L'esperienza riformista del “socialismo del XXI secolo” mostra la corda
Il Venezuela spaccato sull'Assemblea costituente
L'imperialismo americano appoggia e manovra la destra golpista venezuelana. Anche il papa alla fine si schiera con la destra
Trump: “Non è esclusa l'opzione militare contro Caracas”
Il 4 agosto si insediava a Caracas l'Assemblea nazionale costituente (Anc) del Venezuela eletta il 30 luglio e nella prima seduta i 545 membri eleggevano alla presidenza Delcy Rodriguez, ex ministra degli Esteri, e due vicepresidenti che nei prossimi mesi saranno i dirigenti di una assise che di fatto sarà il governo del presidente Nicolas Maduro. Il compito principale dell'assemblea sarebbe la redazione di una nuova Costituzione il cui testo sarà sottoposto a referendum, previsto a dicembre ma già il 18 agosto, con un decreto disposto dalla presidente Rodríguez, l'assemblea azzerava le competenze del Parlamento venezuelano eletto nel 2015 e si assegnava il potere di legiferare in tema di ordine pubblico, sicurezza nazionale, diritti umani, sistema socio-economico e finanze.
Al voto del 30 luglio che ha eletto 364 parlamentari su base territoriale territoriale e 173 per suddivisione sociale, ovvero 8 contadini e pescatori, 5 imprenditori, 5 disabili, 24 studenti, 24 membri di consigli locali, 28 pensionati e 79 operai e 8 rappresentanti delle comunità indigene, hanno partecipato, secondo i dati diffusi dal Consiglio elettorale, circa 8 milioni di elettori sui 19 milioni aventi diritto, pari al 41,5%; ovvero un numero superiore ai sette milioni che avrebbero partecipato due settimane prima al “referendum” contro il presidente Maduro indetto dalla Mud, la Mesa de la Unidad Democratica, la coalizione dell'opposizione parlamentare di destra.
Col giuramento dei componenti dell'assemblea si interrompeva quella spirale di scontri alimentata dall'opposizione di destra che in quattro mesi aveva fatto registrare un bilancio di oltre 130 morti, più di 1.500 feriti e migliaia di arrestati che aveva portato il Venezuela sull'orlo della guerra civile. Con l'assemblea insediata la Mud rinunciava a nuove manifestazioni di piazza e annunciava la partecipazione alle elezioni regionali di dicembre.
Dalle urne usciva comunque un paese che si è spaccato sull'Assemblea costituente, col governo del presidente Maduro che deve fronteggiare una pesantissima crisi politica e economica, di cui porta una parte di responsabilità, sotto la pressione di una evidente ingerenza dell'imperialismo americano che appoggia e manovra la destra golpista venezuelana. Una destra che dopo il sostegno della Chiesa cattolica locale incamerava alla fine anche quello del papa.
Fra gli obiettivi che il governo del presidente Maduro ha indicato per i lavori dell’Anc ci sono l'indicazione di un percorso verso “un nuovo modello di economia post-petrolifera, produttiva, diversificata, che soddisfi le necessità di approvvigionamento della popolazione”, “il consolidamento delle nuove forme della democrazia partecipativa, con la costituzionalizzazione dei consigli comunali e delle comunas (le unità organizzative di base che spesso sono anche unità produttive, ndr)”, “la preservazione della vita sul pianeta, proteggendo la biodiversità e sviluppando una cultura ecologica”. Obiettivi già enunciati nei 15 anni di amministrazione del presidente Hugo Chavez e del suo successore che sono rimasti in gran parte sulla carta e testimoniano tra gli altri come l'esperienza riformista del “socialismo del XXI secolo” mostri la corda. E ha tolto al governo di Caracas quantomeno una parte del consenso popolare che aveva conquistato in passato e rendendolo più debole nel contrastare l'offensiva dell'opposizione di destra e dell'imperialismo americano.
Il Venezuela conta meno appoggi anche nel continente dopo il ritorno della destra al potere nei due principali paesi, Brasile e Argentina, mentre l'offensiva degli Usa rilanciata dall'amministrazione Trump può contare sulla partecipazione attiva del Segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani, l'uruguaiano Luis Almagro, che per cinque anni, fino al 2015, è stato ministro degli Esteri a Montevideo nel governo della “sinistra” borghese presieduto da José Mujica.
Almagro a metà luglio minacciava un intervento dell'organizzazione per avviare un processo di “ritorno alla democrazia” nel paese, una inaccettabile ingerenza a favore della Mud che organizzava il “referendum” contro la proposta di Assemblea costituente e procedeva grazie alla sua maggioranza parlamentare alla nomina di 33 magistrati del Tribunal Supremo de Justicia (Tsj), l’istanza che vigila e interviene per garantire l’equilibrio fra i 5 organi che reggono la repubblica presidenziale. Il Tsj bocciava la decisione del parlamento, ritenendola un reato.
