Infuria la battaglia dei No Tap in Salento
La polizia di Gentiloni e Minniti carica i manifestanti. Tra i manganellati Patrizia Greco, che ha ricevuto la solidarietà del Centro del PMLI
Dal corrispondente della Cellula “Lucia 'Nerina' Paoletti” di Lecce
“Noi dobbiamo sgomberare l’area in ogni modo”. Queste le parole di un dirigente della Digos di fronte ai manifestanti seduti per terra nel tentativo di impedire ai camion di Tap l’uscita dal cantiere per portare via gli alberi d’ulivo eradicati. In questi giorni il vero volto dello Stato borghese lo stanno conoscendo in tanti: oltre ai compagni presenti che manifestavano in modo pacifico, anche esponenti delle istituzioni borghesi come i sindaci di Melendugno e Vernole. Al centro di tutto la realizzazione dei lavori in preparazione della costruzione del microtunnel che porterà il gas in arrivo dal Mar Caspio tramite il gasdotto Tap, collegandolo alla rete nazionale Snam. Sono centinaia i manifestanti che contestano la realizzazione di un’opera ritenuta inutile e dannosa per un territorio ad alta vocazione turistica ed agricola. Lo sfruttamento indiscriminato del territorio salentino, sommato a un crescente malcontento tra le masse dovuto principalmente alla crisi del settore agricolo, alla disoccupazione del settore edile e all’assenza di concrete prospettive future, sta creando una frattura di classe sempre più insanabile nel territorio; ne è dimostrazione il presidio organizzato appena fuori i cancelli del cantiere Tap che è stato nei fatti un concentrato operai, contadini e studenti. Secondo i giornali il numero dei manifestanti si aggira intorno ai 300, ma secondo altre stime il numero sarebbe maggiore. È quindi con consapevolezza, genuinità e tanta rabbia che le masse salentine stanno partecipando a questi giorni di lotta, dimostrando che quando una contraddizione giunge al suo limite, la rottura e la protesta divengono inevitabili.
Respinti i ricorsi di Regione e Comune di Melendugno
I lavori sono iniziati la scorsa settimana, ma la prima protesta pacifica da parte degli attivisti seduti davanti ai cancelli e poi trascinati via con la forza dagli agenti, unita alle reazioni degli amministratori locali ed all’attesa della sentenza del Consiglio di Stato circa i ricorsi di Regione Puglia e del Comune di Melendugno, avevano indotto uno stop momentaneo. Sentenza poi arrivata e ricorsi respinti. Il Ministero ha infatti ribadito che l’espianto degli ulivi sul tracciato del microtunnel del gasdotto che risale dal mare, sta avvenendo secondo le prescrizioni indicate nella Valutazione d’Impatto Ambientale, in tutto rispetto dell’ambiente. E quindi cantiere riaperto pochi giorni dopo. Nessuna nota neanche del fatto che il terreno scelto per ospitare gli ulivi espiantati possiede un pozzo inquinato con livelli che non rispettano le norme in materia, come certificato dall’Arpa.
La protesta No Tap e la repressione
La situazione, già tesa, ha iniziato a scaldarsi all’alba di martedì 28 aprile, verso le 7 del mattino, quando una ventina di camionette e decine di auto dei reparti mobili di polizia, carabinieri e guardia di finanza, tutti in tenute antisommossa, dopo aver superato gli sbarramenti di pietre e chiodi lasciati in strada, hanno forzato il presidio degli attivisti facendosi largo con gli scudi. Verso le 12 e 30 la polizia, al netto rifiuto dei manifestanti di arretrare per consentire l'uscita dei camion dal cantiere, ha risposto con spintoni e “cariche di alleggerimento” per aprire un varco, nonostante vi fossero fra i manifestanti anche molti studenti minorenni. L'apertura del varco ha permesso agli agenti di compattarsi in un cordone, separando di fatto una parte di manifestanti, tra cui donne e studenti, dal resto dei dimostranti facendoli rimanere circondati e bloccati come in stato di fermo per diverse ore. Il sole cocente, l’assenza di acqua e l’arroganza fascista delle “forze dell'ordine” e hanno alimentato la tensione: l’atteggiamento dapprima pacifico dei dimostranti si è trasformato in rabbia. Gli agenti avevano l’intenzione di “scortare a uno a uno” i manifestanti fino al resto del gruppo, ma come era prevedibile il rifiuto è stato generale per timore che alla fine qualcuno venisse trattenuto. Lo stallo è durato per qualche ora fino quando i manifestanti isolati, ormai stremati dalla sete, fame e caldo hanno provato a rompere il