come ci si inchiodi al rispetto di procedure che andrebbero messe in discussione, come la legge Madia sull’esternalizzazione dei servizi locali... Questa è la modalità della vecchia politica” in perfetta continuità con tutte le altre cosche parlamentari e di “Mafia Capitale”.
15 febbraio 2017