Maduro annuncia una modifica della costituzione
Venezuela verso la guerra civile
La destra parla di golpe e resta in piazza contro il governo della “sinistra” borghese
Cadono le illusioni sul “Socialismo del XXI secolo”
Il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, annunciava l'1 Maggio l'emanazione di un decreto per convocare una "Assemblea Costituente del popolo", finalizzata a “riformare lo Stato” e “portare la pace nel nostro Paese”. Una mossa che l'opposizione denunciava come golpista e proseguiva con le manifestazioni contro il governo della “sinistra” borghese in corso dai primi di aprile. Il botta e risposta tra il governo di Maduro e i partiti dell'opposizione sulle modifiche costituzionali è l'ultimo atto di un braccio di ferro che da un mese vede susseguirsi manifestazioni pro e contro il governo in tutto il paese, con scontri e una repressione dell'esercito che hanno causato quasi una trentina di morti, in una escalation che potrebbe portare diritto a una guerra civile. Di pari passo con l'esclation di una pesante crisi economica per le masse popolari segnata tra le altre da una inflazione che continua a crescere sopra il 500% e con prodotti come la farina di mais precotta aumentati del 3.700%.
“Non sto parlando di una Costituente dei partiti o delle élite, intendo dire una Costituente femminista, giovanile, studentesca, una Costituente indigena, ma anzitutto una Costituente profondamente operaia, decisamente operaia” annunciava Maduro al comizio nella capitale Caracas in occasione della manifestazione della Festa dei Lavoratori; una assemblea definita comunitaria che verrà votata dalle associazioni e non a scrutinio diretto, universale e segreto come previsto dalla Costituzione. Julio Borges, il presidente del parlamento dove l'opposizione ha la maggioranza, definiva la proposta del presidente una “Costituente truffa, inventata solo per distruggere la Costituzione attuale e cercare di sfuggire così all'inesorabile verdetto delle elezioni” che il governo ha ritardato o sospeso da quando ha perso la maggioranza nel dicembre del 2015.
Le elezioni dei governatori regionali del dicembre 2016 sono state rinviate dal governo a data da definirsi, quelle politiche sono previste nel dicembre del 2018 e da un mese le opposizioni sono in piazza per chiedere un referendum per le dimissioni del presidente Maduro e la fine del suo governo. Il vicepresidente del Psuv, il Partito socialista unito del Venezuela fondato da Chávez, ripeteva che "non sono previste elezioni generali anticipate in nessuna circostanza".
Alle opposizioni riunite nella coalizione Mud, il Tavolo dell'Unità Democratica, che denunciavano il golpe strisciante del governo rispondeva la ministro degli esteri, Delcy Rodriguez, accusava otto governi della regione di “fomentare un colpo di stato” perché i governi di Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Perù, Paraguay e Uruguay avevano chiesto la liberazione degli arrestati nel corso delle manifestazioni, la restituzione al Parlamento dei suoi poteri e la definizione di un calendario elettorale.
Gli Usa di Trump premevano anche per una condanna del governo di Caracas da parte dell'organizzazione degli Stati americani (Osa) e il 27 aprile convocavano a Washington una riunione del Consiglio permanente per preparare un vertice dei ministri degli Esteri sulla crisi venezuelana; l'iniziativa era approvata con 19 voti a favore, 10 contrari, una astensione e un assente e Caracas reagiva con l'annuncio dell'inizio delle pratiche per lasciare l'organizzazione. “L'Osa ha insistito con le sue azioni intrusive contro la sovranità della nostra patria e dunque procederemo a ritirarci da questa organizzazione”, denunciava Delcy Rodriguez.
Fino a poco tempo fa Maduro poteva contare sul sostegno anche dei due governi della “sinistra” borghese di Brasile e Argentina, le due principali potenze del continente sudamericano, che adesso sono schierate invece con la destra del paese da sempre sostenuta con pesanti ingerenze dall'imperialismo americano. Nulla però toglie alle gravi responsabilità del governo Maduro, in carica dal 2013, che ha gestito gli effetti di una gravissima crisi economica a vantaggio della “sinistra” borghese e della borghesia nazionalista ma non del proletariato e delle masse popolari che in parte deluse lo hanno abbandonato decretando le recenti sconfitte elettorali, ha sviluppato una politica antipopolare e ha tentato persino di sabotare e mettere al bando il Partito comunista revisionista venezuelano.
Sono cadute le illusioni sul cambiamento promesso da Chavez e dal suo successore Maduro, cadono le illusioni sul “Socialismo del XXI secolo”, dato che la cosiddetta rivoluzione bolivariana si è mantenuta dentro i canali del capitalismo, rappresentando semplicemente non una “rivoluzione” ma una nuova versione del potere della borghesia in chiave socialdemocratica.
3 maggio 2017