Per truffa ai danni dello Stato dovrà risarcire 2,5 milioni, con l'interdizione dai publici uffici
Verdini condannato a 9 anni per il crac del Credito Fiorentino
Insieme a lui condannati anche il deputato di Ala Parisi e gli imprenditori Fusi e Bartolomei
Il tribunale penale di Firenze ha condannato lo scorso 2 marzo Denis Verdini a 9 anni di reclusione a conclusione del processo di primo grado relativo al dissesto bancario del Credito cooperativo fiorentino, nell’ambito di un procedimento che lo vedeva coimputato insieme ad altri 44 soggetti tra politici, imprenditori, responsabili dell’istituto di credito e persino due società, i cui nomi più importanti sono quelli del deputato di Ala Massimo Parisi e degli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei.
Verdini, oltre che a 7 anni per il reato di bancarotta fraudolenta, è stato anche condannato a 2 anni per truffa, mentre il tribunale non ha riconosciuto né a Verdini né ad alcuno degli altri coimputati il reato di associazione a delinquere, assolvendo per tale ipotesi di reato tutti gli imputati.
Durante il processo i pubblici ministeri avevano chiesto per il senatore fiorentino una condanna a 11 anni.
Fusi e Bartolomei sono stati condannati entrambi a 5 anni e sei mesi (oltre che, come lo stesso Verdini, alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici), Parisi a 2 anni e sei mesi, altri 15 coimputati sono stati condannati a pene variabili mentre i restanti 25 coimputati sono stati assolti o prosciolti per intervenuta prescrizione del reato.
All’ex direttore generale del Credito cooperativo fiorentino Piero Italo Biagini sono stati inoltre inflitti sei anni, così come sono stati condannati anche tutti i componenti del consiglio di amministrazione dell’istituto di credito e tutti i componenti del suo collegio sindacale a pene che vanno da 4 anni e 6 mesi a 5 anni di reclusione.
Anche tutti gli amministratori della Ste, la società che pubblicava il Giornale della Toscana, e quelli della Sette Mari, che mandava nelle edicole il settimanale Metropolis, sono stati condannati a pene variabili tra un anno e sei mesi fino a quattro anni e mezzo, mentre per i reati di truffa ai danni dello Stato per i contributi all’editoria relativi agli anni dal 2005 al 2007 è scattata la prescrizione del reato.
A tutti i condannati il tribunale ha imposto di pagare le spese legali sostenute dallo Stato e dalla Banca d’Italia, per complessive 40.000 euro.
Per ciò che riguarda il risarcimento dei danni, il tribunale ha disposto che Verdini, Parisi e altri nove condannati dovranno pagare immediatamente a favore della presidenza del Consiglio dei ministri e della Banca d’Italia una somma provvisoria rispettivamente di 2.500.000 euro e di 175.000 euro a titolo di risarcimento dei danni per la truffa ai danni dello Stato, il cui ammontare definitivo sarà deciso con un separato giudizio civile.
Per ciò che riguarda i fondi stanziati dalla presidenza del Consiglio dei ministri all’editoria nel biennio 2008-2009, il tribunale ha anche disposto a carico di Verdini, Parisi e di altri sei condannati la
confisca della somma complessiva, già oggetto di sequestro, di 5.061.277,62 euro, ovvero di beni per un valore pari all’importo corrispondente ai contributi erogati dalla presidenza del Consiglio dei ministri alla Società Toscana di Edizioni srl, e ha altresì disposto a carico di Verdini, Parisi e di altri cinque condannati la confisca di beni per complessivi 4.049.022,00 euro per i contributi erogati alla Sette Mari scarl.
Secondo quanto ricostruito nel processo, Verdini era di fatti il padrone incontrastato del Credito cooperativo fiorentino che utilizzava come un vero e proprio bancomat al fine di finanziare tutte le sue attività editoriali, organizzate solo al fine di ottenere contributi pubblici per sé e per i suoi compagni di merende.
Secondo l’accusa finanziamenti e crediti milionari sarebbero stati concessi, dall’istituto di credito,
ad amici di affari del senatore toscano senza alcuna reale garanzia, esclusivamente sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute totalmente fittizie dai magistrati, per un volume di affare di circa 100 milioni di euro di finanziamenti deliberati dal consiglio di amministrazione della banca, i cui membri erano, sempre secondo l’accusa, vere e proprie teste di legno nelle mani di Verdini.
5 aprile 2017