In Lunigiana
Carabinieri arrestati per “violenze sistematiche e metodiche”
Abusi ai danni delle donne
Dicevano: “Noi come la mafia”
Sono nove i carabinieri raggiunti lo scorso 14 giugno da misure cautelari per ordine del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Massa a seguito di un'indagine, durata circa due anni, che ha smascherato una vera e propria associazione a delinquere composta da ventidue appartenenti all’arma (tra i quali un maresciallo, un brigadiere e alcuni appuntati) accusati complessivamente di ben 104 capi di imputazione per reati gravissimi.
La procura della Repubblica di Massa considera a capo dell’organizzazione criminale il brigadiere Alessandro Fiorentino in forza ad Aulla, finito in carcere con oltre 20 capi di imputazione, mentre i suoi sodali, nonché commilitoni, Luca Varone, Gianluca Granata e Ian Nobile si trovano ai domiciliari e altri quattro carabinieri membri dell’organizzazione, Emiliano Crielesi, AndreaTellini, Daniele Bacchieri e Simone Angelo Del Polito sono stati colpiti dal provvedimento di divieto di dimora in comuni che si trovano nella provincia di Massa Carrara, per timore che possano inquinare le prove a loro carico.
Oltre ai carabinieri colpiti da misure cautelari, vi sarebbero altri 11 appartenenti all’arma indagati a piede libero.
Sei dei carabinieri sottoposti a misure restrittive prestano servizio alla caserma di Aulla e tre in quella di Albiano Magra, in provincia di Massa Carrara.
L’ordinanza, di oltre 200 pagine e che comprende ben 104 capi di imputazione, prende in esame una sessantina di episodi delittuosi perpetrati dai carabinieri nell’arco di circa due anni, e i principali reati contestati agli appartenenti all’associazione sono lesioni personali, percosse, falso in atto pubblico, abuso d'ufficio, omissione di atti d’ufficio, rifiuto di denuncia, sequestro di persona, violenza sessuale e possesso illegale di armi, nella fattispecie coltelli.
Nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che commina le misure cautelari si legge che i carabinieri coinvolti nell’inchiesta si sono resi responsabili di “violenze sistematiche e metodiche
”, tanto che per essi era “quasi una normalità l’illegalità e l’abuso
” finalizzata, come ritiene il pubblico ministero nella sua richiesta di irrogazione delle misure, a “strumentalizzazioni a fini privati
”.
L’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Alessia Iacopini, è partita circa sette mesi fa, dopo la denuncia di un italiano, e dopo tale denuncia sono emersi altri episodi, con indagini effettuate anche con intercettazioni ambientali e telefoniche.
Tra i casi documentati dalla magistratura c’è quello di un cittadino marocchino che, portato in caserma per controlli, è stato colpito senza motivo con calci, pugni e un bastone, tanto da provocargli la prognosi di una settimana, e non senza prima averlo avvertito di dichiarare al pronto soccorso di essere scivolato, ma per fortuna i magistrati già intercettavano gli aguzzini in divisa.
Un altro episodio atroce documentato dalle intercettazioni dei magistrati è quello relativo a pesanti abusi sessuali subiti da alcune donne extracomunitarie portate in caserma per accertamenti.
Un’altra donna, un’avvocatessa del foro di Massa Carrara che difendeva un extracomunitario, fu minacciata dal brigadiere Fiorentino, al fine di indurla a omettere i suoi doveri di ufficio verso il suo assistito, di arbitrario ritiro della patente automobilistica: il fatto, prontamente comunicato dal legale al suo ordine professionale, è stato anche esso puntualmente registrato dalle cimici della procura della Repubblica.
Altre intercettazioni documentano che i carabinieri infierivano contro gli stranieri con violenze accompagnate da pesanti e squallidi insulti razzisti e coloro che tentavano di ribellarsi venivano anche intimoriti con minacce di morte accompagnate dalle parole “noi come la mafia
”.
I magistrati voglio anche capire che fine abbia fatto una notevole quantità di droga sequestrata e, a quanto pare, sparita nel nulla.
Il giudice per le indagini preliminari di Massa ha convalidato e confermato nei giorni successivi tutte le misure cautelari irrogate contro i nove carabinieri, giustificando i suoi provvedimenti con il timore di inquinamento delle prove.
5 luglio 2017