Dati Cgie
Emigrati 1,5 milioni di italiani dal 2007 a oggi
Esodo di giovani, il 75% ha meno di 39 anni
Lo scorso 28 marzo il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (Cgie), che è organo di consulenza del parlamento e del governo creato nel 1989, ha organizzato alla Camera un convegno sul tema “Lavoro e Mobilità”, che ha preso in esame il fenomeno della nuova emigrazione italiana che ha raggiunto, negli ultimi anni, livelli paragonabili a quelli della seconda parte degli anni ’60.
Nel convegno, al quale ha partecipato anche il ministro del Lavoro Poletti, è stata presentata anche una ricerca del Cepa (Patronati Acli, Inas-Csl, Inca-Cgil, e Ital-Uil) sui fabbisogni della nuova emigrazione come emergono da una ricerca a campione condotta da Renato Mannheimer.
Dai dati raccolti emerge che il totale degli emigrati italiani nel mondo ha raggiunto nel 2016 la cifra di 5 milioni di persone, popolazione che negli ultimi 10 anni, secondo i dati ufficiali Aire e Istat, è lievitata di oltre il 55% a causa soprattutto della nuova emigrazione, soprattutto giovanile verso l’estero, provocata dalla crisi economica.
Sulla base dei dati Istat sulle cancellazioni di residenza, la nuova emigrazione comincia a crescere a tassi rilevanti in corrispondenza dell’inizio della crisi economica del 2007-2008, per attestarsi, tra il 2011 e il 2015, su incrementi superiori al 22% all’anno, dalle 51.000 cancellazioni nel 2007 alle 147.000 del 2015, e in questi numeri sono comprese anche le cancellazioni di residenza di cittadini immigrati che lasciano l’Italia alla ricerca di lavoro in altri Paesi e che sono mediamente intorno al 20% del totale di chi va all’estero.
L’emigrazione di cittadini italiani quindi, stando ai dati anagrafici, è rappresentata dal restante 80%, per i quali tra il 2007 e il 2015 si è passati dalle 36.000 cancellazioni del 2007 alle 102.000 del 2015.
Eppure il fenomeno dell’emigrazione italiana verso l’estero è di gran lunga maggiore rispetto ai dati anagrafici, in quanto molti lavoratori - come risulta dal confronto tra i dati degli istituti di statistica italiano, tedesco e inglese - si trasferiscono all’estero pur conservando la residenza anagrafica in Italia, per cui il fenomeno dell’emigrazione italiana ha numeri ben più imponenti rispetto a quelli risultanti dalle anagrafi.
Tanto per fare degli esempi, in Germania, secondo l'Istat, si sono trasferiti 60.700 italiani, mentre l’istituto di statistica tedesco - lo Statistisches Bundesamt - ne ha registrati 274.285, e allo stesso modo l'Istat rileva che soltanto 56.780 italiani si siano trasferiti in Inghilterra, ma al britannico Office for National Statistics risulta che gli italiani residenti nel Regno Unito siano 220.484.
Risulta quindi che i numeri dell’emigrazione italiana sono mediamente tra le 4 e le 4,5 volte più alti di quanto rileva l’Istat, che fonda i propri dati sulla residenza, e analoghe proporzioni potrebbero registrarsi anche in altri Paesi europei come Francia e Spagna, e anche Paesi extraeuropei come Stati Uniti, Canada e Australia, per cui dal 2007 al 2016 sarebbero emigrati non meno di 1,5 milioni di italiani, in gran parte giovani, perché si stima che tra gli emigranti del 2014 quelli di età compresa fra i 18 e i 39 anni sono circa il 55%, mentre il 20% ha tra 0 e 17 anni, e l’alto numero di minori significa che a partire sono interi nuclei familiari.
Quanto al titolo di studio degli emigranti dell’ultimo decennio, secondo l'Istat, il 35% possiede la laurea, il 30% un diploma di scuola secondaria e il 30% la licenza media: si tratta quindi di un’emigrazione di giovani con buona scolarizzazione che espatria in uno scenario di crisi capitalistica globale, contrariamente al fenomeno che si è prodotto dal secondo dopoguerra fino agli anni Settanta che avveniva in piena espansione economica e che riguardava popolazione per lo più scarsamente scolarizzata. Inoltre oggi, a differenza di allora, l’emigrazione italiana verso l’estero si verifica in uno scenario di generale contrazione demografica, in particolare nei paesi dell’Unione Europea.
E tra i Paesi europei alcuni, come la Germania e la Gran Bretagna, da molti anni incentivano flussi di immigrazione scolarizzata e qualificata a tutto svantaggio di altri Paesi europei come l’Italia, dove i flussi di immigrazione dall’Europa e da fuori dall’Europa non sono sufficienti a compensare la perdita costituita dalla nuova emigrazione e dallo strutturale decremento demografico né sul piano quantitativo (perché il numero degli immigranti stranieri in Italia è inferiore a quello degli emigrati italiani verso l’estero) e ancora di meno su quello qualitativo (perché, mentre gli emigranti italiani all’estero sono in media con una buona qualificazione e scolarizzazione, i migranti che giungono in Italia hanno quasi sempre una scarsa scolarizzazione e nessuna specializzazione professionale).
19 aprile 2017