Renzi uomo del Mossad?
Renzi è un uomo del Mossad? O quantomeno, la sua ascesa politica è stata finanziata anche con i soldi del potente servizio segreto israeliano? La questione è stata sollevata da alcune vicende accadute un anno fa, ed è riemersa più di recente con l'archiviazione di un'inchiesta della Procura di Milano a carico di Luigi Zingales e Katerina Litvak, dall'accusa di diffamazione contro l'amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi. Archiviazione le cui motivazioni si rifanno anche ad un verbale di interrogatorio dell'ex manager Vincenzo Armanna, già indagato dalla Procura di Siracusa (titolare dell'inchiesta poi passata a Milano) per la maxitangente che Eni avrebbe pagato ai nigeriani per i diritti su un giacimento petrolifero, il quale sostiene che ci fu un complotto per far saltare Descalzi, candidato di Renzi, e far nominare al suo posto il consigliere Eni Umberto Vergine.
E ciò da una parte facendo pressioni su Marco Carrai, Luca Lotti e Andrea Bacci, fedelissimi del premier, e dall'altra, pur di realizzarlo, architettando una campagna di stampa per danneggiare Renzi, accusandolo di essere stato finanziato dal Mossad. “Mi fu chiesto di partecipare a questa operazione, ma rifiutai”, ha dichiarato Armanna, puntando il dito contro un imprenditore nigeriano, tale Kase Lawal, e su personaggi dell'entourage di Vergine e politici legati a Forza Italia e anche a Massimo D'Alema. Le motivazioni del pm De Pasquale, che ha chiesto l'archiviazione, non dicono nulla però circa la consistenza o meno di questo complotto, lasciando sostanzialmente in sospeso tutti gli interrogativi emersi con le dichiarazioni di Armanna del luglio dell'anno scorso.
In realtà le voci su presunti legami tra Renzi e il Mossad circolavano da molto prima negli ambienti politici. Già nel dicembre del 2015 una fonte riservata ma considerata molto attendibile dalla redazione rivelava a Il Fatto Quotidiano
che Renzi fu finanziato dal Mossad durante le primarie del 2012 contro Pier Luigi Bersani e che i nostri servizi segreti, Copasir incluso (il comitato parlamentare che vigila sull’attività dei servizi segreti, allora presieduto da D'Alema), intervennero per bloccare il flusso di denaro. Secondo questa fonte, scrive il giornale, “nel 2012 il Dis (il dipartimento della presidenza del Consiglio che coordina i servizi, ndr) ha informato il Copasir, in maniera informale, che il Mossad stava finanziando la campagna elettorale di Renzi per le primarie contro Bersani. A quel punto il Copasir avverte l’allora direttore del Dis, Giampiero Massolo, chiedendogli di intervenire. Infine, qualcuno dei servizi incontra l’ambasciatore israeliano Noar Gilon per discutere l’argomento”.
Le allusioni di D'Alema su Renzi e Gilon
Non trovando riscontri nelle attività ufficiali del Copasir, ed avendo il portavoce dell’ambasciatore Gilon smentito qualsiasi contatto, Il Fatto
decide di non pubblicare la notizia. Pubblica però un’inchiesta in tre puntate, descrivendo una rete di società legate all’amico di Matteo Renzi, Marco Carrai: create in Lussemburgo, queste società portano dritte a Tel Aviv; tra i soci di Carrai c’è Reuven Ullmansky, veterano dell’unità 8200 dell’esercito israeliano, dedita da sempre alla guerra cibernetica e alla “raccolta dati” per l’intelligence israeliana.
