La prima base all'estero del socialimperialismo cinese
La Cina invia truppe nella base aeronavale di Gibuti
Pechino ha truppe di combattimento in Mali, Liberia e Sudan del Sud
Il ministro degli esteri: “Come ogni altra potenza in ascesa, gli interessi della Cina si espandono sempre più all'estero”
Il 12 luglio dal porto di Zhanjiang, nel Guandong, sono salpate le navi con i primi 2500 soldati spediti da Pechino nella nuova base navale militare appena costruita a Gibuti, sulla punta del corno d'Africa, la prima base all'estero del socialimperialismo cinese. Non saranno i primi soldati presenti nel paese africano, una rappresentanza di truppe cinesi ha già sfilato in parata nella giornata dell'indipendenza di Djibouti, lo scorso 27 giugno, per celebrare l’anniversario dei 40 anni dell'indipendenza dal colonialismo francese.
Il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino annunciava l’inaugurazione ufficiale della base e la presentava come un contributo per aiutare la pace e la sicurezza nella regione africana: “le forze navali cinesi sono presenti nelle acque al largo della Somalia, nel Golfo di Aden per condurre missioni di protezione e di scorta delle navi mercantili dal 2008 e la base militare aiuterà la Cina ad adempiere meglio agli obblighi internazionali nel condurre missioni di accompagnamento e assistenza umanitaria. Contribuirà anche a promuovere lo sviluppo economico e sociale a Gibuti”.
Gli interessi economici del socialimperialismo cinese si estendono come una piovra in ogni continente, le multinazionali statali e private cinesi se la giocano alla pari con quelle dell'imperialismo americano; il ministro degli Esteri cinese Wang Yi sottolineava che “come per ogni altra potenza in ascesa, gli interessi della Cina si espandono sempre più all'estero: abbiamo ormai 30mila imprese nel resto del mondo”. Ed è inevitabile che prima o poi gli interessi economici imperialisti vengano tutelati dal braccio militare e infatti, negli ultimi anni sotto la presidenza di Xi Jinping Pechino ha iniziato a mandare anche i soldati all'estero, nell'ambito delle missioni del'Onu. Per restare al continente africano, sono già presenti più di 2.500 soldati e poliziotti cinesi impiegati in vari paesi, con le maggiori presenze nel Sud Sudan, oltre mille uomini, Liberia, quasi 700 uomini e Mali, 400 uomini. Con l'arrivo del nuovo contingente a Gibuti i militari cinesi nel continente raddoppieranno di botto, e altri arrivi sono previsti in futuro.
La vecchia via della seta terrestre passava da Aleppo, e la Cina è sempre più interessata a partecipare alla stabilizzazione della Siria per riaprire un canale sicuro ai suoi commerci al momento interrotto sulla tratta che va da Teheran al Mediterraneo via Baghdad. In parallelo Pechino costruisce la nuova via della seta marittima che passa necessariamente dal Mar rosso e Gibuti è un presidio in posizione strategica sullo stretto di Bab el-Mandeb che collega il Mar Mediterraneo attraverso il Canale di Suez e il Mar Rosso al Golfo di Aden e all'Oceano Indiano. Da questa via passa un traffico di circa 5mila miliardi di beni, qualcosa come un terzo del traffico marittimo mondiale e sulla punta del Corno d'Africa sono spuntate una dietro l'altra una serie di basi militari; i colonialisti francesi se ne erano andati nel 1977 ma avevano mantenuto una base della Legione straniera alla quale si è aggiunta nel 2002 quella americana di Camp Lemonnier, l’unico avamposto militare americano in Africa che è stato ampliato nel 2007 in modo da poter ospitare in modo permanente 4 mila soldati. A Gibuti sono presenti inoltre almeno 25 mila uomini di altre potenze imperialiste europee, compresi italiani, spagnoli e olandesi, e financo un piccolo contingente della Marina giapponese.
Il primo passo verso la costruzione della base, iniziata nel 2006, era stato spiegato da Pechino come dettato dalla necessità di dare una base logistica al contingente cinese inserito nella missione internazionale impegnata nella “lotta alla pirateria”, la base non era una minaccia per le altre potenze. La missione imperialista internazionale Atalanta costituita per operazioni anti-pirateria al largo delle coste somale già lo scorso anno aveva limitato a pochissimi casi gli attacchi a navi mercantili dai quasi 250 del 2011 ma a Pechino non hanno rinunciato al progetto che serviva ad altro. A partire dal presidio militare degli interessi economici cinesi nel continente africano, divenuto il primo partner commerciale.
Il presidente gibutino Ismail Omar Guelleh aveva firmato l'intesa per la costruzione della base militare col suo omologo cinese Xi Jinping in cambio di una serie di investimenti che hanno dato vita a un vero e proprio boom economico gibutino, tutto a favore delle multinazionali cinesi.
Sul lungomare di Doraleh le multinazionali cinesi, che hanno comprato il 25% del porto commerciale, hanno costruito terminal petrolifero e scalo container e stanno completando la costruzione di un gigantesco porto multifunzionale in grado di accogliere le grandi navi cargo e le moderne petroliere. Aziende e personale cinesi stanno costruendo strade, due aeroporti, alberghi, banche, centri commerciali, acquedotti, impianti eolici e solari mentre una serie di collegamenti con cavi sottomarini di fibra ottica, fanno di Gibuti il principale hub informatico della costa orientale dell’Africa. Al porto di Doraleh fa capo anche la nuovissima linea ferroviaria che collega la capitale etiopica Addis Abeba a Gibuti e rappresenta l'arteria indispensabile per far viaggiare import e export etiopico; i 4 miliardi di dollari del costo sono stati finanziati al 70% da governo e multinazionali cinesi che in tre anni e mezzo hanno steso i binari sui 760 chilometri fra le due città. La ferrovia è stata inaugurata lo scorso gennaio e entrerà in funzione entro l'estate. Poco distante, nella città portuale di Massawa in Eritrea, la multinazionale cinese China Harbor Engineering Company è impegnata nel completamento di due nuovi terminali di carico e multifunzionali dalla capacità di 70 mila tonnellate di merci. Un imponente traffico commerciale che tra breve sarà “protetto” dalla nuova base aeronavale costruita nel golfo di Tadjoura, di fronte alla capitale Gibuti, in grado di ospitare fino a 10 mila uomini e di far attraccare le grandi navi militari; in futuro sarà ampliata con una base aerea.
19 luglio 2017