Nella rete della magistratura l'ex leader del partito fascista AN
Indagato Fini per riciclaggio
Dal 13 febbraio anche l'ex presidente della Camera e ex caporione del partito fascista AN è ufficialmente indagato per riciclaggio dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta contro l' “associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie di reati di peculato (cioè furto di denaro pubblico), riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” che il 13 dicembre scorso ha portato all'arresto del boss degli imprenditori catanesi, Francesco Corallo, divenuto il re del gioco d'azzardo legalizzato grazie alla concessione statale.
Si parla di oltre 250 milioni di euro di tasse evase che il suo gruppo Atlantis-Bplus (di recente ribattezzato Global Starnet) avrebbe dovuto pagare allo Stato italiano per i profitti delle sue macchinette mangiasoldi e rovina famiglie (slot e vlt).
Invece, secondo le indagini del reparto antimafia della Guardia di Finanza, i soldi guadagnati in Italia col gioco d'azzardo sono stati occultati in una rete di società caraibiche offshore controllate dai più stretti collaboratori di Corallo a cominciare dal fascista Amedeo Laboccetta, rappresentante per l'Italia del gruppo di Corallo dal 2004 al 2008, nonché parlamentare prima di An e poi di Forza Italia fino al 2013, già indagato per favoreggiamento a Milano e tuttora tra i dirigenti di Forza Italia in Campania; Rudolf Baetsen, il suo braccio destro ai Caraibi; Alessandro La Monica, manager per l'Italia dal 2008 al 2013, e Arturo Vespignani, dirigente in carica fino al luglio 2014. Tutti arrestati su ordine del Gip Simonetta d'Alessandro a dicembre scorso.
Secondo l'accusa almeno 85 milioni di euro sono stati sottratti al fisco italiano fino al 2007, mentre altri 150 milioni sono spariti fino al 2014 dalle casse nazionali della società Atlantis-Bplus, che da oltre un decennio ha la concessione statale a gestire il business miliardario del gioco d'azzardo legalizzato.
Beni per 5 milioni di euro sono stati sequestrati anche a Elisabetta, Sergio e Giancarlo Tulliani, rispettivamente convivente, suocero e cognato di Fini.
I tre sono indagati per il reato di riciclaggio nell'ambito delle stesse indagini che ora sembrano gettare nuova luce anche sulla torbida vicenda della compravendita di un appartamento a Montecarlo che già coinvolse lo stesso Fini nel 2010.
La maxinchiesta della Procura di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal sostituto Barbara Sargenti, è partita nel 2004. Per i Pubblici ministeri (Pm) romani l’abitazione nel Principato era stata comprata nel 2008 a 330 mila euro da una società riferibile alla moglie di Fini, Elisabetta Tulliani. E a pagare la casa (poi rivenduta nel novembre del 2015 a un milione e 400 mila euro) era stato proprio Corallo attraverso le sue società.
In pratica Atlantis/Bplus girava a società offshore il denaro che invece doveva essere versato allo Stato. E, secondo gli inquirenti, una parte di quei soldi rientravano poi in Italia tramite Corallo che li destinava proprio alla famiglia Tulliani.
Non a caso agli atti risulta che una delle società offshore, la Tamara Ltd, secondo quanto si legge nell’ordinanza del Gip Simonetta D’Alessandro, è riconducibile proprio a Elisabetta Tulliani. Si tratta della stessa società che nel 2008 compra l’appartamento al piano rialzato del Palais Milton, boulevard Princesse Charlotte, 14. L’immobile era stato lasciato in eredità ad An nel 1999 della contessa Anna Maria Colleoni “per la giusta battaglia”. L’11 luglio del 2008 An, all’epoca presieduta da Fini, vende l’appartamento per 300 mila euro alla caraibica Printemps Ltd di Saint Lucia, riconducibile a Giancarlo Tulliani, genero dell’ex ministro degli Esteri.
A ottobre dello stesso anno, quindi, la casa viene rivenduta alla Timara Ltd, che secondo i Pm capitolini è appunto riconducibile a Elisabetta Tulliani. Non è però la moglie di Fini a pagare l’appartamento monegasco. “Il prezzo di quest’ultima compravendita – scrive il Gip – veniva fissato a 330 mila euro, vale a dire proprio la cifra bonificata dal conto caraibico di Corallo”.
Francesco Corallo, che nel frattempo ha inspiegabilmente ceduto a Sergio Tulliani il suo impero milionario fondato su slot, video lottery e giochi online, è figlio di Gaetano, condannato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in occasione della gara per l'aggiudicazione dell'affidamento in concessione della gestione del casinò di Campione d'Italia e considerato vicino alla mafia siciliana di Nitto Santapaola.
Fini, secondo gli inquirenti, ha stretto legami con Corallo ancor prima di conoscere Elisabetta Tulliani. L'ex leader di An è stato suo ospite prima di incontrarla. Inoltre negli atti si racconta del battesimo del figlio dei due, con Corallo unico ospite non parente della coppia.
Dalle carte emergono anche le pressioni di Fini per far comprare a Corallo una casa con la mediazione del cognato. Inoltre si quantifica in 63 milioni il danno alle casse pubbliche causate dagli interventi di Fini in favore delle società di Corallo.
