La finanza al potere in Francia
Macron, banchiere di destra e ipereuropeista, eletto presidente della Repubblica
Fa subito asse con Merkel. Trump lo tira a sé. Putin lo invita a combattere assieme il “terrorismo”. Per il nuovo duce Renzi e Gentiloni è una “speranza per l'Europa”.
Record storico dell'astensionismo. I sindacati in piazza contestano Macron
Emmanuel Macron, a capo della sua formazione En Marche, al ballottaggio del 7 maggio ha ottenuto il 66,1 % dei voti validi e ha battuto Marine Le Pen, la candidata fascista del Fronte nazionale che si è fermata al 33,9 % ed è stato eletto ottavo presidente della repubblica francese; con i suoi 39 anni è il più giovane presidente dal 1848.
Un comunicato dell'Eliseo rendeva noto che il passaggio dei poteri da Francois Hollande al successore era in programma per il 14 maggio; il presidente uscente si dichiarava “molto emozionato” all'idea di lasciare il posto al vincitore del ballottaggio, un ex del suo staff e suo ex ministro dell'Economia. Macron non è però un suo successore tanto che giustappunto in vista delle presidenziali si era smarcato anzitempo dal governo Valls e dal partito socialista, già in piena crisi, e con un proprio movimento si è ripresentato ridipinto a nuovo e ha fatto man bassa di voti in un confronto non difficile con la destra rappresentata dalla Marine Le Pen, la candidata rimasta dopo il tracollo anche del “centro-destra”.
Sullo scranno dell'Eliseo siederà un ex banchiere di destra e ipereuropeista che rappresenta la finanza al potere in Francia; con l'appoggio già dichiarato della Medef, la Confindustria d'oltralpe, che gli ha subito chiesto il conto e una modifica peggiorativa della “loi travail”, il Jobs act in salsa francese di cui Macron è stato uno dei padri. Come hanno immediatamente denunciato già la sera del 7 maggio, a urne appena chiuse, centinaia di giovani dei collettivi antifascisti, autonomi e anticapitalisti che sono scesi in piazza nei quartieri orientali di Parigi, da Belleville a Menilmontant, e nella centrale Place de la République, per contestare la vittoria di Macron al grido di “dimissioni”, prima di essere caricati con i lacrimogeni dalla polizia.
“Cominciano 5 anni di lotta”, era scritto su uno degli striscioni tenuti dalle diverse migliaia di manifestanti l'8 maggio a Parigi, alla protesta indetta dal collettivo Front social, che riunisce associazioni, studenti, disoccupati e sindacati, tra cui la Cgt e il sindacato studentesco Unef, con un appello nel quale si denunciava che “Emmanuel Macron è stato eletto presidente della Repubblica. Mobilitiamoci sin d'ora per dimostrargli che la piazza vuole farsi sentire e vuole combattere i suoi progetti di regressione sociale”. A Place de la République sventolavano bandiere del sindacato Cgt, striscioni dei movimenti pro immigrati Sans Papiers e Nuit Debout, presente con un suo coro che intonava Bella Ciao e Bandiera rossa.
Macron ha vinto ma dai dati elettorali spiccano il record della diserzione delle urne al 25,4%, mai così alta al secondo turno dal 1969 e accompagnata dal record storico di schede bianche e nulle che assieme hanno totalizzato l'11,4%. Sommando le tre componenti dell'astensionismo risulta che più di un elettore su tre ha bocciato sia Macron che Le Pen.
Macron ha ottenuto 20,7 milioni di consensi, il 66,1% dei voti espressi ridotto al 43,6% rispetto al corpo elettorale. Marine Le Pen ha ottenuto 10,6 milioni di consensi, il 33,9 %, o meglio il 22,4% del corpo elettorale. Macron ha vinto in tutti i dipartimenti tranne nei due del nord, Aisne e Pas-de-Calais, dove la Le Pen è arrivata al 52% dei voti validi.
Emmanuel Macron aveva vinto anche il primo turno del 24 marzo, una vittoria più di misura su Marine Le Pen, 24% dei voti validi contro il 21,3%; non molto distaccati altri candidati, dal repubblicano François Fillon arrivato al 20% e quello della ”sinistra” borghese Jean-Luc Mélenchon al 19,6%. Fermo al 6,3%, il candidato socialista Hamon. Repubblicani e socialisti, i due partiti che tradizionalmente si scambiavano la poltrona alla guida del paese cadevano entrambi, sfiduciati dagli elettori. I loro voti, assieme a una parte di quelli di Mélenchon, confluivano su Macron allo scopo di “fermare la destra”. Non tutti i loro elettori si sono però tappati il naso e votato al centro, hanno incrementato piuttosto la diserzione del voto e sopratutto le nulle e le bianche.
Dai dati del ministero degli Interni francese risulta che il 25,4% che ha disertato le urne rappresenta un record per il secondo turno delle presidenziali, inferiore di sei punti solo a quello di 48 anni fa di 31,2%, al ballottaggio del 1969 vinto da Georges Pompidou.
