Un'altra trappola elettorale della “sinistra” borghese
Annunciata la lista civica a sinistra del PD
Contraddizione con Pisapia sull'alleanza col partito di Renzi
Obiettivo dichiarato: riportare in parlamento gli astensionisti di sinistra
Domenica 18 giugno, al teatro Brancaccio di Roma, si è svolta la manifestazione convocata da Tomaso Montanari e Anna Falcone per la costituzione di una lista civica nazionale a sinistra del PD. Vi hanno partecipato circa 1.500 persone, in gran parte provenienti dai Comitati per il No al referendum del 4 dicembre, di cui i due promotori sono stati tra i leader nazionali, da liste civiche locali, movimenti sindacali e studenteschi, centri sociali, ma anche leader politici di partiti e organizzazioni alla sinistra del PD.
Tra questi erano presenti in forze, a sottolineare l’interesse per l’iniziativa, esponenti di Art.1-MDP, come D’Alema, Speranza, Gotor, Scotto, Rossi, D’Attorre e Laforgia, lo stato maggiore di Sinistra italiana, con Fratoianni, Vendola e Fassina, delegazioni di Possibile di Civati, PRC, PCI, Lista Tsipras ecc., nonché una delegazione dell’organizzazione di De Magistris, DeMa. Presenti in sala, a titolo personale, Agnoletto, Ingroia e vecchie volpi trotzkiste come Casarini, Flores D’Arcais, Luciana Castellina e la direttrice del Manifesto Norma Rangeri.
Perché è stata convocata questa manifestazione, e cosa si propongono i loro promotori? Quello che li ha mossi lo ha spiegato chiaramente Montanari nel suo discorso di introduzione, quando ha detto: “Io e Anna Falcone abbiamo deciso di invitarvi a venire qua oggi, quando l’ennesimo amico ci ha detto che alle prossime elezioni politiche non avrebbe votato. Quando noi stessi ci siamo confessati un identico stato d’animo. Milioni di persone – tra cui moltissimi giovani – che il 4 dicembre erano andati ai seggi per dire No a quel progetto di oligarchia, ora non vedono niente a cui dire sì con un voto”.
Dunque il punto di partenza della vicepresidente dei Comitati per il No e dello storico dell’arte e polemista antirenziano, oggi subentrato a Nadia Urbinati alla presidenza di Libertà e Giustizia, è stata la constatazione che gran parte di elettori di sinistra, e in particolare i giovani, che hanno animato i Comitati e partecipato alla battaglia referendaria, sono orientati ad astenersi alle elezioni politiche; ma anche amministrative, come ha dimostrato la recente consultazione al primo e soprattutto al secondo turno. E non soltanto perché disgustati dal PD di Renzi, ma anche perché non si fidano neanche delle tante vecchie sirene revisioniste e trotzkiste che si presentano come sua alternativa a “sinistra”, da MDP a SEL-SI, dal PRC al PC di Rizzo e alle varie Liste civiche colorate con qualche spruzzata di rosso che cercano di abbindolarli.
Riportare a votare gli astensionisti di sinistra
Il punto di partenza, insomma, è che oggi in Italia va alle urne solo il 50% degli elettori, e che, come ha sottolineato Montanari, “nel 50% che non vota ci sono i sommersi. I disperati. I disillusi. Gli scartati, di cui nessuno si cura”. E se questa è la premessa, dov’è che vogliono arrivare i promotori di questa manifestazione? Lo ha detto chiaro e tondo ancora una volta Montanari: “L’idea che ci ha condotti oggi qua è molto semplice: costruire una grande coalizione civica nazionale e di sinistra capace di portare in parlamento questa metà di Italia”.
In realtà avrebbe dovuto dire “riportare in parlamento”, dal momento che egli sa benissimo che una parte significativa di quel 50% che oggi si astiene sono elettori di sinistra, che una volta costituivano il nerbo elettorale del PCI revisionista, quando le percentuali dei votanti in Italia erano le più alte d’Europa, e che nel corso degli anni sono andati ad ingrossare le fila dell’astensionismo man mano che il PCI svelava il suo inganno e degenerava in quel partito ormai apertamente liberale e di destra che oggi è in mano al nuovo duce Renzi.
Anna Falcone è stata se possibile ancora più chiara sugli obiettivi, quando nella sua replica finale ha detto: “Si parla di una sinistra rancorosa, noi invece vogliamo una sinistra felice. I giovani sono importanti, purché siano con noi non solo per protestare (sic), ma per costruire uno spazio nuovo. I cittadini italiani non hanno più tempo: il nostro obiettivo è operativo, individuare i punti che ci uniscono per presentarci alle prossime elezioni e costituire una nuova speranza per chi si è disaffezionato alla politica, è deluso e si sente demotivato”.
