Prendiamo esempio da Marx per portare fino in fondo i nostri compiti rivoluzionari
di Giovanni Scuderi
Esistono tante biografie di Marx. Alcune benevole altre malevole. A parte quella importante scritta da Lenin, nessuna di esse però equivale a quanto Marx ha detto di se stesso nella corrispondenza intrattenuta con i suoi interlocutori, specie con Engels. Peccato che quest’ultimo non sia riuscito a scriverne la biografia, come si era proposto.
Le citazioni autobiografiche di Marx che da questo numero de “Il Bolscevico” cominciamo a pubblicare, in occasione del 134° Anniversario della sua scomparsa, che cade il 14 marzo di quest’anno, danno gli elementi essenziali per sapere come egli viveva e che faceva, quali erano i suoi problemi personali e familiari, le sue preoccupazioni, il suo impegno politico e le sue lotte, i suoi studi e la sua produzione letteraria.
In particolare abbiamo la conferma del suo forte e fraterno legame con Engels, che avevamo già registrato nelle citazioni autobiografiche di questi, pubblicate su “Il Bolscevico” dell’anno scorso.
I due cofondatori del socialismo scientifico e grandi maestri del proletariato internazionale fin da quando si sono conosciuti a Parigi nel settembre del 1844, allora Marx aveva 26 anni e Engels 24, hanno lavorato assieme per 40 anni in perfetta intesa ideologica e politica e aiutandosi reciprocamente.
Marx considerava Engels il suo “alter ego”
, il suo “amico più intimo”
, tanto da non avere “nessun segreto per lui”
. Lo teneva talmente in considerazione da dirgli: “Più di ogni cosa devo avere la tua opinione”
, perciò non mancava di chiedergli consigli e pareri sulla sua elaborazione teorica. Ed era tanta la loro affinità di pensiero che Marx non si peritava di chiedere a Engels di scrivergli articoli che mandava ai giornali, come per esempio, quelli tra il 1857 al 1860, per “La Nuova enciclopedia americana”. Engels si prestava ben volentieri a questo compito per dare a Marx più tempo per studiare e redigere le sue opere economiche più impegnative, quali “Il Capitale”, di cui il prossimo luglio ricorre il 150° Anniversario, e “Per la critica dell’economia politica”. Consapevole, come ha detto Marx, che Il Capitale era “il missile più tremendo che mai sia stato scagliato in testa ai borghesi (inclusi i proprietari fondiari)”
.
Si scrivevano regolarmente e si incontravano spesso a casa dell’uno o a casa dell’altro, e quando Engels, nel settembre1870, si trasferì da Manchester a Londra i loro incontri diventarono quasi quotidiani.
Engels fu il primo a constatare il decesso di Marx. Ecco come lo racconta a Sorge, ex segretario della Iª Internazionale: “Sono arrivato alle 14,30, l’ora che egli preferiva per la visita quotidiana. La casa era in lacrime, dicevano che sembrava vicino alla fine… Si era verificata una piccola emorragia, seguita da un improvviso collasso. La nostra brava vecchia Lenchen, che lo ha curato come neanche una madre curerebbe il proprio bambino, è andata di sopra ed è poi ridiscesa. Ha detto che si era assopito e che io potevo salire. Quando siamo entrati, egli giaceva nel letto addormentato, ma per non risvegliarsi mai più. Non c’erano più né polso, né respiro. In due minuti era spirato, serenamente e senza dolore… Forse, l’abilità dei medici gli avrebbero potuto assicurare ancora qualche anno di esistenza vegetativa… tuttavia, il nostro Marx non lo avrebbe mai sopportato. Vivere con tutti quei lavori incompiuti davanti a sé, anelando, come Tantalo, a portarli a termine senza poterlo fare, sarebbe stato per lui mille volte più amaro della dolce morte che lo ha sorpreso”
.
La salute
Certo è che Marx era molto provato, sia per la morte di sua moglie prima e della figlia Jenny poi, sia per le sue precarie condizioni di salute.