Dai voti validi vanno tolte le schede bianche e le nulle, all'8,4% e 3% rispettivamente, per un totale record di 4,1 milioni di elettori. Che sommati ai 12 milioni che hanno disertato le urne si arriva a un totale di 16,1 milioni di elettori, oltre un terzo del corpo elettorale che col 34% diventano il secondo partito nel paese, a metà strada tra il 43,6% del vincitore Macron e il 22,4% della Le Pen.
Emmanuel Macron si è laureato all'Ena, la Scuola nazionale di amministrazione, da dove è passata tutta la classe dirigente borghese e ha iniziato la sua carriera nel servizio pubblico come ispettore delle Finanze, prima di essere assunto nel 2008 alla banca d’affari Rothschild di cui diviene socio e dove era soprannominato il “Mozart della finanza”. Nel 2012 vola all'Eliseo con l'appena eletto presidente Hollande che lo vuole nell'incarico di fiducia di segretario generale aggiunto. In quella veste è il regista delle riforme liberiste del governo socialista dove avrà una carica nel 2014 come responsabile dell’Economia e in quella veste supporta la legge sul lavoro, la Loi Travail, una sua creatura anche se porta il nome della ministra El Khomry; contro Jobs act alla francese lavoratori e studenti riempiranno per mesi le piazze del paese.
L'opposizione sindacale e studentesca nelle piazze al governo socialista segnava il tracollo verticale dei consensi del presidente Hollande, che annusava l'aria e contrariamente ai suoi predecessori non si ripresentava per un secondo mandato. Poteva essere il via libera nello schieramento della “sinistra” borghese per il primo ministro Manuel Valls che però non raccoglieva consensi neanche nel suo partito che al ballottaggio gli preferiva Hamon, il candidato della “sinistra” del partito socialista incaricato di raccogliere i cocci del tracollo. Dalla partita si era sfilato Macron che nell'aprile 2016 aveva creato il movimento En marche, un movimento moderno che si definirebbe “liquido” e basato solo sulle donazioni dei suoi sostenitori (sic!). Tanto gli basta per darsi l’etichetta di “anti sistema”. Insomma un prototipo della nuova classe dirigente borghese che ha deciso di chiudere con i “tradizionali” partiti politici e lanciare nuovi cavalli per ingannare le masse popolari. Macron sembrerebbe un incrocio tra Beppe Grillo, tra l'altro per la capacità di cavalcare tutti i temi della destra facendosi passare per uno della “sinistra”, e il giovane e rottamatore Matteo Renzi con il vantaggio che proviene dalla scuola all'Ena e non da quella di Verdini.
Dopo il suo insediamento del 6 maggio del 2012, Hollande dichiarò di avere come primo obiettivo quello di dar vita ad un movimento continentale che si opponesse all’austerità delle burocrazie europee; non era molto credibile e infatti anche su questa parte del programma di governo ha registrato una serie di delusioni accodandosi alla politica di rigore della Merkel. Macron nel primo discorso appena chiuse le urne dichiarava “difenderò la Francia, i suoi interessi vitali. E difenderò l'Europa”.
In Europa il primo interlocutore del nuovo presidente francese è senza dubbio la Germania di Angela Merkel, la prima chiamata al telefono, col portavoce della cancelliera che rimarcava “è una vittoria per un'Europa forte e unita e per l'amicizia franco-tedesca”. La conferma dell'asse Berlino-Parigi alla guida della potenza imperialista europea.
Trump lo tirava a sé con un messaggio via twitter: “Congratulazioni a Emmanuel Macron per la grande vittoria di oggi come il prossimo presidente della Francia. Non vedo l'ora di lavorare con lui”. Anche il boia sionista Benyamin Netanyahu sosteneva che “non vedo l'ora di lavorare con il nuovo presidente” e indicava quale terreno di collaborazione quello contro il terrorismo: “una delle maggiori minacce che il mondo fronteggia oggi è il terrorismo estremista islamico che ha colpito Parigi, Gerusalemme e tante altre città. Francia e Israele sono vecchi alleati ed io sono sicuro che continueranno ad approfondire le relazioni”.
Un invito fotocopia di quello ricevuto dal presidente russo Vladimir Putin, che solo il 24 marzo scorso aveva ricevuto al Cremlino la leader del Front National che tra l'altro aveva portato a casa da banche russe diversi prestiti per finanziare il suo partito. Putin salutava l'elezione di Macron chiedendogli di “superare la sfiducia reciproca” e a “unire le forze” in particolare per combattere “la crescente minaccia del terrorismo e del fondamentalismo violento”, a fare asse contro lo Stato islamico.
Il nuovo duce Renzi e Gentiloni puntavano invece sul ruolo della Francia nel vecchio continente; “Una speranza si aggira per l'Europa” era il commento ridicolmente ammiccante allo spettro del comunismo del premier Paolo Gentiloni mentre Matteo Renzi si limitava a “la vittoria di Macron scrive una straordinaria pagina di speranza per la Francia e per l'Europa. En marche, in cammino”.
La prima controprova che aspetta al varco il nuovo presidente sarà la formazione del suo governo e il ravvicinato appuntamento delle elezioni legislative che si terranno l'11 e il 18 giugno per rinnovare i 577 seggi dell'Assemblea Nazionale.
10 maggio 2017