Nell'URSS di Stalin vigeva una sorta di capitalismo di Stato?

Cari Compagni,
credo possa affermarsi senza tema di smentite che non esista negli scritti di Karl Marx una teoria generale dello Stato.
Vi erano sicuramente talune lungimiranti indicazioni di massima come l'annullamento della divisione delle classi, l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, oltre che del rapporto di lavoro salariato. La nuova società comunista avrebbe quindi causato l'eliminazione dello Stato, poiché tale organizzazione era stata figlia del dominio di una classe ( borghesia) sull'altra ( proletariato) e avrebbe così cessato la propria funzione storica allorché le diverse classi sarebbero state eliminate, così da giungere ad un'uguaglianza sostanziale tra gli uomini.
Del resto fu lo stesso Marx ad essere recalcitrante a delineare una teoria compiuta dello Stato, osservando causticamente come “io non scrivo ricette per l'osteria dell'avvenire".
Quando però i bolscevichi presero il potere nel 1917 ebbero immediatamente la percezione che queste indicazioni di massima non servivano a molto nella situazione travagliata in cui si trovarono a governare. Bucharin confesserà candidamente: “Ci immaginavamo le cose nel modo seguente: assumiamo il potere, prendiamo quasi tutto nelle nostre mani, mettiamo subito in moto un'economia pianificata, non fa nulla se sorgono delle difficoltà, in parte le eliminiamo, in parte le superiamo, e la cosa si conclude felicemente. Oggi vediamo chiaramente che la questione non si risolve così”.
Del resto la contestata svolta della NEP che reintroduceva elementi di mercato nell'economia, non era palesemente una contraddizione rispetto all'ortodossia?
Venne quindi stabilito che sarebbe stato necessario pervenire in tempi rapidi ad un'industrializzazione (forzata) che rendesse il paese in grado di reggere la competizione con il mondo capitalistico ostile; occorreva quindi forzare le tappe di uno sviluppo armonico a favore di uno “sviluppo diseguale” in cui si dovesse fondare l'accumulazione di capitale necessario ai grandi investimenti a danno del settore agricolo, che costituiva a livello quantitativo la principale risorsa economica del Paese. A tal proposito furono lampanti le lotte contro i kulaki e la terribile carestia degli anni 1932-33.
Sempre Bucharin in una lettera a Kamenev del luglio 1928 esprime così il suo pensiero: “La linea di Stalin è questa: 'Il capitalismo è cresciuto o a spese delle colonie, o con i prestiti, o sfruttando gli operai. Noi colonie non ne abbiamo, di prestiti non ce ne danno, e perciò non possiamo che fondarci su un tributo imposto alle campagne'”.
Possiamo allora affermare nell'URSS, in particolar modo dopo la morte di Lenin, vigesse una sorta di capitalismo di Stato? Come definire il passaggio di proprietà delle industrie, delle catene di distribuzione, delle terre, ecc. da privata a statale, lasciando, nella sostanza, intatti i rapporti tipici del capitalismo e i suoi elementi costitutivi (merce, denaro, salario, profitto)?
Saluti socialisti e buon lavoro.
P.S. Vi ringrazio, infine, per avere dato riscontro alla precedente mail su Bordiga ed il cretinismo parlamentare.
AVANTI!
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L'adozione della NEP (Nuova politica economica) da parte del governo bolscevico nel 1921, con l'accettazione controllata di forma di capitalismo di Stato, di espansione del mercato capitalistico e dell'allentamento dei freni alla produzione mercantile privata nelle campagne si rese necessaria per superare la difficile situazione della Russia socialista, strangolata dall'accerchiamento economico e militare dell'imperialismo internazionale e devastato dalla guerra civile e dalla carestia. Lenin così la motivava, parlando alla VII Conferenza del Partito del Governatorato di Mosca nell'autunno 1921: “Il compito di passare alla nuova politica economica consiste in questo: dopo l'esperienza dell'edificazione diretta, in condizioni estremamente difficili, nel corso della guerra civile, allorché la borghesia ci imponeva forme di lotta accanita, nella primavera del 1921 ci trovammo di fronte a una situazione ben chiara, e cioè non già all'edificazione socialista diretta, ma alla necessità di ripiegare sulle posizioni del capitalismo di Stato in diversi settori dell'economia; non l'attacco impetuoso , ma il compito molto duro, difficile e ingrato di un lungo assedio, accompagnato da tutt'una serie di ritirate. Ecco quel che era necessario per avvicinarsi alla soluzione del problema economico, cioè per garantire il passaggio dell'economia ai principi del socialismo” .
E più oltre aggiungeva: “Ora ci troviamo nella situazione di dover tornare un po' indietro, non solo verso il capitalismo di Stato, ma anche verso il disciplinamento del commercio e della circolazione del denaro da parte dello Stato. Solo per questa via, più lunga di quanto supponevamo, potremo ricostruire la vita economica. Se non stabiliremo un giusto sistema di rapporti economici, se non ricostruiremo la piccola economia contadina, se non ricostruiremo e risolleveremo con le sole nostre forze la grande industria, non riusciremo a districarci dalla crisi. Altra via d'uscita non c'è” (“Lenin, la vita e l'opera”, Piccola biblioteca marxista-leninista, pg. 524).