In tutta la sua vita, specie negli ultimi 10 anni, ha avuto seri problemi causati dai favi, i foruncoli, il fegato, i reumatismi, gli occhi, i denti, la pleurite, il catarro bronchiale, la tosse, l’infezione del sangue, l’insonnia, le emorroidi. Una volta ha scritto: “Mi sono trovato continuamente sull’orlo della tomba”
.
Nonostante ciò Marx non si risparmiava nel compiere la missione che si era dato, quella di fornire al proletariato le basi teoriche rivoluzionarie per liberarsi dal capitalismo e conquistare il potere politico e il socialismo. Come ha detto sua figlia Eleanor “Per lui c’era qualcosa che stava al di sopra di tutto: la devozione alla causa. Egli cercò di portare a termine la sua grande opera
(Il Capitale, ndr) e perciò acconsentì, ancora una volta, a fare un viaggio per rimettersi in salute”
. Ad Algeri, per curarsi la bronchite acuta, la tosse e la pleurite, ma non gli servì a nulla.
Quando grande fosse la devozione di Marx alla causa e la sua determinazione a portarla fino in fondo, senza farsi condizionare nemmeno dai problemi personali, è testimoniata anche dalla moglie Jenny von Westphalen. In una lettera a Ludwig Kugelmann del 24 dicembre 1867 ha dichiarato: “E’ ben raro che un libro
(Il Capitale, ndr) sia stato scritto in circostanze più difficili, e io ne potrei scrivere la storia segreta che metterebbe alla luce infinite preoccupazioni e angoscia e tormenti sconosciuti. Se gli operai avessero un’idea dell’abnegazione che è stata necessaria per portare a termine quest’opera, scritta soltanto per loro e nel loro interesse, forse dimostrerebbero un po’ più di interesse. I lasselliani, a quanto pare, sono stati i primi ad accaparrarsi il libro per deformarlo a dovere”
.
In un’altra lettera inviata a uno dei fondatori della Iª Internazionale nel gennaio 1866, ella ha scritto: “Da una settimana mio marito è di nuovo a letto per la sua vecchia pericolosa malattia, che gli procura tanta sofferenza… Io credo che questa nuova eruzione
(di favi, ndr) sia da ricondurre unicamente e soltanto all’eccesso di lavoro, alle continue veglie notturne”
.
Lo studioso
In effetti Marx era uno studioso instancabile. Spesso stava in biblioteca per 10 e più ore. Lui stesso ha scritto: “Di giorno andavo al Museum
(cioè alla Biblioteca del British Museum di Londra, ndr) e di notte scrivevo”
. All’età di 53 anni ha scritto: “Anche se il giorno avesse 48 ore, da mesi non avrei ancora terminato il mio compito giornaliero”
. In qualche opera di autori dell’epoca si legge che Marx “lavorava giorno e notte”
e “dormiva non più di quattro ore per notte”
.
Marx aveva una mente enciclopedica e una inesauribile curiosità intellettuale. Conosceva otto lingue, tra cui l’italiano e il russo. Divorava i libri, non tanto per il gusto di sapere, quanto per dare una base scientifica alle sue opere. Per questo studiava testi di filosofia, economia politica, storia, diritto, origine dello Stato, arte, letteratura, religione, matematica, fisica, chimica, tecnica, fisiologia, geologia, agrochimica e altre discipline.
Negli ultimi dieci anni della sua vita, i più duri a causa del peggioramento della sua salute, continuò le sue ricerche sull’essere umano, le piante, gli animali e le estese a nuove discipline, tra cui l’antropologia.
Tra l’altro, in quel periodo, ha compilato una cronologia ragionata sui principali avvenimenti politici, economici e sociali della storia mondiale, a partire dal I secolo a.c. Per questo utilizzò anche la “Storia dei popoli italiani” (1825) di Carlo Botta. Nella cronologia dette ampio spazio agli avvenimenti in Italia, dalla storia dell’antica Roma.
In precedenza, fin dal 1848, ha scritto degli articoli per noi molto importanti, che non possiamo non studiare, sul Risorgimento italiano, sui suoi protagonisti, quali Garibaldi, Mazzini e Cavour, e sulle regioni italiane, specialmente sul Piemonte, la Lombardia, la Sardegna e la Sicilia.
