Non tutti i bambini stranieri nati in Italia potranno diventare italiani
Ius soli troppo restrittivo
Sul tema si aggrava il razzismo del M5S. Gentiloni ne rimanda l'approvazione definitiva
Il disegno di legge di riforma della cittadinanza, approvato alla Camera il 13 ottobre 2015 e ora in discussione al Senato, incontra, pur essendo un testo eccessivamente restrittivo riguardo alla concessione della cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia, un percorso sofferto e tormentato da molti ostacoli politici: dall’ambiguo atteggiamento del M5S al muro contro muro eretto dal partito forcaiolo di Alfano che minacciando di non votare la fiducia ha indotto Gentiloni a rimandarne ulteriormente l'approvazione definitiva alle calende greche, all'autunno e persino alla fine della legislatura.
Innanzitutto bisogna sfatare un mito creato ad arte dalla propaganda di Renzi e Gentiloni, quello per cui tale riforma legislativa garantirebbe a tutti i figli di stranieri che vivono in Italia la concessione della cittadinanza italiana, in quanto è piena di cavilli burocratici e di artificiose limitazioni che limitano fortemente la sbandierata estensione universale della cittadinanza.
L’attuale normativa italiana che disciplina la cittadinanza, la legge n. 91/1992, stabilisce come criterio fondamentale che la cittadinanza italiana spetta di diritto a chi nasce da cittadini italiani (tale principio è detto dello ius sanguinis
).
Tale principio fondamentale è integrato da quello dello ius soli
, secondo il quale i figli di stranieri nati in Italia possono chiedere la cittadinanza italiana solo al compimento della maggiore età, soltanto se però essi hanno risieduto dalla nascita in Italia legalmente e senza interruzione, e la devono ottenere entro due anni dalla richiesta, altrimenti restano stranieri a tutti gli effetti.
D’altra parte l'accoglimento della richiesta è a discrezione del ministero degli Interni, il quale notoriamente frappone mille ostacoli, per cui non c'è nessuna certezza di avere la cittadinanza entro i 20 anni di età, e quindi di non dover seguire la strada molto più lunga e difficile della naturalizzazione, per ottenerla, e con il rischio che la mancanza o l’insufficienza di reddito o l’inadeguatezza della situazione abitativa facciano ricadere lo straniero richiedente nella condizione di clandestino con il rischio dell’espulsione, una condizione nella quale gli immigrati nati in Italia sono costantemente sotto ricatto.
Il disegno di legge approvato alla Camera e attualmente discusso in Senato è basato invece su una sorta di ius soli
temperato, per cui i figli degli stranieri immigrati nati in Italia possono ottenere la cittadinanza prima di diventare maggiorenni alla condizione che almeno un genitore sia in possesso del permesso di soggiorno permanente o del permesso UE di lungo periodo.
Tale documentazione non è certo di facile ottenimento, in quanto è legata a precisi criteri di reddito, di abitazione, di conoscenza della lingua e di altri criteri che diventano nella realtà altrettanti ostacoli burocratici che le autorità possono frapporre a propria discrezione, tanto che non è infrequente che possano passare anche molti anni (nella prassi anche 8 o 10 anni) prima di conseguirla, anche in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge.
La richiesta di cittadinanza deve essere presentata poi, prima che il minore nato in Italia diventi maggiorenne, da chi esercita la potestà genitoriale o, in mancanza di genitori, anche dall'interessato, da quando è divenuto maggiorenne fino ai due anni successivi.
La legge quindi prevede per i figli di stranieri nati in Italia, da un punto di vista tecnico, non un diritto alla cittadinanza, bensì un interesse legittimo alla cittadinanza sottoposto a un complesso procedimento burocratico, che lascia intatto l'attuale potere discrezionale delle autorità e limita fortemente le aspettative dei giovani stranieri nati in Italia.
E a ben guardare, il disegno di legge contiene anche elementi discriminatori, in quanto condizionare il diritto di cittadinanza dei nati in Italia alle condizioni economiche dei genitori implica una intollerabile discriminazione economica tra i figli di immigrati.