Sono inoltre ben noti i rapporti tra Renzi, Carrai e Michael Ledeen, il diplomatico americano che negli anni '90 fu espulso dagli Usa proprio perché accusato di aver passato informazioni riservate al Mossad. Rapporti talmente intimi che Ledeen è stato invitato al matrimonio di Carrai e Renzi pagò più di 5 mila euro a spese della Provincia per ospitarlo in una tre giorni nel 2006 a Firenze. Per non parlare degli stretti rapporti di stretta amicizia con il premier sionista Netanyahu, cementata dal reciproco scambio di visite a Firenze e in Israele. E tutto ciò rende più che plausibili le rivelazioni della fonte de Il Fatto
, anche se non basta per renderle pubblicabili.
Il 16 Marzo 2016, però, è il Corriere della Sera
a riaprire il caso, con un articolo della giornalista ultrarenziana Maria Teresa Meli, in un retroscena così intitolato: “Massimo D’Alema, nel corso di una cena: ‘Renzi è un uomo del Mossad, bisogna sconfiggerlo’”. Una notizia che avrebbe dovuto scatenare un putiferio politico, invece non accade nulla. Renzi non reagisce, nessun giornale riprende la notizia, e nemmeno D’Alema smentisce di aver detto quella frase. Anzi, In un botta e risposta con l’ambasciatore israeliano Gilon, sempre sul Corriere della Sera
, D’Alema accusa il diplomatico di interpretare “in modo molto attivo e dinamico il suo ruolo, partecipando — e non solo con articoli— alla vita politica del nostro Paese”. Che cosa intendeva dire D'Alema? In che modo e tramite chi l'ambasciatore sionista, nota spia del Mossad e partner di Ledeen già dal tempo in cui era addetto all'ambasciata di Washington, si ingerisce nella politica italiana?
Il complotto contro Renzi: mossa precostituita?
Qualche mese dopo, a luglio, Armanna sostiene uno scenario esattamente opposto: Renzi non è finanziato dal Mossad, ma anzi c'era un complotto mirante a far passare per vera questa falsa tesi per screditarlo fino a far cadere il suo governo, pur di evitare la nomina di Desacalzi e imporre quella di un suo rivale: “So che esiste l’interesse di imprenditori ebrei, impegnati in attività in Toscana e Francia, che hanno avuto un forte interesse a sostenere politicamente Renzi. Non so se l’abbiano finanziato economicamente. Escludo soldi dal Mossad. Sono certo che non esiste alcun documento al Copasir che dimostri questa tesi”, dichiarava infatti Armanna a Il Fatto
. Senza peraltro spiegare da cosa provenisse questa sua incrollabile certezza.
Sta di fatto che per mesi né il Copasir né D'Alema sono intervenuti per confermare o smentire queste voci, e solo di recente D'Alema, in un'intervista a La Gazzetta del Mezzogiorno
, si è deciso a precisare: “Mai detto che Renzi è una spia del Mossad. Che abbia un rapporto speciale con Netanyahu è notorio. Ma è un fatto politico, non spionistico”. Una dichiarazione che però, se da una parte prende atto dell'impossibilità di dimostrare che Renzi è un uomo del Mossad, dall'altra non si pronuncia sulla rivelazione più concretamente verificabile, e cioè se è o no stato finanziato dal servizio segreto sionista.
Perché se lo fosse stato, come tutto il quadro dei rapporti dell'ex premier e di Carrai con Israele rende più che credibile, allora le dichiarazioni di Armanna (che potrebbe essere anche in buona fede e strumento di altri) sul presunto complotto ai danni di Renzi assumerebbero l'aspetto di una contromossa precostituita per screditare come una bufala le rivelazioni sui finanziamenti del Mossad a Renzi. Un modo cioè per mettere le mani avanti e disinnescare il caso prima ancora che esploda pubblicamente, e tutto acquisterebbe un senso. Cosa che per adesso sembra funzionare, almeno stando al fatto che nessuno, a parte gli interrogativi rilanciati, sia pure con cautela, da Il Fatto
dopo la sua intervista a Marco Carrai, ha mai cercato di riaprire in qualche modo l'oscura vicenda.
5 aprile 2017