Marx si autodefiniva “una macchina condannata a divorare libri per buttarli fuori, in forma diversa, sul letamaio della storia”
. (Lettera a Laura e Paul Lafarge, 11 aprile 1868).
La miseria
Marx per lunghi periodi ha vissuto nella miseria più nera che, tra l’altro, provocò la morte di tre dei suoi bambini. I primi sei anni del suo esilio a Londra, dal 1850 al 1856, furono i peggiori.
Si risollevò grazie all’eredità di un suo zio e di sua suocera. Per venti anni, dal 1850 al 1870, che corrispondono in larga parte al periodo della stesura de “Il Capitale”, Marx e la sua famiglia sarebbero morti per fame se non fossero stati sostenuti finanziariamente da Engels.
Per avere un’dea della miseria che pativa la famiglia di Marx, è sufficiente leggere la seguente lettera della moglie di Marx:
Jenny Marx a Joseph Weydemeyer, a Francoforte sul Meno
Londra, 20 maggio 1850
Caro signor Weydemeyer,
tra poco è passato un anno da quando io trovai presso di Lei e la Sua cara signora un'accoglienza così amichevole e cordiale, da quando io mi sentii così bene e familiarmente a casa Sua e in tutto questo lungo periodo non ho dato un segno di vita; ho taciuto quando Sua moglie mi scrisse così affettuosamente, sono rimasta zitta persino quando ricevemmo la notizia della nascita del Suo bambino. Questo silenzio spesso ha oppresso anche me, ma io ero per lo più incapace di scrivere e anche oggi mi riesce difficile, molto difficile.
Solo la situazione mi costringe a metter mano alla penna: io La prego di mandarci al più presto possibile il denaro incassato o da incassare della “Revue”. Ne abbiamo molto, molto bisogno. Certamente nessuno potrà rimproverarci di aver fatto gran mostra di ciò che da anni abbiamo sacrificato e sofferto, il pubblico non è stato quasi mai o solo poco infastidito con le nostre faccende personali, mio marito è molto suscettibile in queste questioni, e preferisce sacrificare tutto fino all'ultimo piuttosto che abbandonarsi alla questua democratica pubblica come i grandi uomini ufficiali. Egli però poteva attendersi dai suoi amici, a Colonia specialmente, un impegno attivo ed energico per la sua “Revue”. Questo impegno poteva attenderselo in primo luogo proprio là dove i suoi sacrifici per la “Rh. Z.” erano ben noti. Invece l'impresa è stata completamente rovinata per la negligenza e il disordine con cui è stata condotta e non si sa che cosa abbia danneggiato di più, se i ritardi dell'editore e quelli dei rappresentanti e conoscenti a Colonia, o tutto il comportamento dei democratici in generale.
Mio marito qui è quasi stato schiacciato dalle preoccupazioni più meschine della vita borghese, e ciò in una forma così vergognosa che sono state necessarie tutta l'energia, tutta la serena, chiara, calma autocoscienza della sua natura per tenerlo in piedi in mezzo a queste lotte di ogni giorno, di ogni ora. Lei sa, caro signor Weydemeyer, quali sacrifici ha fatto mio marito per il giornale, egli ha investito migliaia di marchi in contante, egli assunse la proprietà del giornale, a ciò convinto dalle chiacchiere dei galantuomini democratici, che altrimenti avrebbero dovuto rispondere dei debiti, in un momento in cui ormai vi erano assai poche prospettive di continuare le pubblicazioni. Per salvare l'onore politico del giornale, e l'onore borghese dei conoscenti di Colonia, si addossò tutti i debiti, sacrificò la macchina da stampa, che era sua, sacrificò tutte le sue entrate, anzi alla partenza si fece prestare 300 talleri per pagare l'affitto del locale affittato da poco, gli onorari in sospeso dei redattori ecc., mentre lui veniva cacciato con la forza.
