L'erbicida più utilizzato al mondo è cancerogeno
La UE deve mettere al bando il glifosato
Probabile proroga dell’autorizzazione per altri dieci anni nonostante il milione e trecentomila firme raccolte. Altro regalo alla multinazionale Monsanto
Il glifosato è l’erbicida più utilizzato e venduto nel mondo. Lo commerciano le grandi multinazionali della chimica e della farmaceutica come le statunitensi DowAgro e DuPont, l’australiana Nufarm, la svizzera Syngenta e alcuni colossi cinesi della chimica. Ma soprattutto è Monsanto, di recente acquistata dalla tedesca Bayer con un’operazione da 66 miliardi di dollari (cfr. “Il Bolscevico” n. 39/2016), produttrice anche delle sementi geneticamente modificate che resistono al pesticida. Affari per oltre 8 miliardi di dollari all’anno sul mercato globale, stimati da uno studio della società americana Transparency Market Research.
Negli Stati Uniti il glifosato è autorizzato senza alcun problema dall’Environmental Protection Agency, anche se la California dopo una recente battaglia legale lo ha inserito nell’elenco delle sostanze potenzialmente dannose per la salute umana. In Europa è utilizzabile sin dal 2002, nonostante diversi studi qualificati ne denunciano il potenziale cancerogeno; entro la fine di quest’anno però la Commissione europea dovrà decidere se prorogarne o meno l’autorizzazione al commercio. Nell’ultimo anno, in via precauzionale, l’uso del glifosato è stato “limitato” da molti paesi europei, senza però alcuna indicazione generale da parte della UE. In Italia, un decreto del ministero della Salute ha imposto il ritiro di 85 prodotti fitosanitari e ha vietato l’utilizzo del diserbante in “parchi, giardini, campi sportivi, aree gioco per bambini, cortili e aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie”. Questa misura non rappresenta però una messa al bando del prodotto che, a ragion veduta fino a pochi mesi fa, è stato usato in maniera massiccia ove necessario, scatenando tutto il suo probabile potenziale cancerogeno. Nel nostro Paese, infatti, il glifosato è il prodotto fitosanitario più venduto; nel mondo, per dare una misura della potenziale bomba ambientale e sanitaria che rappresenta, ne sono state vendute 718.600 tonnellate nel solo 2012.
Scarsi in Italia sono, come al solito, i monitoraggi: ne esiste solo uno, in Lombardia, che rileva il glifosato nelle acque: tracce della sostanza sono state certificate nel 31,8% dei luoghi dove si sono analizzate le acque superficiali. A seguito di un susseguirsi di studi e denunce, in primis dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) che l’ha ufficialmente definito sostanza “probabilmente cancerogena”, e per iniziativa dell’ICE (Cittadini Europei) sostenuta da decine di organizzazioni ambientaliste di 15 Paesi diversi, in pochi mesi sono state raccolte un milione e 300 mila firme per chiedere all'Unione europea di mettere al bando l'erbicida messo in relazione con il cancro negli esseri umani e con il degrado degli ecosistemi.
Nonostante ciò, ignorando l’espressione popolare e scientifica, nello scorso luglio la Commissione europea ha proposto ufficialmente di rinnovare l’autorizzazione del glifosato per altri 10 anni. Anche se ancora questa proposta non è stata votata, il tutto pare prefigurare l’ennesimo regalo alla Monsanto, in barba alla salute pubblica e alla tutela dell’ambiente. Come si spiegherebbe altrimenti l'ennesimo rinnovo all’autorizzazione richiesto per ben 10 anni, tre anni in più rispetto ai 7 chiesti dal Parlamento europeo nella risoluzione votata il 13 aprile dello scorso anno? In secondo luogo, non è prevista nessuna regolamentazione per l’uso non industriale, né ne viene bandito l'uso, solo sulla carta, “minimizzato” in aree pubbliche, né, infine, è stabilita alcuna reale limitazione nell’uso in agricoltura poco prima del raccolto. Insomma, tutto fa pensare a un prossimo definitivo sdoganamento poiché, su certe basi di trattativa, appare impossibile che la proposta possa essere scardinata dalle successive discussioni che porteranno entro l'autunno al probabile rinnovo della licenza del glifosato. In pratica la UE, non procedendo alla messa al bando, lascia alle singole nazioni la responsabilità di gestire e regolamentare il pesticida; al luglio scorso, mentre la Francia e altri paesi ne discutono ma non si esprimono, solo Malta ha fatto concreti passi in avanti per proibirne l’uso sul proprio territorio nazionale.
In Italia la campagna di raccolta firme è stata sostenuta dalla Coalizione #StopGlifosato, un raggruppamento di 45 associazioni che da oltre un anno sta facendo propaganda e una certa pressione sul ministero dell'Ambiente e delle politiche Agricole. È un bene che decine di migliaia di persone si siano mobilitati sul tema, e ci auguriamo che le lotte per la tutela dell’ambiente e per la salute pubblica si moltiplichino. Sono sempre di più i corsi d’acqua in Italia e in Europa contaminati con questo diserbante e con altri prodotti fitosanitari; se ne trovano tracce nel cibo, nelle bevande e persino nelle urine delle persone, segno inequivocabile di una presenza massiccia nell'ambiente e influente sulla salute pubblica.
Noi auspichiamo che riesca a radicarsi ovunque, fra le masse, il messaggio secondo il quale l’interesse e la salute della popolazione devono venire prima dei profitti delle aziende agrochimiche. Siamo dispiaciuti, ma non stupiti dell'indifferenza mostrata dalla Commissione UE nei confronti del milione e trecentomila firma raccolte nella petizione per la messa al bando del glifosato; d'altra parte certe pur lodevoli iniziative, oltre a disperdere molte energie dei promotori, non riescono praticamente mai a essere incisive e a influenzare le istituzioni proprio perché le multinazionali che si cerca di combattere, con le loro costanti attività di lobby, hanno permeato in maniera irreversibile le stesse istituzioni europee alle quali ci si rivolge.
Troppo spesso agli argomenti di una comunità scientifica in larga parte indipendente, rispondono organismi di controllo istituzionali quasi mai al di sopra delle parti, ma solitamente al soldo dei capitalisti e delle stesse multinazionali. L’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare, per fare un esempio, a campagna di raccolta firme in corso, fa ha ribadito il suo parere: “(...) Riguardo la cancerogenicità, è improbabile che questa sostanza sia cancerogena”. Sebbene un giudice della California, in seguito al pronunciamento dello Iarc, ha imposto di inserire l’erbicida nella lista americana delle sostanze cancerogene, la più sfavorevole delle misure che potrebbero essere adottate, che sarebbe costringere Monsanto & co. a segnalare l’informazione “sconveniente” sulle etichette dei prodotti. Un po’ poco per un avvelenamento costante e continuo in tutto il mondo, in nome del dio profitto. È giusto chiedere alla UE la messa al bando del glifosato, ma è necessario legare la mobilitazione a tutela della salute e dell’ambiente a quella per un sistema economico, al centro di cui ci siano le masse e non il profitto. Lottiamo tutti insieme per il socialismo poiché solo in esso potremo produrre ciò che serve, in sintonia con i bisogni degli esseri umani e dell'ambiente.
13 settembre 2017