Al referendum popolare nel Kurdistan iracheno celebrato nonostante l'opposizione di Iraq, Turchia, Iran, Stati Uniti, ONU, UE e Regno Unito
I curdi votano i massa per uno Stato indipendente
L’Iraq chiude i valichi di frontiera e lo spazio aereo del Kurdistan. La Turchia si dice pronta “all’opzione militare”. Gli Stati Uniti “non riconosceranno mai il risultato del referendum”.
Barzani: “Vogliamo arrivare a una separazione consensuale e siamo pronti a mesi, forse anni, di negoziati”
Il 25 settembre i curdi iracheni hanno votato in massa per l’indipendenza dall’Iraq. Su 4.581.255 elettori aventi diritto ha votato il 72,61% (3.305.925). 3.085.935 sono stati i voti ritenuti validi: il Sì al quesito posto dal referendum popolare, “Volete che la regione del Kurdistan e le zone curde fuori dalla regione diventino uno Stato indipendente?” ha stravinto col 92,73% contro il 7,27% di No. Ignorata del tutto la contrarietà al referendum da parte di Iraq, Turchia, Iran, Stati Uniti, ONU, UE e Regno Unito.
Nella notte il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, costituitasi dal 1992, Massoud Barzani, ha annunciato dalla capitale Erbil i risultati ufficiali della vittoria in un discorso alla televisione, ribadendo che dopo il voto non seguirà subito una dichiarazione di indipendenza. “È necessario iniziare un dialogo costruttivo con Baghdad e la comunità internazionale – ha affermato mettendo subito le mani avanti -. Non c’è nessun motivo valido per minacciare il Kurdistan. Vogliamo arrivare a una separazione consensuale e siamo pronti a mesi, forse anni, di negoziati”.
Una porta subito chiusa nella notte dal premier iracheno Haider al-Abadi che intervenendo alla tv di Stato ha ribadito quello che è andato dicendo nei giorni precedenti alla consultazione popolare, ossia che il governo di Baghdad non è disposto a colloqui riguardo i risultati del voto con il governo regionale del Kurdistan. “Non siamo disposti a discutere o ad avere un dialogo riguardo i risultati del referendum perché è incostituzionale. Applicheremo la legge irachena in tutta la regione”. Tant’è che all’indomani nella seduta del parlamento iracheno i deputati hanno votato a favore della chiusura dei valichi di frontiera. Le merci che potrebbero attraversarle sono considerate “merci contrabbandate” è scritto nella dichiarazione del parlamento iracheno. Il governo di Baghdad ha rincarato la dose intimando alle autorità del Kurdistan di consegnare il controllo dei suoi due aeroporti regionali di Erbil e Suleimaniyeh alle autorità irachene. In caso di rifiuto, tutti i voli internazionali da e per il Kurdistan saranno proibiti. Un ultimatum respinto dal ministero dei Trasporti di Erbil che ha precisato come gli aeroporti del Kurdistan siano “stati costruiti anche con i soldi della regione autonoma”. Dal 30 settembre lo spazio aereo del Kurdistan iracheno è così chiuso, con le principali compagnie del Medioriente, dalla Turchia al Qatar, Libano, Egitto e Iran subito allineate alle decisioni di Baghdad. Il ministero della Difesa iracheno ha annunciato altresì l’invio di tre convogli di truppe per assumere i controlli dei valichi di frontiera, in coordinamento con Turchia e Iran, gli altri paesi frontalieri che da tempo avevano fatto pressione affinché il referendum non si svolgesse.
Durissima anche la reazione della Turchia. Il dittatore fascista Erdogan ha accusato Barzani di tradimento e preannunciato il blocco di aiuti e rifornimenti: “Nonostante tutti i nostri avvertimenti l’Autorità regionale del nord Iraq ha voluto tenere il referendum per l’indipendenza. Ora l’ha approvato il 92%. Ma questo vale una guerra? Chi accetterà la vostra indipendenza? Solo Israele, ma il mondo non è solo Israele”. Il boia turco ha poi messo in guardia i curdi dal “rischio di una guerra etnica e confessionale” che potrebbe scoppiare se il progetto di indipendenza andasse avanti. Per evitarlo la Turchia è “pronta a considerare tutte le opzioni, anche quella militare”. Nei giorni seguenti Erdogan è tornato ad attaccare Barzani accusandolo di “essersi dato fuoco da solo”. “Non ci pentiamo mai di quello che abbiamo fatto in passato – ha aggiunto – , ma ora le cose sono cambiate, il governo regionale, che per lungo tempo abbiamo sostenuto, ha fatto un passo nonostante la posizione del nostro Paese. Quindi ne pagherà il prezzo”.