Oggetto di queste vorticose operazioni, tra l'altro, sono stati i 2,4 milioni di euro che arrivarono dalle società di Corallo sui conti dei Tulliani in coincidenza con l'approvazione del decreto 78/2009 che rinnovò la disciplina del settore del gioco d'azzardo a vantaggio delle società di Corallo finite nell'inchiesta. L'ingente somma più gli oltre 1,2 milioni di euro derivanti dalla vendita di Montecarlo, furono girati da Francesco Corallo a Sergio Tulliani e da questi trasferiti ai figli Giancarlo ed Elisabetta per essere reimpiegati in acquisizioni immobiliari a Roma e provincia.
Le indagini hanno evidenziato, scrivono gli inquirenti, "come Corallo abbia saputo prevedere l'evoluzione degli orientamenti normativi della maggioranza di governo italiana e come si sia giovato delle disposizioni di legge di stabilità del 2010, utilizzando plurime interlocuzioni con esponenti politici, connotate anche da elargizioni di denaro".
Nell'interrogatorio di garanzia del 16 dicembre scorso (all'indomani del suo arresto, poi annullato dal riesame) l'ex parlamentare Pdl Amedeo Laboccetta ha dichiarato che Gianfranco Fini, vice presidente del Consiglio dei ministri tra il 2001 e il 2006, e presidente della Camera dei deputati tra il 2008 e il 2013, non è affatto il “coglione” che vuole far credere, ma conosceva benissimo Corallo, tant'è che nel 2004, l'ex boss di An venne ospitato (insieme al suo staff) dal re dell’azzardo nelle Antille olandesi, per una vacanza all'insegna delle immersioni subacquee; uno degli hobby prediletti di Fini. Insieme a lui c'era anche l'allora camerata di partito Laboccetta che ricorda come il soggiorno fu interamente pagato da Corallo.
Mentre nel 2009, ha detto ancora ai giudici Laboccetta, l'allora presidente della Camera organizzò un piccolo ricevimento per pochi intimi nella sua stanza a Montecitorio per festeggiare la nascita della seconda figlia avuta con Elisabetta Tulliani. In quell'occasione, tra gli invitati, oltre a Laboccetta, ci sarebbe stato anche Francesco Corallo. Un'ulteriore dimostrazione che tra il ricco imprenditore del gioco e la terza carica dello Stato ci sarebbe stato - sempre a leggere le parole di Laboccetta - un rapporto più che di semplice conoscenza. Ma c'è di più. Sempre a detta di Laboccetta sarebbe stato ancora l'ex presidente della Camera a spendere il nome del cognato per aiutare il “re delle slot” a realizzare un affare immobiliare a Roma.
Su questo fronte una svolta importante è arrivata nel corso di una perquisizione svolta novembre del 2014 presso una abitazione di Corallo, in piazza di Spagna a Roma. In quella circostanza gli inquirenti misero le mani su un pc dove erano presenti file che rendicontavano i movimenti finanziari delle società riconducibili al “Re delle slot”. Tra le varie voci anche una che portava a Sergio e Giancarlo Tulliani. Corallo avrebbe accreditato ai Tulliani, su un conto corrente estero, circa 2 milioni e 400mila euro per una consulenza che gli inquirenti giudicano fasulla. Nel pc in possesso a Corallo quel passaggio di denaro è “giustificato” con la dicitura: “liquidazione attività estere – Decreto 78/2009, 2,4 milioni di euro”. Il decreto in questione è quello approvato nel 2009 che garantiva ai concessionari dei video slot la possibilità di accedere, tramite specifiche garanzie, ai fondi per l’acquisto e per il collegamento delle slot.
Purtroppo la corruzione non è stata contestata a nessuno degli indagati, né nella prima né nella seconda tranche dell'inchiesta, e in ogni caso il reato oggi sarebbe prescritto.
Anche se, secondo quanto riportato nella richiesta della Procura di sequestro preventivo dei beni della famiglia Tulliani: "lo stesso Laboccetta si rivolse al segretario di Fini, e all'onorevole Proietti Cosimi, allorché, nell'aprile 2005, Atlantis ebbe problemi con l'Amministrazione che formulò contestazioni con diffida che avrebbero potuto condurre alla revoca della concessione. Fu proprio Proietti Cosimi che risolse il problema con il direttore dei Monopoli dell'epoca, Giorgio Tino".
Nel provvedimento si legge anche che “a quell'epoca Giancarlo ed Elisabetta Tulliani avevano già beneficiato di molto denaro da Corallo, che aveva disposto, tramite Baetsen, il duplice acquisto dell'appartamento di Montecarlo di proprietà di Alleanza Nazionale, di cui erano divenuti proprietari occulti. I Tulliani, dopo essersi celati dietro le società offshore per ricevere denaro di provenienza delittuosa da Corallo e per concretizzare l'acquisto dell'appartamento di Montecarlo, hanno continuato ad occultare la possidenza fino a quando, con la vendita del 15.10.2015, è stato realizzato il profitto corrispondente al reale valore dell'immobile, evidentemente svenduto da Alleanza Nazionale il 11.7.2008".
5 aprile 2017