Lei sa che non abbiamo conservato nulla per noi, io venni a Francoforte per impegnare la mia argenteria, l'ultima cosa che c'era rimasta; a Colonia feci vendere i miei mobili perché ero in pericolo di vedere sequestrate la biancheria e tutte le altre cose. Mio marito, all'inizio dell'epoca infelice della controrivoluzione, andò a Parigi, io lo seguii con i miei tre bambini. Appena stabilito a Parigi, viene espulso, e a me e ai miei figli si nega di rimanere. Io lo seguo al di là del mare. Dopo un mese nasce il nostro quarto bambino. Dovrebbe conoscere Londra e la situazione qui, per sapere che cosa vogliono dire 3 figli e la nascita di un quarto. Soltanto di affitto dovevamo pagare ogni mese 42 talleri. Tutto questo potemmo pagarlo col nostro patrimonio. Ma le nostre piccole riserve si esaurirono, quando la “Revue” cominciò ad uscire. Nonostante gli accordi i soldi non arrivavano e poi arrivarono solo singole, piccole somme, sicché noi ci trovammo qui nella situazione più terribile.
Le descriverò una sola giornata di questa vita, come era, e Lei vedrà che forse solo pochi profughi hanno sopportato cose simili. Poiché le balie qui sono carissime, mi decisi, nonostante dolori terribili e continui al petto e alle spalle, a nutrire io stessa il mio bambino. Il povero piccolo angelo succhiava da me, tuttavia, tante preoccupazioni e silenziose sofferenze, che era continuamente malato, e aveva giorno e notte le convulsioni. Da quando è al mondo non ha dormito una notte intera, al massimo da due a tre ore. Negli ultimi tempi sono sopravvenuti crampi violenti, tanto che il bambino ha continuamente oscillato tra la morte e una misera vita. Quando aveva questi dolori succhiava con tanta forza che mi venivano piaghe al petto, che poi sparivano. Spesso il sangue gli scorreva nella piccola bocca tremante. Un giorno ero in queste condizioni, quando la nostra padrona di casa, cui nel corso dell'inverno avevamo pagato più di 250 talleri, e con la quale avevamo stabilito contrattualmente di pagare in seguito non a lei ma al suo padrone, il quale in passato le aveva già fatto un pignoramento, venne a casa e rinnegò il contratto, pretendendo le 5 sterline che ancora le dovevamo, e poiché non le avevamo subito (la lettera di Naut arrivò troppo tardi), vennero in casa due uscieri, misero sotto sequestro le mie poche cose, letti, biancheria, vestiti, tutto perfino la culla del mio povero bambino, i giocattoli migliori delle bambine che se ne stavano lì piene di lacrime. Minacciarono di portare via tutto in due ore: e così restavo sulla nuda terra con i miei bambini infreddoliti, il mio petto piagato. Il nostro amico Schramm si precipitò in città per cercare aiuto. Salta su una carrozza, i cavalli si imbizzariscono, si butta giù dalla vettura, e ce lo riportano sanguinante a casa, dove io piangevo con i miei poveri bambini tremanti.
Il giorno dopo dovemmo lasciare la casa; era una giornata fredda, piovosa e grigia, mio marito cerca un'abitazione, nessuno ci vuol prendere quando parla di quattro bambini. Alla fine un amico ci viene in aiuto. Noi paghiamo e io vendo in fretta tutta la mia biancheria da letto, per pagare il farmacista, il fornaio, il macellaio, il lattaio che, intimoriti dallo scandalo del pignoramento, si erano precipitati da me con i loro conti. I letti venduti vengono portati davanti alla porta, caricati su di un carro, e che succede? Si era fatto tardi, dopo il tramonto la legge inglese proibisce ciò, il padrone di casa si fa avanti con delle guardie, afferma che potrebbero esserci anche delle cose sue, e che noi vogliamo fuggir all'estero. In meno di cinque minuti stanno davanti alla porta da due a trecento curiosi, tutta la teppa di Chelsea. I letti tornano indietro, solo il giorno dopo, dopo il levare del sole, essi poterono essere dati al compratore; ora che, avendo venduto tutto quanto avevamo ci trovavamo in condizioni di dover pagare ogni centesimo, presi alloggio con i miei piccoli cari nelle nostre due attuali camerette nell'hotel tedesco, 1 Leicester Street, Leicester Square, dove per 5 sterline e mezzo la settimana abbiamo trovato un'accoglienza umana.