Sulla stessa linea l’Iran che per bocca del presidente Rohani ha definito il referendum e i suoi risultati “un pericolo per la stabilità dell’Iraq e per la sicurezza dell’intera regione. In questa importante questione l’Iran si schiera al fianco del governo iracheno”.
A caldo gli Stati Uniti hanno espresso “profonda delusione” per il voto, manifestando timori da un “aumento dell’instabilità” della regione. Ma il 29 settembre hanno dato la stoccata sentenziatrice all’alleato Barzani, per bocca del Segretario di Stato Rex Tillerson: “Gli USA non riconosceranno mai il risultato del referendum unilaterale per l’indipendenza del Kurdistan. Il voto e i risultati non sono legittimi e noi continuiamo a sostenere un Iraq unito, federale, democratico e prospero”.
Da parte sua la Russia, che ha importanti interessi economici nel Kurdistan iracheno, è stata più cauta e opportunista, affermando di “rispettare le aspirazioni nazionali dei curdi”. Mosca ritiene però che “le controversie tra Baghdad e Erbil devono essere risolte attraverso il dialogo allo scopo di trovare una formula di coesistenza all’interno dello Stato iracheno”.
Nelle altre aree a presenza curda manifestazioni di appoggio alla vittoria del referendum si sono svolte a Kirkuk, dove l’affluenza al voto è stata superiore alla media, città sotto il controllo dei peshmerga, l’esercito del Kurdistan iracheno, dal 2014 dopo la fuga dei soldati iracheni davanti alla poderosa avanzata dello Stato islamico, da cui il governo di Barzani estrae 400mila barili di petrolio al giorno sui 600mila che esporta verso la Turchia. Soddisfazione anche tra i curdi iraniani e siriani, mentre il PKK, il partito dei lavoratori curdi, ha ribadito l’avversità alla politica del governo di Barzani: “Noi vogliamo – si legge in una nota – la libertà da Baghdad, ma il problema di questo referendum è che riguarda l’indipendenza del Kurdistan d’Iraq, ma il Kurdistan è anche in Siria, Iran e Turchia e questo governo non lo accetta, noi vogliamo la libertà per tutto il Kurdistan e tutti i curdi e non possiamo accettare un governo che ostacola i nostri fratelli e che combatte contro Baghdad più per il petrolio che per le persone”.
Soprassedendo sui giochi di potere interni di Barzani e del suo clan nell’indire il referendum, che governa ininterrottamente da 25 anni di cui gli ultimi 5 senza mandato popolare, per riscuoterne i benefici alle prossime elezioni politiche che si svolgeranno nel Kurdistan iracheno ai primi di novembre, il referendum del 25 settembre e le reazioni dell’imperialismo hanno confermato in pieno la nostra analisi illustrata su “il Bolscevico” n.12 di quest’anno nelle pagine dedicate “Sulla questione curda: storia e attualità”. Abbiamo affermato e dimostrato che l’alleanza attuale dei curdi con la santa alleanza imperialista scatenata per cancellare lo Stato islamico è subalterna ad essa e che noi marxisti-leninisti eravamo convinti che nessuno degli attori imperialisti, USA in testa, una volta sconfitto militarmente lo Stato islamico con il decisivo apporto dei curdi, appoggeranno i diritti del Kurdistan e del suo popolo. L’attualità ci ha dato nuovamente ragione.
La balcanizzazione del Kurdistan iracheno era già prevista come esito auspicabile dai piani dell’imperialismo americano e sionista dell’inizio di questo secolo, fino alla creazione di uno Stato curdo e il suo sfruttamento come testa di ponte nel Levante in funzione antiaraba. Ma il delicato momento internazionale, con l’ascesa di Cina e Russia che contendono agli USA sempre più spazi economici, finanziari, politici e militari, fa sì che oggi è più importante non perdere l’alleanza con Stati strategicamente importanti come Turchia, Iran o Iraq che appoggiare la causa di uno Stato curdo.
Noi marxisti-leninisti italiani peroriamo la causa del popolo curdo, vorremmo che tutto il Kurdistan, non solo quello iracheno, fosse unito, libero e indipendente. Ma ciò non potrà mai avvenire finché le sue istituzioni ed il suo popolo non recideranno ogni legame con l’imperialismo occidentale e orientale che da secoli lo illude e strumentalizza a proprio piacimento. Oggi nella guerra contro lo Stato islamico.
4 ottobre 2017