L'ex segretario della Fiom entra nella segreteria Cgil
Landini normalizzato dalla Camusso
A capo dei metalmeccanici la “fedelissima” Francesca Re David
La notizia era nell'aria da tempo e ora è ufficiale: Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom (da cui ha rassegnato le dimissioni), entra nella segreteria generale della Cgil che da 9 passa a 10 membri. Un segnale che può essere letto solo in un modo, quello della normalizzazione della Fiom, della ricucitura delle divergenze tra l'organizzazione dei metalmeccanici e la segreteria confederale attraverso la ricomposizione di quella frattura, spesso definita “anomala”, che per lungo tempo ha tenuto su posizioni distinte la “casa madre” Cgil dalla categoria più numerosa, forte e combattiva del maggiore sindacato italiano.
È stata la stessa Susanna Camusso a sponsorizzare l'ingresso di Landini, una mossa chiaramente concordata da tempo fra i due. L'Assemblea Generale, l'organismo intermedio tra il direttorio ristretto della segretaria e gli organismi territoriali e di categoria creata nemmeno due anni fa dalla Cgil, lo ha eletto alla seconda votazione perché secondo le regole statutarie del sindacato, alla prima votazione dovevano partecipare 219 persone, i 2/3 degli aventi diritto; cifra che però non è stata raggiunta e si è quindi dovuto procedere con una seconda votazione. Alla seconda consultazione è invece bastava raggiungere il 50% + 1 degli aventi diritto perché l'elezione fosse valida.
Bisogna andare indietro di parecchi anni per trovare un leader della Fiom membro della segreteria nonostante il peso dei metalmeccanici dentro la Cgil. Non è stato certo un caso, bensì era il segnale della persistente conflittualità, pur tra alti e bassi, tra i due soggetti. La Fiom in questi decenni molte volte ha fatto scelte politiche e contrattuali diverse dal resto della Cgil, pur tra mille contraddizioni, spesso facendo marcia indietro o senza andare sino in fondo. Tuttavia il sindacato dei metalmeccanici si è posto quasi sempre su posizioni più avanzate; per rimanere in tempi più recenti ricordiamo la partecipazione al Social Forum di Genova nel 2001, le critiche aperte al governo Prodi che portarono ad una forte tensione con la segreteria di Epifani, al sostegno ai NO Tav, agli accordi separati a Pomigliano come rifiuto di relazioni sindacali di tipo mussoliniano volute dall'AD della Fiat Sergio Marchionne, poi estese a tutte le fabbriche italiane con il Jobs Act di Renzi.
Anche sulla democrazia nelle aziende e nel sindacato la Fiom ha sempre dato battaglia affinché ci fosse lo spazio per il protagonismo dei lavoratori e per opinioni diverse da quelle della segreteria. Proprio su questo punto ci sono state delle giravolte che hanno portato Landini da posizioni di rifiuto del Testo Unico sulla Rappresentanza (TUR) e di autonomia verso la Camusso ad accettare quell'accordo antisindacale che limita la democrazia, le lotte e il diritto di sciopero e ad usare un metodo autoritario dentro la Fiom che ha portato, tra gli altri, al licenziamento tramite il ritiro del distacco sindacale, di Sergio Bellavita della minoranza Cgil e a usare provvedimenti disciplinari contro 11 operai iscritti alla Fiom della Fca di Melfi per aver rifiutato i ricatti di Marchionne.
Ma i segnali del riavvicinamento tra Landini e Camusso e il ritorno all'ovile del leader della Fiom erano sempre più frequenti tanto che l'ingresso in segreteria di Landini non ha sorpreso più di tanto. Nei salotti televisivi annunciava di voler occupare le fabbriche e di voler difendere la dignità dei lavoratori ma nella pratica cedeva su tutto, firmando pessimi contratti “unitari” che contraddicevano i suoi slogan e avvicinavano la Fiom alle omologhe organizzazioni di categoria di Cisl e Uil, dialogava con Renzi, riabilitava Marchionne, accettava il TUR.
Stando così le cose il bilancio del suo mandato non può che essere negativo dal punto di vista dei lavoratori. L'illusione di aver trovato un valido interprete della combattività e dello spirito di classe dei metalmeccanici è andata rapidamente delusa, mentre sul piano politico si era già consumato il fallimento della sua creatura, la “Coalizione sociale”. Se lascia la Fiom in condizioni peggiori di come l'aveva trovata, in buona parte è demerito suo. La sua elezione in segreteria è presentata come un fattore positivo di ritrovata unità ma in realtà chiude la parabola di Landini che si ritrova accolto come il “figlio prodigo” che ha sbagliato ma si è ravveduto.
Il futuro non promette niente di buono se andiamo a guardare chi siederà sulla poltrona di Corso Trieste. La nuova segretaria sarà Francesca Re David, fedelissima di Landini, ex Pci, poi vicina a SeL, sposata con il giornalista del TG3 Fabio Venditti, proviene dall'apparato e non ha mai messo piede in fabbrica per lavorare. Come biglietto da visita presenta il peggior contratto che la categoria abbia mai firmato, visto che lei si è spesa molto per la sua stesura e nelle trattative per il rinnovo avvenuto pochi mesi fa. Sta ai lavoratori e ai delegati di base lottare per fermare la deriva collaborazionista che ha preso la Fiom.
19 luglio 2017