Ben più potente era la voce che si levava dalla Casa Bianca. In una nota del 18 luglio il presidente Trump sosteneva che non sarebbe rimasto a guardare mentre il ”Venezuela va sgretolandosi”, appoggiava la consultazione promossa dalla Mud e chiedeva ”elezioni libere e giuste per ristabilire una democrazia piena e prospera nel paese”. Il 22 luglio l'amministrazione Trump minacciava che “se il regime di Maduro impone la sua Assemblea costituente il 30 luglio, gli Usa adotteranno massicce e rapide azioni economiche” per riportare il paese “a una piena e florida democrazia”. Minacce respinte al mittente dal governo di Caracas. La sospensione dell’Assemblea costituente era chiesta anche da Federica Mogherini, l'Alto rappresentante Ue per gli Esteri che si meritava la secca risposta di Maduro: “in Venezuela comandano i venezuelani e le venezuelane. Hai sbagliato paese, Federica Mogherini: Venezuela non è una colonia europea”.
A urne chiuse, il 31 luglio, la portavoce del dipartimento di Stato americano, Heather Nauert, in una nota rilanciava gli attacchi al Venezuela affermando che “gli Usa condannano l'elezione imposta il 30 luglio per l'Assemblea costituente nazionale, concepita per rimpiazzare l'Assemblea nazionale legittimamente eletta e per minare il diritto del popolo venezuelano all'autodeterminazione (sic!!)" e garantiva che gli Stati Uniti “continueranno ad assumere azioni veloci e forti contro gli architetti dell'autoritarismo in Venezuela”.
Il presidente Maduro rispondeva alla minaccia di sanzioni da Washington ribadendo che in Venezuela comandano i venezuelani e nessuno riuscirà a bloccare il Paese che ”è un paese libero e sovrano” e non si lascerà ”scoraggiare da nessuna minaccia al mondo”.
Neanche da quella gravissima che Trump pronuncerà il 12 agosto, al termine di un incontro nel suo golf club privato in New Jersey con il segretario di Stato Rex Tillerson e l’ambasciatrice all’Onu Nikki Haley convocato per fare il punto sulla Corea del Nord, quando spiegava che per contrastare il governo di Maduro c'erano diverse opzioni sul tavolo. Compresa quella militare: “abbiamo truppe dispiegate in ogni parte del mondo, anche in zone molto, molto lontane. Il Venezuela non è così distante e le persone stanno soffrendo e morendo”. Nel gioco delle parti sempre più spesso usato alla Casa Bianca, il segretario di Stato Tillerson successivamente smorzava i toni, anche per rispondere agli appelli alla moderazione pronunciati da Mosca e Pechino, i due potenti amici del governo di Maduro.
La campagna imperialista contro la repubblica bolivariana venezuelana intanto ingrossava le sue file con l'adesione del Vaticano. Il 4 agosto una nota del Vaticano ripeteva la richiesta a Caracas del “pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali” ma anche che “si evitino o si sospendano le iniziative in corso come la nuova Costituente che, anziché favorire la riconciliazione e la pace, fomentano un clima di tensione e di scontro e ipotecano il futuro”.
Il presidente Maduro, in una intervista ad una radio argentina, se la cavava ricorrendo a una questione formale: “una cosa è il percorso del Papa come difensore dei popoli cristiani con la sua umiltà, un’altra, molto diversa, è la struttura della segreteria di stato vaticana, della burocrazia. Sfortunatamente Monsignor Parolin è caduto nelle mani dei settori più estremisti del vertice della Chiesa cattolica venezuelana”. Come se il Vaticano e papa Francesco, che comunque non aveva smentito il suo primo ministro, fossero due cose ben diverse.
Nel 1998 Hugo Chavez fu eletto a capo della repubblica presidenziale in nome della “rivoluzione bolivariana” che prometteva una politica estera antimperialista e una diversa redistribuzione dei redditi a favore delle masse popolari schiacciate da un alto tasso di povertà. La realizzazione dell'alleanza bolivariana Alba tra i paesi della regione è uno dei successi registrati in politica estera da Chavez per tenere testa alle pressioni dell'imperialismo americano sotto le amministrazioni di Bush e Obama; il mantenimento della proprietà privata dei mezzi di produzione e della dipendenza del paese dall'esportazione del petrolio diretta per due terzi negli Usa, il mantenimento di un'economia sostanzialmente capitalista e l'inefficacia della lotta alla corruzione e alla burocrazia sono alcuni degli aspetti economici che hanno caratterizzato la politica socialdemocratica del governo di Caracas, rivenduta invece come socialista.
