La giunta Raggi e l'inganno della “diversità” del M5S
L'impegno di Grillo, Casaleggio e De Maio per coprire e sostenere la loro creatura
Ad appena sette mesi di distanza dal suo trionfale insediamento in Campidoglio, alla presenza dei massimi esponenti nazionali e al grido di “onestà onestà”, la giunta cinquestelle romana di Virginia Raggi sta già mostrando la corda, squassata dalla lotta per bande che infuria nel M5S romano, decimata da dimissioni in serie dei suoi assessori e raggiunta da diversi avvisi giudiziari arrivati fino a colpire la stessa sindaca.
L'avviso di garanzia alla sua assessora all'Ambiente Paola Muraro, l'arresto del suo capo del personale Raffaele Marra, i due avvisi di garanzia ricevuti per abuso d'ufficio e falso in ordine alla promozione irregolare del fratello di Marra alla direzione del dipartimento Turismo, e l'oscuro caso delle tre polizze assicurative per 41 mila euro aventi lei stessa come beneficiario in caso di morte del contraente, e accese dal suo ex capo di gabinetto, Salvatore Romeo, anch'egli indagato dalla procura di Roma per concorso in abuso d'ufficio, sono solo alcune tra le più clamorose vicende che hanno gettato la giunta pentastellata capitolina nella bufera e fatto precipitare al minimo la sua credibilità politica.
Ad aumentare il caos si sono aggiunti in questi giorni altri casi non meno clamorosi, come le dichiarazioni carpite da un giornalista all'assessore all'Urbanistica, Paolo Berdini, che aveva descritto la Raggi come “inadeguata al ruolo che ricopre”, chiacchierata come “amante” di Romeo e circondata da una “corte dei miracoli”, e che per questo e anche per la sua differenza di vedute con la sindaca sul nuovo stadio della Roma ha dovuto dimettersi. E come il caso sollevato dalle indiscrezioni su alcuni sms presenti sul telefonino sequestrato a Marra, pubblicati però in forma parziale, che tiravano in ballo il vicepresidente della Camera e aspirante candidato premier dei cinquestelle, Luigi Di Maio, il grande sponsor politico della Raggi, facendolo apparire come protettore di Marra e sbugiardando le sue dichiarazioni di essere sempre stato favorevole alla sua rimozione, a cui però si era sempre opposta la Raggi. Accuse a cui Di Maio e Grillo hanno reagito pubblicando i testi completi degli sms che le ridimensionavano, e querelando i tre quotidiani - “Repubblica”, “Corriere” e “Messaggero” - che li avevano pubblicati senza effettuare una verifica.
Ultimo, ma non per importanza, è scoppiato il caso del nuovo stadio della Roma (si vede l'articolo nella pagina seguente), la megaspeculazione edilizia da almeno 1,5 miliardi e 900 mila metri cubi di cemento prevista nella zona di Tor di Valle, con una variante al piano regolatore firmata dalla giunta Marino ed ereditata da quella Raggi, che da parte sua è intenzionata ad accettarla con una piccola riduzione di cubatura, e con la motivazione che altrimenti i possessori dell'area potrebbero intentare una causa milionaria alla giunta capitolina. Cosa che ha fatto infuriare la base del movimento per la palese violazione delle promesse elettorali, e creato contraddizioni persino tra i consiglieri del M5S, nonché le critiche dell'avversaria dichiarata della Raggi, la deputata romana Roberta Lombardi. Tanto che per zittirla e mettere a tacere anche qualsiasi dissenso della base è dovuto intervenire lo stesso Grillo con un paio di anatemi scagliati dal suo blog.
Una banda di “affaristi dentro e fuori il movimento”
Per far fronte a questo caos Grillo aveva già blindato la Raggi abolendo le dimissioni obbligatorie per chi riceve avvisi di garanzia, e il 20 febbraio è sceso personalmente a Roma per riprendere il controllo della situazione. Ma non potrà mai recuperare il danno politico e di immagine che tutte queste vicende hanno causato alla sua creatura e agli slogan demagogici che avevano fatto fin qui la sua fortuna elettorale, mettendo a nudo tutta la falsità del mito della “diversità” del M5S rispetto a tutti gli altri partiti borghesi invischiati nella corruzione e negli scandali.
