Mentre i governi minimizzano e rassicurano
Scoppia lo scandalo delle uova contaminate al Fipronil
Anche l’Italia fra i quindici Paesi coinvolti. Alti rischi per la salute.
Il massimo profitto anche a costo della salute
All’alba del 22 luglio scorso, le autorità per la sicurezza alimentare di Olanda e Belgio hanno fatto irruzione in diversi capannoni dell’industria agro-alimentare con l’obiettivo di verificare l’operato di alcune aziende del settore avicolo, in particolare Chickfriend e Poultry-Vision. Al centro dell’inchiesta, il ritrovamento di uova e derivati contaminate da un pesticida, il Fipronil, ampiamente utilizzato per altri usi domestici ma vietato dall’UE nell’industria alimentare e classificato dall’Oms come “moderatamente tossico” per gli esseri umani. Alcune delle uova contaminate recuperate sul mercato, erano già nelle mani degli organismi di vigilanza e provenivano da allevamenti olandesi; è per questo che le autorità belghe hanno arrestato il proprietario di Poultry-Vision con l’accusa di frode e nei Paesi Bassi sono stati apposti i sigilli a sei società che producono uova ed alla stessa Chickfriend.
Cos’è il Fipronil
Il fluocianobenpirazolo è un insetticida usato comunemente contro pulci, acari e zecche, ma vietato dalle leggi europee su animali destinati alla catena alimentare, come appunto i polli. Funziona agendo sul sistema nervoso dei parassiti. Stavolta pare sia stato usato illegalmente per “rinforzare” un prodotto convenzionale, poi venduto agli allevatori di Belgio e Paesi Bassi, senz’altro già dal 2016 perchè capace di ridurre i trattamenti a uno o due l’anno invece dei 3-4 di cui necessita la normale prassi.
Una contaminazione globale
Secondo le indagini, la Chickfriend sarebbe la società olandese che ha assemblato ed utilizzato un nuovo pesticida ottenendo all’ingrosso il prodotto mescolato con Fipronil dalla Poultry-Vision, che ha sede in Belgio e si occupa di pulire i pollai eliminando zecche e parassiti, la cui presenza “incide negativamente sul volume della produzione”. Quindi siamo di fronte all’utilizzo di un prodotto economico e redditizio quanto tossico e pericoloso a scapito della sicurezza dei consumatori con il beneplacito delle società in questione; è questa la versione accolta dell’autorità olandese NVWA, agenzia finita sotto il fuoco (di paglia) incrociato del Parlamento de l’Aja e della Commissione europea per non aver controllato a dovere la qualità delle uova immesse sul mercato unico. L’Olanda è il più grande esportatore di uova del continente e uno dei principali al mondo, con una fetta di mercato del 12%
. Per salvare la faccia, l’autorità olandese aveva immediatamente minimizzato tanto i rischi quanto la reale diffusione delle partite contaminate; tuttavia in breve tempo lo scandalo delle uova al Fipronil si è allargato ed ormai coinvolge più della metà dei Paesi Ue, tra cui l'Italia, che come altri 14 (Svezia, Francia, Germania, Regno Unito, Austria, Irlanda, Polonia, Romania, Danimarca, Slovenia, Slovacchia, Lussemburgo, Hong Kong e Svizzera) ha importato uova e prodotti derivati da aziende coinvolte.
Prodotti contaminati anche in Italia
La contaminazione di uova e prodotti anche in Italia è parsa fin da subito più che probabile, visto il giro internazionale delle merci in questione; nonostante tutto il ministero della Salute ha inizialmente confermato che nel nostro Paese dai controlli effettuati non risultavano uova o ovoprodotti contaminati dall'antiparassitario proibito. Prodotti che, sempre secondo il Ministero, non sarebbero mai arrivati sui nostri scaffali grazie alla rapida segnalazione della Francia, risalente allo scorso 8 agosto. In realtà, sono bastati pochi giorni per smentire la superficialità del Ministero, quando quattro dei 151 campioni di uova esaminati in Italia sono risultati positivo al Fipronil. I primi segni di contaminazione sono stati riscontrati in omelette surgelate a Milano, e uova a Roma, in Campania e nei pressi di Ancona. In seguito migliaia di uova e galline sono state sequestrate dai carabinieri dei Nas in provincia di Viterbo ed Ancona ed altri sequestri in Toscana a Capalbio ed Orbetello sono notizia di questi ultimi giorni. Ma quanto Fipronil sarà già stato ingerito e quanto ancora rimarrà sugli scaffali dei negozianti in particolare nei prodotti che contengono uova? Possiamo credere che tutta questa vicenda sia ridotta ad una produzione ed un commercio esclusivo degli ultimi due mesi se è stato appurato che la compravendita dell’antiparassitario illecito risale quantomeno al 2016? Il quadro che emerge di giorno in giorno appare molto più complicato di quello che vorrebbero farci credere UE e ministero ed i controlli hanno portato alla sospensione delle attività per centinaia di aziende prima in quattro, poi in dieci ed ora circa in venti Paesi. E’ noto altresì che il giro delle sole uova contaminate in Europa, nella sua proiezione, assume dimensioni astronomiche, stimabili in milioni e milioni di tonnellate. Secondo Coldiretti, ad esempio, nei primi cinque mesi del 2017 , solo in Italia, sono arrivate 610 tonnellate di uova in guscio di gallina dai Paesi Bassi ai quali si aggiungono 648 tonnellate di derivati. L'organizzazione agricola ha chiesto di rendere "finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall'estero", mentre i Verdi chiedono il ritiro "in via cautelativa tutte le partite non prodotte in Italia su tutto il territorio nazionale".