Lo slancio della “rivoluzione cristiana”, come la definiva Chavez, rallentava già nel 2007 quando il presidente subiva la prima pesante sconfitta con il referendum del 2 dicembre che bocciava la “costituzione del socialismo del XXI secolo”, ovvero la riforma presidenziale che modificava un quinto degli articoli della costituzione del 1999, ma non quelli che garantivano la proprietà privata e vietavano l'aborto, e che doveva permettere a Chavez di poter essere rieletto fino al 2031. Hugo Chavez moriva nel 2013, il compito di portare avanti la “rivoluzione bolivariana” passava al nuovo presidente eletto, Nicolas Maduro. Che doveva subito fare i conti con gli effetti della crisi economica scoppiata nel 2008 fra i quali il crollo del prezzo del greggio e di conseguenza di oltre il 90% delle entrate del bilancio statale. Con le casse vuote saltavano programmi sociali e assistenziali a favore dei poveri e finiva definitivamente la socialdemocratica politica di redistribuzione del reddito che aveva marciato a passo ridotto anche nei tempi delle vacche grasse.
Maduro cercava di parare i colpi della crisi, attingendo agli aiuti finanziari che il socialimperialismo cinese di Xi metteva a disposizione per un certo tempo in cambio di facilitazioni per investire nel paese; finite le risorse provenienti da Pechino, il governo di Caracas si rivolgeva a Mosca che era interessata a mettere le mani sulla ricca dotazione petrolifera venezuelana, compreso l'acquisto di una quota della compagnia petrolifera statale Pdvsa. L'imperialismo russo di Putin è diventato il principale alleato di Maduro. La vendita di asset della compagnia petrolifera statale era osteggiata dal parlamento in mano all'opposizione della Mud dalle elezioni del dicembre 2015.
Maduro ha tentato di vincere il braccio di ferro con l'opposizione di destra attraverso una sentenza del Tsj che lo scorso 29 marzo esautorava il parlamento dalle sue funzioni; costretto dalle proteste a far ritirare la sentenza, rilanciava l'1 Maggio con la convocazione delle votazioni per l'Anc.
Dal voto il Venezuela usciva spaccato fra i due principali schieramenti, quelli governativo e della forte opposizione parlamentare di destra, ma anche con una parte dell'elettorato non certo secondaria che non ha votato il 30 luglio, compresa una crescente opposizione che critica Maduro da sinistra. Una critica che ai più evidenti errori compiuti dai governi di Caracas quali la mancata diversificazione dell’economia dipendente dal petrolio, il dilagare della corruzione e del mercato nero, il ricorso a misure d’eccezione di stampo presidenzialista sia pur per fronteggiare i piani golpisti dell’opposizione, denuncia il ruolo pesante e condizionante della cosiddetta borghesia bolivariana, quella costituita da alti funzionari di imprese pubbliche e dell’apparato statale, militari di alto grado e nuovi capitalisti legati alle banche e alla rendita petrolifera statali. Quella borghesia nazionale che ha spinto per la costituzione delle zone economiche speciali per attirare gli investimenti dei capitali stranieri. Il governo non abbandonerà “il modello economico socialista”, garantiva Maduro nel dicembre 2014, all'atto della firma del decreto per la creazione delle prime due zone speciali, nate sul modello di quelle sperimentate dai capitalisti cinesi che sono appunto fra i primi passi già sperimentati per abbandonare l'economia socialista. Nonostante ciò il partito comunista del Venezuela revisionista copre a sinistra Maduro, pur dichiarando fallito il “modello capitalista venezuelano”.
Per chi volesse approfondire la conoscenza della nostra analisi sulla “rivoluzione bolivariana” di Chavez e Maduro in Venezuela può leggere sul nostro sito alcuni articoli tra i quali La teoria del “socialismo del XXI secolo”: nuova strategia per la conquista del potere politico da parte del proletariato?
dell'11 febbraio 2009 (http://www.pmli.it/socialismo21mosecolo.htm) oppure Maduro: "Il socialismo del XXI secolo" è fondato su Gramsci
del 26 giugno 2013 (http://www.pmli.it/madurogramsci.htm).
In ogni caso il nostro giudizio è sintetizzato nel Rapporto al 5° Congresso nazionale del PMLI (novembre 2008), dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, dove afferma che il “socialismo del XXI secolo (…) è un impasto di gramscismo, riformismo, guevarismo, castrismo, trotzkismo, movimentismo. Tutte queste 'teorie' hanno in comune, da una parte, il ripudio del socialismo dell'Urss di Lenin e Stalin e della Cina di Mao, della dittatura del proletariato, della rivoluzione socialista, del movimento comunista del Novecento, della concezione marxista-leninista del Partito; dall'altra parte accettano il capitalismo, la proprietà privata capitalistica, la democrazia borghese, il parlamentarismo, il riformismo, la collaborazione tra le classi e l'esistenza delle classi”.
In altre parole il "socialismo del XXI secolo" è una strategia riformista in contraddizione e opposta a quella dell'autentico socialismo, quello di Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao che porta il proletariato e le masse popolari in un vicolo cieco con l'illusione che il socialismo possa passare per il parlamento senza prendere, invece, la via dell'Ottobre; lo conferma la parabola compiuta dal Venezuela di Chavez e Maduro. Tuttavia questo non ci impedisce di appoggiare il Venezuela antimperialista impegnato a respingere le ingerenze e gli attacchi golpisti dell'imperialismo americano.
30 agosto 2017