Quindi non si tratta di costruire un movimento di opposizione civile, sia pure in difesa e in attuazione della Costituzione del 1948, sul modello dei Comitati per il No e dei “girotondi”, per intenderci. Men che meno essi hanno accennato alla necessità di raccogliere la protesta astensionista per incanalarla nel movimento di lotta che sobbolle nelle piazze, nelle scuole e nei luoghi di lavoro in difesa dei diritti e delle condizioni delle masse. No, essi puntano esclusivamente – in previsione delle ormai vicine elezioni politiche – al recupero degli astensionisti di sinistra attraverso la creazione urgente di una nuova lista elettorale a sinistra del PD.
Contraddizioni e ambiguità verso Pisapia
Niente di nuovo sotto il sole, dunque. Si tratta ancora dell’ennesima trappola elettorale della “sinistra” borghese per drenare l’astensionismo, anche se a tenderla sono stavolta due suoi esponenti meno politicamente compromessi e provenienti dalla “società civile”: in realtà due vecchie volpi, soprattutto l’avvocata Falcone, nipote del boss socialista Giacomo Mancini, già responsabile nazionale per la politica femminile del PSI e candidata nella lista di “rivoluzione civile” di Ingroia, prima di riciclarsi come vicepresidente dei Comitati per il No.
Quanto a Montanari, che pure ha dichiarato che non intenderebbe candidarsi, neanche lui è proprio di primo pelo: ricordiamo che ha partecipato al fianco di Civati alla prima Leopolda renziana e che durante il governo Letta è stato nominato membro della Commissione per la riforma del Mibact dal ministro dei Beni culturali, il dalemiano Massimo Bray. Che un anno fa, pur rifiutando l’offerta della Raggi di un assessorato nella sua giunta, accettò comunque l’incarico di suo consigliere personale per la cultura, anche se poi prudentemente egli non ne fece di nulla. E che oggi è consigliere del sindaco SI di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi.
E per quanto si sia costruito una fama di antirenziano coerente, e abbia ribadito anche in questa occasione che il “PD di Renzi è un partito di destra” col quale non è possibile nessuna alleanza, è stato ambiguo invece su una possibile alleanza con MDP e nei confronti di Pisapia e del suo “Campo progressista”, che pure insiste su un’alleanza di “centro-sinistra” col PD di Renzi, con la mediazione ultimamente di Prodi che si propone di fare da “collante” tra l’ex sindaco di Milano, Letta e Renzi.
Sulla carta i progetti di Montanari e di Pisapia dovrebbero essere dunque incompatibili, tanto che il bersaniano Gotor è stato sonoramente fischiato dalla sala quando ha detto che MDP parteciperà alla manifestazione per una lista di “centro-sinistra” indetta da Pisapia il 1° luglio a piazza SS Apostoli. E lo stesso Pisapia ha rifiutato di partecipare all’assemblea del Brancaccio perché “non c’erano le condizioni”. Ma allora perché Montanari ha avuto bisogno di sottolineare che “il nostro obiettivo finale rimane una sola lista a sinistra: e aspettiamo, il primo luglio, una risposta chiara. Una risposta sulle cose, non sulle formule”? Sembra cioè di capire che questa nuova “lista di cittadinanza a sinistra”, come l’ha definita Montanari, e che già includerebbe in partenza il PRC e SEL-SI, “a certe condizioni” potrebbe fondersi in un’unica lista elettorale col “centro-sinistra” di Pisapia e Bersani. Che guarda all’alleanza con Renzi, almeno nei piani del primo dei due. Dunque alla fine della fiera tanto “a sinistra del PD” la lista invocata da Montanari e Falcone non sarebbe proprio.
Non a caso la trotzkista Rangeri, sul Manifesto, li invita non solo a “non porre paletti o veti per chi ha rotto con dolore e con fatica con il proprio passato” (leggi i bersaniani, ndr), ma addirittura a “identificare una leadership” (magari Pisapia? ndr), perché “va preso atto che oggi la politica, in Italia e nel mondo, si fonda anche sul leaderismo”. E anche il trattamento riservato ad alcune forze, che si sono lamentate di non essere state fatte parlare, come una ragazza del centro sociale “Je so’ pazzo” di Napoli, e il segretario del PCI Mauro Alboresi, che si è sentito dire che era autorizzato a parlare solo il segretario di Rifondazione per tutte le forze di sinistra, fa sospettare che neanche questa “Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza”, come l’hanno nominata provvisoriamente gli organizzatori, nasca immune dai soliti giochi di potere tipici della “sinistra” borghese.
28 giugno 2017