Nel 2016 gli infortuni sul lavoro sono tornati a salire
L'ecatombe dei morti sul lavoro
Più di mille morti in un anno
Ai dati ufficiali sfuggono gli infortuni mortali nel lavoro nero
La sicurezza costa denaro e gli imprenditori cercano di farne a meno, questa è una cosa risaputa. Ma forse non tutti sanno che i dati forniti dall'Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (Inail) sono parziali perché non comprendono alcune categorie che sono iscritte ad altri istituti e per la piaga del lavoro nero che coinvolge migliaia di lavoratori. Inoltre l'Istituto spesso non riconosce incidenti considerati a "rischio generico" e “casuali”. (ossia poteva capitare a chiunque di morire in quel modo, a prescindere dal lavoro svolto) su cui ci sarebbe molto da discutere.
Tutti i numeri e le statistiche si basano esclusivamente sui dati forniti dall'Inail che già da soli sono sconfortanti. Per la prima volta dopo 10 anni nel 2016 gli infortuni tornano a salire arrivando a 636.812 denunce, con un aumento dello 0,7% rispetto al 2015. Un numero in cui sono incluse le morti, gli incidenti gravi e quelli lievi, compresi quelli avvenuti nel tragitto casa-lavoro, cifre altissime che si possono paragonare ai morti e feriti di una guerra e neanche tanto piccola.
L'Inail cerca di attirare l'attenzione sulla diminuzione degli incidenti mortali, passati dai 1172 del 2015 ai 1018 del 2016. Ma forse è proprio in questo caso che si può parlare di “casualità”, quella che certe volte passa tra un incidente mortale e uno molto grave che in ogni caso rende invalido per sempre il lavoratore. Di queste morti circa 3 su 4 avvengono sul posto di lavoro.
Come dicevamo però i dati relativi all'Inail riguardano 21 milioni di lavoratori, a questi vanno aggiunti i vigili del fuoco, poliziotti, giornalisti e altre categorie che sono assicurati con altre sigle e che ammontano a circa due milioni di lavoratori. In più si calcola che siano almeno tre milioni coloro che, a causa del lavoro nero, praticamente sono dei fantasmi che sfuggono a qualsiasi statistica.
Il dato Inail va però a scontrarsi con quello raccolto dall’Osservatorio indipendente di Bologna che dal 2008 registra i morti sul lavoro e i casi di infortunio. L’Osservatorio segnala, infatti, addirittura un aumento dei decessi del 31%, considerando anche i casi di incidenti sul lavoro dove sono coinvolti i braccianti non assicurati e non risultanti nelle liste Inail.
L'osservatorio bolognese, presieduto da un ex metalmeccanico in pensione, Carlo Soricelli, calcola che i morti nel 2016 siano stati addirittura 1400. La discrepanza è causata dal metodo di rilevamento poiché il suo lavoro si basa sul monitoraggio di tutti i fatti di cronaca riportati dai mass-media, facendo un lavoro certosino con l'aiuto di alcuni collaboratori, tutto a titolo gratuito e volontario.
In questo modo vengono conteggiati i morti che per l'Inail sono, per così dire, “resuscitati” ma neanche l'Osservatorio può conteggiare gli incidenti più lievi. Non solo ovviamente quelli di chi lavora dove imperano il nero e il caporalato ma anche di chi è assunto regolarmente. Nelle quasi 637 mila denunce totali del 2016 non compaiono tutte quelle situazioni in cui il padrone, per evitare che gli venga alzato il premio assicurativo o che scattino per lui conseguenze penali, convince il suo dipendente a dire che non si è fatto male durante il lavoro, ma “che stava a casa".
L'Osservatorio poi separa le morti avvenute sul luogo di lavoro da quelle avvenute in strada o in itinere, cioè nel tragitto da casa alla fabbrica o all'ufficio. Non perché non consideri anch'esse morti sul lavoro ma per avere un quadro più chiaro di quali sono realmente i lavori più a rischio. Come tutti gli anni è l’agricoltura a pagare un prezzo elevatissimo di sangue con il 31% di tutte le morti per infortuni sui luoghi di lavoro e delle morti in questo settore ben il 65% sono provocate dal trattore che si capovolge.
La seconda categoria con più morti sui luoghi di lavoro è l’edilizia con il 19,6%. La caduta dall’alto è il maggior fattore di rischio. È l’autotrasporto con il 9,3% dei morti la terza categoria con più vittime. In questo comparto sono inseriti i morti di diversi settori, riconducibili tutti al mondo della logistica, movimentazione e distribuzione merci. Un settore dove i lavoratori hanno dato vita negli ultimi anni a dure ed esemplari lotte per combattere condizioni di lavoro che rasentano la schiavitù e che interessano una mano d'opera in buona parte costituita da migranti, dove le misure di sicurezza vengono sistematicamente e pesantemente ignorate.
Seguono l’industria, che ha complessivamente l’8,2% delle morti. Poi gli artigiani delle più svariate categorie che muoiono numerosi, soprattutto nelle imprese appaltatrici. La strage riguarda anche un numero impressionante di Partite Iva che non sono inserite tra le morti sul lavoro nelle statistiche dell’Inail. Un altro dato impressionante è quello dell'età: il 27,7% dei morti sul lavoro ha più di 61 anni. Si trattengono gli anziani e si fanno morire a svolgere lavori pericolosi per svolgere i quali non hanno più la salute e i riflessi pronti mentre i giovani sono costretti alla disoccupazione o a emigrare.
Il numero dei decessi sul lavoro colloca l'Italia ai primi posti in Europa, stanno peggio di noi solo paesi come la Lituania e la Romania. A livello territoriale la regione con più morti si conferma la Campania seguita dall'Emilia-Romagna. Le province in cima a questa triste classifica sono Napoli con 22 morti, seconda è la provincia di Vicenza con 20 morti, a cui segue a ruota quella di Brescia con 18 morti. Un altro aspetto messo in evidenza dall'Osservatorio sono i lavoratori caduti o rimasti feriti nel corso dei terremoti dell'Emilia e quello recente del Centro Italia che dimostrano come gli edifici industriali siano costruiti senza alcuna norma antisismica.
Chiudiamo con le malattie contratte sul lavoro che registrano ancora un aumento. Almeno su questo concordano sia l'Osservatorio bolognese che l'Inail: secondo quest'ultimo nel 2016 si sono avute 60.347 denunce di malattie professionali, con un aumento (+2,3%) rispetto al 2015. Questo tipo di malattie ci sta lasciando in eredità 4 morti di media al giorno.
Vengono spesi tanti soldi per la formazione in sicurezza ma gli infortuni non diminuiscono. L'Osservatorio di Bologna e l'Anmil, l'associazione dei lavoratori mutilati o invalidi del lavoro denunciano come questi corsi siano fatti spesso con grande “sufficienza” e senza prove pratiche. Le due associazioni consigliano di svolgere i corsi nelle fabbriche anziché come avviene ora negli uffici, tramite computer e opuscoli e senza alcun riferimento pratico.
La tecnologia a fa passi da gigante e lo stesso si potrebbe dire per la medicina preventiva. Tutto ciò dovrebbe contribuire alla diminuzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali che invece anziché diminuire ogni anno rimangono stabili o addirittura crescono. L'ennesima dimostrazione che nel capitalismo il profitto va avanti a tutto, compresa la salute e la vita dei lavoratori.
22 febbraio 2017