Boom di disoccupati ultracinquantenni
La disoccupazione è salita all'11,7%
Aumentati i licenziamenti
Il Jobs act e i vari decreti attuativi imposti a colpi di fiducia dal governo del nuovo duce Renzi e dai suoi tirapiedi all'Economia e al Lavoro Padoan e Poletti continuano a gettare sul lastrico non solo i precari, i giovani e i pensionati al minimo, ma anche le famiglie dei lavoratori ultracinquantenni.
A certificarlo sono gli ultimi dati (provvisori) su occupazione e disoccupazione resi pubblici dall'Istat il 2 maggio secondo cui a marzo 2017 la stima dei disoccupati ultracinquantenni rispetto a febbraio ha fatto registrare un vertiginoso aumento di oltre 57 mila unità portando il tasso globale all'11,7%.
Ciò significa che nel cosro del mese di marzo i disoccupati con più di 50 anni hanno superato il numero dei disoccupati giovani tra i 15 e i 24 anni: i primi erano 567 mila a fronte dei 524 mila tra chi ha meno di 25 anni. Mentre nel coso dell'ultimo anno marzo 2016 – marzo 2017 i disoccupati “anziani” sono aumentati di 103 mila unità. Ciò ha portato il tasso di disoccupazione ad aumentare al 6,7%, il livello più alto da novembre 2014 in questa fascia di età. Per l’Istat è la prima volta che accade dall’inizio delle serie storiche mensili (2004). Nelle classifiche del lavoro precarizzato e povero in Italia, questo storico sorpasso sembra essere dovuto principalmente alla fine della mobilità e alla riduzione temporale degli ammortizzatori sociali decisi dal Jobs Act.
Numeri e percentuali resi ancora più drammatici dalla contestuale ondata di licenziamenti rilevata dall’osservatorio sul precariato dell’Inps nei primi due mesi del 2017 secondo cui i licenziamenti disciplinari nelle aziende con più di 15 dipendenti sono aumentati del 30 per cento. Con il taglio degli sgravi, i contratti a tempo indeterminato sono calati del 12%.
Ecco quali sono gli amari frutti dei provvedimenti che dovevano “rilanciare l'economia e far uscire il Paese dalla crisi” e che invece sono la diretta conseguenza della cancellazione dell’articolo 18; l’imposizione del contratto a tutele crescenti che di fatto dà mano libera ai padroni di licenziare; il regalo di Stato alle imprese pari a 11 miliardi di euro in tre anni; il taglio dei salari per il lavoro dipendente nel privato, ovvero i pilastri della politica di lacrime e sangue e macelleria sociale imposta da Renzi e Poletti a colpi di fiducia.
10 maggio 2017