Un adattamento tattico ad una situazione eccezionale
Dunque non si trattava di un cambiamento di linea strategica da parte del Partito Comunista Russo (bolscevico) guidato da Lenin e Stalin, ma di un aggiustamento tattico per superare una situazione eccezionale, salvare la dittatura del proletariato e riprendere successivamente con più forza l'edificazione del primo Stato socialista. D'altra parte, come tu hai osservato, e come lo stesso Lenin sottolineava nel rapporto all'XI Congresso del PCR(b) tenutosi nella primavera del 1922, sul capitalismo di Stato nelle condizioni della dittatura del proletariato mancava fino ad allora qualsiasi esperienza storica e perfino qualsiasi accenno teorico nei testi marxisti, perché quando se ne parlava era solo in riferimento al capitalismo di Stato nel regime capitalistico.
“Il capitalismo di Stato, – spiegava Lenin nel rapporto - secondo tutta la letteratura economica, è quel capitalismo che esiste in regime capitalistico, quando il potere statale controlla direttamente certe aziende capitalistiche. Ma il nostro è uno Stato proletario, che poggia sul proletariato, che al proletariato dà tutti i vantaggi politici e che attraverso il proletariato attira a sé dal basso le masse contadine”. Perciò, aggiungeva, “noi non vogliamo comprendere che quando diciamo 'lo Stato', questo Stato siamo noi, è il proletariato, è l'avanguardia della classe operaia. Il capitalismo di Stato è quel capitalismo di cui noi riusciamo a fissare i limiti; questo capitalismo di stato è legato allo Stato, e lo Stato sono gli operai, è la parte più progressiva degli operai, è l'avanguardia, siamo noi” (ibidem, pg. 547).
Quindi è vero che all'epoca della NEP, e anche successivamente, negli anni della prima industrializzazione, il capitalismo di Stato ha continuato ad esistere, ma era un capitalismo di Stato fermamente sotto il controllo e i limiti imposti dalla classe operaia, finalizzato soltanto a facilitare la transizione tra l'economia capitalista e quella socialista. Questa è la differenza fondamentale e strategica tra il capitalismo di Stato in regime capitalista e quello nelle condizioni della dittatura del proletariato.
Questo non significa che esso non comporti dei rischi di restaurazione del capitalismo, rischi che infatti Lenin e Stalin avevano ben presenti, e la lotta contro i kulaki ne è un esempio, che in questo regime transitorio ne avevano approfittato per arricchirsi e rialzare la testa, mentre com'è noto Bucharin sottovalutava gravemente tale rischio, tenendo su questa questione una posizione opportunista di destra.

Capitalismo di Stato e industria di Stato
Al XIV Congresso del PC(b) dell'URSS (1925), in piena lotta per l'industrializzazione, Stalin chiariva a fondo questo problema: “Noi lavoriamo e edifichiamo – sottolineava nel suo rapporto politico – nelle condizioni dell'accerchiamento capitalistico. Ciò significa che la nostra economia e la nostra edificazione si svilupperanno attraverso contraddizioni, attraverso conflitti tra il nostro sistema economico e il sistema economico capitalistico. Noi non possiamo sfuggire in nessun modo a questa contraddizione” (“Stalin la vita e l'opera”, Piccola biblioteca marxista-leninista, pgg. 217-18).
E a questo riguardo individuava in URSS cinque forme di economia: quella della piccola produzione contadina, la più importante produzione mercantile contadina, il capitalismo privato, che non era ancora stato liquidato, il capitalismo di Stato (esistente soprattutto nelle aziende in concessione a capitalisti stranieri) e l'industria socialista. Quest'ultima, l'industria di Stato, chiariva sempre Stalin, non poteva essere assolutamente assimilata ad un capitalismo di Stato, perché nel capitalismo di Stato, anche nelle condizioni della dittatura del proletariato, sono rappresentate due classi, la classe sfruttatrice, che detiene i mezzi di produzione, e la classe sfruttata, che non detiene i mezzi di produzione. Per esempio – spiegava – ciò avviene nelle concessioni, dove “abbiamo quella dei capitalisti, cioè dei concessionari che sfruttano e detengono temporaneamente i mezzi di produzione, e quella dei proletari che è sfruttata dai concessionari” .
Mentre invece, proseguiva Stalin, “prendiamo un altro tipo di impresa, l'impresa statale. È un'impresa del capitalismo di Stato? No. Perché? Perché non vi sono rappresentate due classi, ma una sola, la classe degli operai che mediante il suo Stato detiene gli strumenti e i mezzi di produzione e che non è sfruttata, poiché il massimo possibile di ciò che si ottiene nell'azienda oltre la somma destinata ai salari, è impiegato per sviluppare ulteriormente l'industria, cioè per migliorare la situazione di tutta la classe operaia nel suo insieme” (ibidem, pg. 220).
Pensiamo, caro compagno, che niente meglio di queste citazioni di Lenin e di Stalin, che ci siamo limitati a riportare, potessero chiarire con più precisione e con più efficacia le importanti questioni che hai sollevato. E in particolare che cosa si deve intendere per capitalismo di Stato e cosa invece per industria di Stato socialista, che cos'è stata la NEP e il ritorno della produzione mercantile contadina, quali sono state le complesse contraddizioni tra di loro e come sono state affrontate e risolte, per la prima volta nella storia, in modo dialettico e creativo dal Partito Comunista bolscevico guidato da Lenin e Stalin.
 
 
 

22 marzo 2017