Oltre a Tap c'è Eastmed-Poseidon, il più grande gasdotto sottomarino del mondo, a cui il ministro Calenda ha dato il via libera a Tel Aviv
La Puglia soffocata dai gasdotti
Costituito il Comitato nazionale per fermare il gasdotto che attraverserà le zone altamente sismiche
Dopo che il Consiglio di Stato aveva respinto i ricorsi del comune di Melendugno e della Regione Puglia, giudicando senza falle la valutazione di impatto ambientale e di fatto sbloccando la realizzazione dell’opera, la recente bocciatura da parte della Corte costituzionale della legge regionale pugliese numero 7 del 2016, nella parte che stabilisce che i terreni interessati da espianto di ulivi colpiti dal batterio della Xylella per sette anni non possano cambiare tipizzazione urbanistica, segna un altro punto “legale” a favore della realizzazione del gasdotto, sostenuto a gran voce dal governo Gentiloni, attraverso i ministri Calenda e Galletti. Intanto nelle campagne di Melendugno i lavori potrebbero riprendere a breve. Il segnale è arrivato ieri, quando sono state rimosse diverse barricate realizzate in questi giorni dai manifestanti in presidio permanente, che hanno impedito l’accesso dei camion al cantiere dove opera la ditta impegnata sul terreno dove passerà il microtunnel del gasdotto. Ad essere liberata è stata la strada principale che porta al cantiere proprio per garantire l’accesso dei mezzi pesanti e, quando le operazioni riprenderanno, i mezzi del cantiere Tap saranno scortati da vigili urbani e dalle solite forze dell’ordine.
Non solo TAP. La Puglia soffocata dai gasdotti
Legambiente Puglia ha portato l’attenzione sul progetto di un altro gasdotto che, in assoluto silenzio mediatico, dovrebbe approdare ad Otranto; si tratta di Poseidon che coinvolge altre imprese e banche, con accordi internazionali diversi rispetto a quelli del consorzio TAP che vuole portare gas dall’Azerbaijan. A conferma di questo ulteriore progetto, qualche giorno fa il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha firmato a Tel Aviv insieme ai ministri di Israele, Grecia e Cipro, il primo via libera a Eastmed, il più grande gasdotto sottomarino del mondo che dovrebbe portare in Puglia altro gas naturale off shore dei giacimenti al largo di Israele e Cipro. Eastmed fa parte del “Corridoio Sud” e trasporterà 15 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno in Italia, provenienti dal Mar Caspio attraverso Turchia e Grecia. Un investimento da 900 milioni di euro, 100 dei quali messi sul tavolo dalla Ue – soldi pubblici - che lo ha riconosciuto “progetto d’interesse europeo”. Il tratto che collegherà il termine di Eastmed sulla costa greca ad Otranto, sarà il gasdotto Poseidon. Igi Poseidon è la joint venture paritetica tra Edison International Holding (100% Edison S.p.A.) e Depa SA, società di stato greca del settore idrocarburi, autorizzata alla costruzione del tratto Grecia-Italia. Il progetto ha ottenuto il decreto di compatibilità ambientale nel 2010, l’autorizzazione unica del Mise nel maggio 2011 e il rilascio dell’atto di concessione demaniale nel giugno 2013. L’accordo chiuso tra Edison-Depa e Gazprom per la fornitura del gas è stato siglato un anno fa. Quindi stavolta si parla di gas russo. Altri produttori, altri gestori, altro gasdotto, ma solita terra d’approdo; una Puglia soffocata dalle mire energetiche dei privati per i quali l’importante è costruire e far profitti, che se ne infischiano dell’ambiente e del territorio, in primis la minaccia di annullamento dell’alta vocazione agricola e turistica dell’area, che ne rappresentano due settori economici principali.