Non soltanto infatti la giunta Raggi, che doveva essere il modello su cui costruire l'eventuale futuro governo nazionale dei cinquestelle, sta naufragando nella guerra per bande che infuria tra le varie consorterie politiche del M5S romano, già evidente fin dalle “comunarie” che avevano laureato la Raggi come candidata al Campidoglio a spese del suo avversario Marcello De Vito, sponsorizzato dalla Lombardi, azzoppato da un dossier confezionato dallo stesso “raggio magico” facente capo alla sindaca. Ma proprio quest'ultimo, garantito politicamente da Di Maio e tollerato da Grillo e Casaleggio, si è rivelato essere, oltre che un centro di intrighi, uno snodo con ambienti influenti della destra romana, da cui proviene la Raggi e da cui è sempre più evidente che era stata sponsorizzata, e finanche con personaggi e ambienti corruttivi implicati in “Mafia Capitale”.
Altrimenti non si capirebbe l'accanimento con cui la Raggi si era opposta fino all'ultimo al licenziamento di Marra, uomo del caporione fascista Alemanno fin da quando costui era ministro dell'Agricoltura e personaggio chiave delle allora giunte di destra al Comune di Roma e alla Regione Lazio. Per non parlare della sudditanza della giunta Raggi ad inconfessabili interessi speculativi, come il caso di Tor di Valle autorizza a sospettare. Non per nulla in un'intervista a “La Stampa” la dimissionata Paola Muraro ha dichiarato che “c'è all'opera un gruppo trasversale di affaristi dentro e fuori il Movimento. L'ho capito dall'interno. Un'esperienza che mi ha aperto gli occhi. Per questo dico agli attivisti 5 Stelle: io ho fatto da scudo umano, voi svegliatevi prima che sia tardi”.
Per Grillo e Di Maio la colpa è dei giornalisti
L'ex assessora all'Ambiente, a proposito del marcio emerso nella giunta Raggi, adombra anzi qualcosa di ben più grosso degli scandali dello stipendio triplicato di Romeo e della nomina di Marra: “Sono specchietti per le allodole. Parliamo di qualche decina di migliaia di euro. Il business dei rifiuti a Roma vale miliardi. Acea può diventare la multiutility più grande d'Europa. Quello che destra e sinistra non sono riusciti a realizzare, potrebbero farlo i grillini”, ha detto infatti dopo aver sottolineato che “la nomina del direttore generale dell'Ama, l'azienda rifiuti della Capitale, fu fatta da Casaleggio attraverso tale avvocato Lanzalone”; che questi in pieno agosto si presentò a una riunione con una lista di candidati preconfezionata e Bina, il prescelto, veniva dall'azienda rifiuti di Voghera, dove faceva appena il 30% di differenziata; che lei si oppose a quella nomina ma fu zittita.
Le vicende della giunta Raggi non possono quindi restare confinate nell'ambito romano, ma investono palesemente tutto il M5S nazionale, fino a Grillo e Casaleggio e al loro candidato preferito, Di Maio. Essi cercano di uscire dal pantano in cui si trovano invischiati attaccando la stampa di regime, a cominciare da “Repubblica”, “Stampa”, “Corriere della Sera” e “Messaggero”, accusati di inventarsi storie prefabbricate per screditare il movimento, stilando anche una lista di proscrizione di stampo fascista contro giornalisti a loro dire al servizio di questa campagna politica.
Campagna che pure esiste, da parte di questi giornali, che da quando è nata non hanno mai smesso di tallonare passo passo la giunta Raggi, mentre chiudevano volentieri gli occhi davanti agli scandali del PD di Renzi, vedi il caso clamoroso del silenzio sulla vicenda Consip in cui risultano indagati il ministro Lotti e il padre di Renzi. Ma di qui a dire che questi giornali si sono inventati tutto ce ne corre. Semmai hanno semplicemente approfittato degli innumerevoli passi falsi, bugie e scandali che i protagonisti di quelle vicende hanno fornito loro su un piatto d'argento.
22 febbraio 2017