I danni potenziali per la salute
Dopo questa vicenda, l’ennesima del genere e purtroppo non certamente l’ultima figlia del sistema di produzione capitalistico nella quale ci imbatteremo, a poco ci importa la convocazione per il 26 settembre di un incontro di alto livello convocato da Bruxelles con l'obiettivo di "migliorare l'efficacia del sistema di allerta dell'Unione sulla sicurezza alimentare" poiché si tratta di un palliativo che potrà, tutt’al più, mettere una pezza parziale, da ora in avanti, a questa specifica questione e nulla più dal momento in cui si lascia inalterato l’impianto produttivo generale e le sue regole finalizzate esclusivamente all’arricchimento rapido delle grandi aziende ad ogni costo. Tutti i servizi sanitari dei Paesi coinvolti e le organizzazioni sovranazionali, dopo l’esplosione dello scandalo, hanno fatto a gara ad esprimersi circa l’innocuità del Fipronil se ingerito in piccole dosi come quelle che scaturirebbero da un consumo medio di uova e derivati; l’Organizzazione mondiale della sanità, ad esempio, considera il prodotto “moderatamente tossico” per l’uomo.
Tuttavia ben sappiamo che il rischio è soggettivo; bambini ed anziani sono generalmente più vulnerabili degli adulti agli effetti tossicologici e per loro anche un’assunzione limitata nel tempo e nella quantità può causare rischi tangibili. Quindi la rassicurazione che perviene da gran parte degli esperti rimane tutta sulla carta poiché è altrettanto generalmente riconosciuto dal mondo della scienza che negli esseri umani questa sostanza dà sintomi come ipereccitabilità, irritabilità, tremori e, in alcuni casi anche a forme di letargia e che le uova contaminate possono provocare danni ai reni, al fegato e alla tiroide.
Il massimo profitto ad ogni costo
In Italia la magistratura ha recentemente dichiarato che complessivamente “le uova italiane sono sane e sicure”, poiché nelle ultime risultanze di positività su oltre 91 mila chili di uova e oviprodotti sequestrati cautelativamente in tutto il paese “sono sì presenti concentrazioni superiori ai limiti della tossicità (0,72 mg/kg), ma non particolarmente aggressivi". Ma allora, cosa significa questo? Forse che si accetta di buon grado la possibilità di mettere a rischio la salute di milioni di persone esclusivamente per pagare meno un antiparassitario ed aumentare l’infame profitto? Di fronte a queste considerazioni, il tutto pare ridursi al rispetto di un limite stabilito in normativa, strumentale ed opportuno, posto dalle attività di lobby delle stesse aziende ai centri di potere, che addirittura può essere superato per consentire un maggior arricchimento ai produttori a scapito del peggioramento della salute pubblica. E’ possibile accettare di continuare ad ammalarsi a “termini di legge” anche quando la migliore tecnologia possibile, come in questo caso l’utilizzo di antiparassitari meno dannosi per esseri umani e ambiente, consente un pressoché totale abbattimento del rischio? Noi pensiamo di no, certi che per fermare questa assurda quanto comune prassi, l’unica soluzione sia quella di abbattere il sistema di produzione capitalistico e sostituirlo con il sistema socialista che sappia mettere al centro di ogni suo indirizzo l’interesse della popolazione e non il conseguimento del maggior profitto ad ogni costo.
6 settembre 2017