Sentenza anti-islamica
La Corte di giustizia europea vieta il velo al lavoro
La Corte di giustizia europea ha stabilito in una sentenza del 14 marzo, relativa a cause di diversi anni fa di due donne islamiche in Francia e Belgio, che si può vietare il velo al lavoro e licenziare di conseguenza la dipendente che lo porta. La Corte del Lussemburgo ha sentenziato che non sarebbero una discriminazione diretta le norme interne di una azienda che vietano di indossare visibilmente “qualsiasi segno politico, filosofico o religioso” applicate in modo identico tutti i dipendenti.
La Corte europea rinviava al giudice nazionale la verifica se ci fosse stata una applicazione corretta del regolamento nelle due aziende del caso in giudizio e la verifica se nelle due aziende ci fosse stata la possibilità di cambiare mansione alle due lavoratrici in alternativa al licenziamento. Nulla toglie però alla gravità della sentenza della Corte europea che vieta il velo al lavoro, il velo assimilabile a un semplice foulard. Si tratta di una sentenza palesemente anti-islamica.
Non risultano infatti situazioni e sentenze, salvo motivi di sicurezza, che abbiano portato al licenziamento delle suore negli ospedali, dei lavoratori Sikh col turbante, dei lavoratori ebrei con la kippah né tantomento delle lavoratrici cattoliche con al collo vistose croci. La sentenza contraddice tra l'altro il divieto di discriminazione contenuto nella Direttiva Ue numero 78 dell'anno 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione.
“La decisione della Corte di giustizia europea legittima il perpetuarsi di pregiudizi e discriminazioni contro i musulmani, in particolar modo le donne di fede islamica, già ampiamente sotto attacco in Europa”, affermava Iverna McGowan, la direttrice dell'ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee, “c'è un clima ostile verso i musulmani sempre più sotto attacco. La retorica xenofoba e sempre più forte in Europa”. “Quello a cui assistiamo è il linciaggio di una cultura”, denunciava la responsabile di Amnesty .
Contro la sentenza si pronunciava tra gli altri il presidente della Conferenza dei rabbini europei Pinchas Goldschmidt che chiedeva ai governanti europei di “agire per assicurare che l’Europa non isoli le minoranze religiose e rimanga un continente diverso e aperto”.
22 marzo 2017