Quindi è falso ciò che afferma in ogni sede la maggioranza che sostiene il disegno di legge quando presenta la riforma come una vera e propria svolta a favore dei figli degli immigrati, perché non viene disegnato un sistema nel quale il diritto di cittadinanza spetta incondizionatamente a chi nasce in Italia (come avviene in moltissimi Paesi europei), bensì viene delineato un sistema nel quale la logica antidemocratica e ricattatoria della vecchia legge, secondo cui la cittadinanza è una concessione delle autorità.
Il disegno di legge prevede poi, in alternativa al ius soli
temperato, il principio dello ius culturae
, secondo il quale può ottenere la cittadinanza italiana anche il minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, purché abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli di istruzione o di formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale, e nel caso del ciclo primario occorre aver anche conseguito il titolo finale, fermo restando che fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età è sempre necessario il consenso di un genitore per la richiesta di cittadinanza.
La riforma prevede poi, per i minori stranieri residenti in Italia, anche l’istituto della naturalizzazione, che riguarda gli stranieri che hanno fatto ingresso in Italia tra i 12 e i 18 anni di età; i giovani che vorranno ottenere la cittadinanza dovranno dimostrare di risiedere legalmente in Italia da almeno sei anni e di aver frequentato regolarmente un ciclo scolastico con il conseguimento del titolo conclusivo, o un corso di formazione professionale con il conseguimento del titolo.
Il disegno di legge prevede infine anche una disciplina transitoria per coloro che hanno maturato i requisiti previsti per la concessione della cittadinanza, tramite ius culturae
e prima dell'entrata in vigore della legge, purché abbiano già compiuto i 20 anni di età, termine ultimo per la dichiarazione di acquisto della cittadinanza: costoro possono fare richiesta della cittadinanza entro e non oltre 12 mesi dall'entrata in vigore della legge, ma solo se residenti in Italia da almeno 5 anni, con l’esclusione di coloro che hanno già ricevuto in passato un diniego o siano stati colpiti da un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza della Repubblica.
Il disegno di legge, frutto di un compromesso al ribasso intervenuto nel 2015 tra Renzi e Alfano (che ora lo misconosce nel tentativo di cavalcare la campagna razzista e xenofoba contro gli immigrati) ed ereditato dal governo Gentiloni, è quindi mistificatorio e frutto di una politica che continua a limitare fortemente la concessione della cittadinanza ai giovani stranieri nati o vissuti in Italia e che, addirittura, introduce odiose discriminazioni tra giovani stranieri abbienti e giovani stranieri indigenti.
Esplicitamente antimmigrati rispetto a quello del PD è l’atteggiamento politico di FI, Lega e FDI, che si sono opposti al disegno di legge quando fu votato alla camera alla fine del 2015, e che continuano anche ora a opporsi in Senato.
Estremamente ambigua resta poi la posizione del Movimento 5 Stelle sul disegno di legge, anzi bisogna prendere atto di un progressivo spostamento pilotato da Grillo, nell’arco di quattro anni, da parte di tale formazione politica verso le posizioni razziste della Lega.
È un fatto che al Senato la critica dei pentastellati al disegno di legge insiste sul fatto che tale provvedimento concede addirittura troppo ai giovani stranieri nati o vissuti in Italia, mentre a ottobre del 2015 si astennero nella votazione criticando il provvedimento in quanto ritenuto inadeguato alla risoluzione del problema dei giovani stranieri nati o cresciuti in Italia: il M5S ha detto che al momento del voto in Senato si asterrà, un fatto che per il regolamento del Senato equivale a dare voto contrario. Al punto che lo stesso Salvini ha ora dichiarato di potersi alleare col M5S anche sul tema degli migranti.
A confermare il graduale spostamento a destra c'è il disegno di legge, sottoscritto nel 2013 da tutti i principali dirigenti del Movimento 5 Stelle, tra cui Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, che prevedeva la cittadinanza per le persone nate in Italia da coppie di stranieri se almeno uno dei genitori avesse avuto un permesso di soggiorno di lungo periodo e avesse risieduto in Italia per almeno tre anni o, in alternativa, per i figli di cittadini stranieri che avessero compiuto almeno un ciclo scolastico nel nostro paese.
19 luglio 2017