Smantellata rete di caporali e imprenditori agricoli schiavisti
30 euro per 12 ore di lavoro nei campi
Lo scorso 25 luglio una serie di arresti in varie parti d’Italia, nell’ambito delle indagini del progetto Alto impatto-Freedom, ha messo fine all’attività criminale di una rete costituita da caporali e imprenditori agricoli schiavisti, perché in altro modo non si possono definire i titolari di aziende che facevano lavorare in condizioni disumane per 12 ore al giorno continue uomini e donne per una paga giornaliera di 30 euro.
Questo infatti è ciò che hanno accertato le indagini svolte nel Lazio e in Sicilia, mentre nel Veneto, in Puglia, in Basilicata e in Calabria ulteriori controlli hanno scoperto illeciti non legati direttamente allo sfruttamento di manodopera ma comunque destinati ad avere un notevole impatto sociale nel mondo del lavoro, quali una sistematica inosservanza delle norme contributivo-previdenziali e di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Gli episodi più gravi sono stati riscontrati in provincia di Ragusa, dove sono stati arrestati tre italiani e ne sono stati denunciati altri nove, accusati di avere costretto una trentina di braccianti nordafricani a lavorare fino a 12 ore e retribuiti con 30 euro al giorno, e in provincia di Latina, dove sono stati arrestati altri tre italiani, per sfruttamento di manodopera e caporalato, in quanto i braccianti africani che lavoravano per loro venivano costretti a vivere all’interno di container metallici in condizioni igieniche precarie.
In provincia di Matera altre tre persone sono state denunciate a piede libero per il reato di caporalato mentre a Verona un imprenditore è stato denunciato a piede libero per avere impiegato migranti privi del permesso di soggiorno, e per tale motivo, ovviamente, sottopagati.
6 settembre 2017