Da Berlusconi a Gentiloni, governi sempre al servizio delle multinazionali del gas
Per riuscire a capire l’intreccio degli interessi che si celano dietro i gasdotti, occorre fare un salto indietro e ripercorrere alcune tappe del dibattito che negli ultimi venti anni è avvenuto in Italia sul tema del gas. In tanti teorizzavano che il nostro Pese sarebbe divenuto moderno e “competitivo”, proprio grazie alla concorrenza energetica del gas, in particolare costruendo nuovi rigassificatori, arrivando addirittura a progettarne 15 sul territorio nazionale. In seguito quasi tutti questi progetti sono stati abbandonati, mentre quello realizzato a Livorno, su una nave, è stato un fallimento tale che oggi ostinatamente sopravvive solo poiché diventato per legge una infrastruttura strategica alla quale assegnare 70 milioni di euro di soldi pubblici ogni anno, da prelevare direttamente dalle bollette dei cittadini italiani. Il rigassificatore navale di Livorno, unico nel mondo nelle sue peculiarità, così come l’approdo del gasdotto TAP sulla bella costa pugliese, sono due esempi di quanto sia costoso, inutile per le popolazioni e devastante per l’ambiente, concedere ai privati la costruzione e la gestione delle infrastrutture energetiche; il tutto è ancora più grave se si considera che in questo caso ciò accade in un Paese come l’Italia che negli ultimi anni ha visto ridurre sensibilmente il suo consumo di gas. Nonostante ciò tutti i governi da Berlusconi in poi hanno avuto lo stesso comune determinatore nel fare proclami in pompa magna, affinchè l’Italia dovesse diventare una grande Hub del gas. Cosa giustifica allora l’ostinazione contro ragione di questa politica se non il suo servilismo a lobbisti, banchieri e pseudo imprenditori dell’energia? Ecco perché in Italia da 4 anni lo sviluppo delle fonti rinnovabili è fermo, così come a zero è ogni possibile politica di rilancio, nonostante la riduzione dei costi di alcune tecnologie rinnovabili, su tutte il solare. In Puglia estendere le rinnovabili vorrebbe poter dire, ad esempio, stabilire la data entro la quale chiudere le centrali a carbone di Cerano e Brindisi, vere emergenze sanitarie e ambientali, insieme all’Ilva. Il governo però non sembra avere questa priorità; certamente invece, sensibile eccome al soldo dei colossi multinazionali dell’energia, pare voler limitare la ricerca e lo sviluppo di qualsiasi alternativa alle fonti energetiche “tradizionali”, anche se in cambio distruggiamo irrimediabilmente il nostro paesaggio, il turismo e sottoponiamo intere aree geografiche con le proprie popolazioni, a rischi enormi e non necessari.
Nasce il coordinamento nazionale NO Tubo
Intanto nella sala convegni del Parco Regionale di Colfiorito i rappresentanti di movimenti, comitati, associazioni e realtà che a vario titolo combattono la battaglia comune contro il gasdotto Rete Adriatica Brindisi-Minerbio, hanno costituito il Coordinamento nazionale “No Tubo”. Dopo oltre un decennio di vertenze locali e isolate sul progetto del gasdotto Snam, di 687 km, che dall’approdo TAP interessa praticamente l’intero sistema di faglie attive dell’Appennino Centrale, è ormai chiaro a tutti che gasdotto ed eventi sismici costituiscono un binomio che rischia di essere devastante per le popolazioni interessate, e contro il quale sarà necessaria una mobilitazione quanto più ampia ed organizzata possibile. L’obiettivo del Comitato è quello di organizzarsi in un largo fronte unito multi regionale e lottare per scongiurare il disastro ambientale nella costa pugliese all’approdo, e gli elevatissimi rischi nel proseguimento del tracciato del metanodotto verso nord, nel quale si incontrano alcune delle località più colpite dai recenti sisma, come Norcia, Visso, Cascia, Preci, L’Aquila ed infine Sulmona, dove è prevista infine la costruzione di una centrale di compressione del gasdotto in un sito che è a soli 2 chilometri dalla faglia del monte Morrone, silente da oltre 1900 anni. A Norcia, tra due mesi, è annunciato il prossimo appuntamento del neonato Coordinamento Nazionale No Tubo, finalizzato a impedire lo spopolamento dell’Appennino dopo il sisma, strumentale a Snam poiché indebolisce e disgrega l’opposizione al tracciato centrale del gasdotto.
26 aprile 2017