Mi perdoni, caro amico, se io ho descritto così lungamente e dettagliatamente addirittura solo un giorno della nostra vita qui; lo so, ciò è indiscreto, ma stasera il mio cuore era tutto nelle mie mani tremanti, e bisognava che una buona volta mi sfogassi con uno dei nostri più vecchi, migliori e fedeli amici. Non creda che queste meschine sofferenze mi abbiano piegato, io so anche troppo bene che la nostra lotta non è isolata e che io in particolare faccio parte delle donne felici e favorite dal destino, perché il mio caro marito, il sostegno della mia vita, è ancora al mio fianco. Ma ciò che davvero mi distrugge dentro, fa sanguinare il mio cuore, è che mio marito debba sopportare tante meschinità, mentre basterebbe poco per aiutarlo, e che lui che ha sempre aiutato tanta gente volentieri e con gioia, sia qui privo di ogni aiuto. Ma, come ho detto, caro signor Weydemeyer, Lei non deve credere che noi vogliamo far valere delle pretese verso chicchessia, se abbiamo dei prestiti da qualcuno, mio marito è ancora in grado di restituirli con il suo patrimonio. L'unica cosa che mio marito certo poteva pretendere da coloro che da lui avevano ricevuto pensieri, incitamento, sostegno era che fosse dedicata maggiore energia pratica, un maggiore interesse alla sua “Revue”. Io sono così orgogliosa e ardita da affermare che ciò era il poco che gli era dovuto. Non so nemmeno se mio marito ha
guadagnato veramente dieci soldi con i suoi lavori. Io penso che nessuno sia stato ingannato. Questo mi addolora. Ma mio marito la pensa diversamente. Egli non ha perduto la certezza del futuro, anzi nemmeno l'umore più sereno perfino nei momenti più terribili, ed era soddisfatto quando mi vedeva allegra e attorniata dai nostri cari bambini che mi accarezzavano. Lui non sa che io ho scritto a Lei, caro signor Weydemeyer, così dettagliatamente sulla nostra situazione, perciò non faccia alcun uso di queste righe. Egli sa solo che io l'ho pregata a suo nome di accelerare quanto più possibile la distribuzione e l'invio dei soldi. Io so che Ella farà uso di queste righe solo lasciandosi ispirare dalla Sua amicizia delicata e discreta per noi.
Stia bene, caro amico. Alla Sua cara signora dica le cose più affettuose da parte mia, e baci il Suo piccolo angelo da parte di una madre che ha versato alcune lacrime sul suo piccolo. Nel caso che Sua moglie allattasse, non le faccia sapere nulla di questa lettera. So bene come ogni agitazione sia nociva e danneggi i piccoli. Nonostante tutto i tre bambini più grandi crescono magnificamente. Le bimbe sono carine, fiorenti, allegre e di buon umore, e il nostro robusto ragazzo è un vero genio della comicità e ha le idee più buffe. Il piccolo folletto canta tutto il giorno buffe canzoncine con enorme pathos e una voce sonora, e quando fa risuonare con voce terribile le parole della Marsigliese di Freiligrath
«O Juni, komm und bring uns Taten,
Nach frischen Taten lechzt das Herz »
ne rimbomba tutta la casa. Forse la missione storica di questo mese, come dei suoi due disgraziati predecessori, sarà quella di aprire la lotta immane in occasione della quale potremo tutti ricongiungerci.
Stia bene.