cordone poliziesco, mentre il grosso dei manifestanti faceva pressione per liberarli. A quel punto è partita una brutale carica della polizia: molti degli agenti hanno vigliaccamente impugnato il manganello al contrario e si sono lanciati all’assalto. È iniziato dalla parte opposta il lancio di alcune pietre e bottiglie di plastica. I manifestanti isolati sono poi riusciti a sfondare il cordone per poi riunirsi al resto del presidio. La situazione è rimasta tesa: al passaggio dei mezzi di Tap, i manifestanti in preda alla rabbia, hanno urlato a gran voce il loro disprezzo verso le forze di polizia fasciste e verso il responsabile della sicurezza del cantiere Claudio Moruzzi, un ex parà ora mercenario al soldo delle multinazionali (tra le quali Eni, per la quale ha gestito la sicurezza degli impianti sul Delta del Niger), che con un’arroganza degna del peggior nazista, irrideva provocatoriamente i manifestanti ben protetto nella zona recintata. Da segnalare l’esplosione di una bomba carta a ridosso della recinzione. Molti degli attivisti hanno deciso di passare la notte in tenda per continuare a presidiare il cantiere. Intorno alle 7 e 30 del giorno seguente, le “forze dell’ordine” sono nuovamente giunte presso l’area recintata per consentire la prosecuzione degli espianti. I partecipanti hanno fischiato i mezzi, ma la risposta della polizia non si è fatta attendere: il sit-in è stato sgomberato con la forza e alcuni partecipanti sono stati trattenuti per essere identificati. Ma i manifestanti non hanno desistito: molti di loro, attraversando le campagne a piedi, per via dei posti di blocco allestiti da polizia e carabinieri in corrispondenza dei varchi di accesso, hanno raggiunto la località di San Basilio. Adesso, in attesa della ripresa degli espianti, i No Tap hanno eretto lungo le vie d’accesso alla zona alcune barriere con pietre di muretti a secco e cassonetti. La militarizzazione della zona ha fatto sicuramente desistere molte famiglie dal partecipare alle proteste ma non sono mancati i messaggi di sostegno: oltre ai messaggi di sostegno delle istituzioni borghesi (dal consiglio regionale del Molise al sindaco di Napoli De Magistris) sono tanti gli studenti, i lavoratori, i contadini e altri salentini che hanno espresso la loro vicinanza a quanti sono rimasti vittime della repressione fascista avvenuta lo scorso martedì. Noi, come Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Lecce, intendiamo ringraziare quanti hanno espresso la propria solidarietà per l’aggressione subita a cominciare dai compagni dirigenti del PMLI con alla testa il compagno Scuderi, che tempestivamente hanno comunicato vicinanza fraterna e militante quando hanno appreso che la compagna Patrizia Greco è stata duramente manganellata dalla polizia.
Il contributo del PMLI alla lotta contro il gasdotto
Nel Salento come in Val di Susa, la forte partecipazione popolare ha dimostrato il punto debole del sistema capitalistico: sono state le masse le vere protagoniste di questi giorni. Mao scrive: “I veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli; se non comprendiamo questo, è impossibile acquistare una conoscenza sia pure rudimentale”.
È a fianco delle masse che la Cellula leccese “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” intende lottare, ribadendo la presenza del PMLI sul territorio e contribuendo come parte attiva nelle lotte. La Cellula ha infatti seguito la questione Tap dal suo nascere: i compagni hanno partecipato a tutte le riunioni, imparando a confrontarsi con le diverse realtà presenti sul territorio e seguendo rigorosamente la politica del “Fronte Unito”. La scelta di restare in prima linea a costo di subire la repressione fascista, dimostra ancora una volta la volontà da parte dei suoi membri, di fare del PMLI il rappresentante riconosciuto del proletariato italiano anche in Salento. La cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” intende continuare a lottare a fianco delle masse salentine contro Tap e qualsiasi altro tentativo di distruggere il territorio vera risorsa della nostra Regione. La situazione resta tesa, ma al dirigente di polizia che minaccia di sgomberare l’area “in ogni modo”, i marxisti-leninisti oppongono un ferreo “non un passo indietro”.
Contro la Tap! Contro il Capitalismo!
Tutto per il Proletariato! Tutto per il PMLI!
Coi Maestri Vinceremo!
5 aprile 2017