La repressione
Marx era molto generoso, come testimonia sua moglie. Quando le finanze glielo permettevano non badava a spese per la causa. Nel 1848 spese la maggior parte dell’eredità paterna per aiutare gli insorti parigini e per creare l’organo di stampa della Lega dei comunisti a Colonia in Germania. Questo quotidiano diretto da Marx, di cui Engels era il braccio destro, adottò il titolo “Newe Rëinische Zeitung”. Durò quasi un anno, quando fu costretto a chiudere per la repressione giudiziaria e poliziesca del governo. Nell’ultimo numero si legge: “I redattori della ‘Newe Rëinische Zeitung’ nel prendere congedo vi ringraziano per la simpatia dimostrata loro. La loro ultima parola sarà sempre e dappertutto: Emancipazione della classe operaia”
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In quel quotidiano viene pubblicato, in una serie di articoli e di editoriali, l’opera di Marx “Lavoro salariato e capitale”, e, come dice Engels, “viene messo in luce il cretinismo parlamentare (secondo l’espressione di Marx) delle diverse cosiddette Assemblee nazionali”
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La direzione del giornale costò a Marx due processi, quello insieme a Engels sotto l’accusa di “vilipendio delle autorità” e quello da solo in relazione agli appelli a rifiutare di pagare le tasse e per la sobillazione alla rivolta.
Marx, in ottemperanza dell’ingiunzione di lasciare entro 24 ore la Prussia, si trasferì a Parigi, ma anche lì fu costretto, due anni dopo, a lasciare la Francia, assieme alla moglie. Andarono allora in Belgio e successivamente in Inghilterra, dove rimasero per il resto della loro vita.
Ma né la repressione e i disagi dell’emigrazione, né le malattie e la miseria riuscirono a piegare Marx, il cui impegno politico rivoluzionario era totale in ogni campo, anche in quello organizzativo. Basta pensare al contributo che egli ha dato alla Prima Internazionale, di cui è stato uno dei fondatori e tra i principali dirigenti assieme a Engels. Già nel 1848 si distingueva come organizzatore. Durante la rivoluzione in Germania, su richiesta degli operai accetta la direzione dell’Associazione operaia di Colonia sfidando la persecuzione governativa e trasformandola gradualmente in nucleo del futuro partito operaio di tutta la Germania. Emigrato a Londra, viene eletto presidente del comitato socialdemocratico degli emigranti impegnandosi al massimo per aiutare gli emigranti a trovare lavoro e la casa e per organizzare sottoscrizioni per loro.
Ispiriamoci a Marx
L’esempio dell’eccezionale vita rivoluzionaria di Marx non può non ispirare la nostra modesta vita marxista-leninista, non può non ispirare il nostro impegno a dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, a risvegliare il proletariato alla lotta rivoluzionaria, ad aprire la strada per l’avvento dell’Italia unita, rossa e socialista.
Ovviamente il nostro compito non è quello di Marx, ed è circoscritto all’Italia, anche se oggettivamente ha un riflesso internazionale, in quanto le esperienze rivoluzionarie marxiste-leniniste nazionali si influenzano l’una con l’altra.
Il nostro compito rivoluzionario è diverso, ma l’impegno per assolverlo non deve essere inferiore a quello di Marx, dando tutti noi stessi alla causa senza farsi condizionare né dalla durezza e dalle difficoltà della lotta di classe e dalle avversità politiche di ogni genere, né dalle poche forze umane, materiali ed economiche che disponiamo e dalle vicissitudini personali e familiari. In ogni momento, noi dobbiamo essere coerenti e conseguenti con le indicazioni di Mao sui marxisti-leninisti (vedi “Il Bolscevico” n. 27 del 2015).
Che le ricorrenze del 40° Anniversario della fondazione del PMLI, del 150° Anniversario della pubblicazione del primo volume del “Capitale” e del centenario della Grande Rivoluzione Socialista di Ottobre siano l’occasione per rituffarsi nel pensiero di Marx studiando, individualmente e collettivamente, le sue citazioni autobiografiche che pubblichiamo su “Il Bolscevico” e il “Manifesto del Partito comunista” che ha scritto assieme a Engels. Un'opera tanto temuta da Mussolini che nel 1923 la fece ritirare da tutte le biblioteche pubbliche e universitarie.
Dobbiamo fare questo studio pensando all’attuale situazione internazionale e nazionale e ai problemi che abbiamo di fronte per trasformare il mondo e noi stessi.
Con Marx per sempre, contro il capitalismo e per il socialismo!
8 marzo 2017