Torino. Tre giorni di lotta antimperialista per il lavoro
In piazza contro il G7 degli affamatori dei popoli
La polizia usa gli idranti e spara lacrimogeni. Arrestato Bonadonna, un leader di Askatasuna. La sindaca M5S Appendino esprime solidarietà ai manganellatori
in piazza Anche il PMLI, che solidarizza con Bonadonna
In occasione del vertice G7 dei ministri dell'Industria, Scienza e Lavoro, svoltosi a Torino dal 26 settembre al 1 ottobre, migliaia di lavoratori, disoccupati studenti e precari sono scesi in piazza nel capoluogo piemontese e per tre giorni di fila hanno duramente contestato la politica economica di lacrime e sangue perseguita dagli affamatori dei popoli riuniti nella reggia sabauda di Venaria.
La mobilitazione degli studenti
La lotta antimperialista per il lavoro promossa dalla rete ResetG7, il coordinamento contro il summit dei sette grandi della terra che riunisce vari movimenti, centri sociali e associazioni, è iniziata venerdì mattina con il combattivo corteo nazionale degli studenti.
Nonostante l'ingente schieramento di uomini e mezzi disposto dal nuovo Scelba Minniti di concerto con la sindaca pentastellata Appendino e il questore Angelo Sanna a protezione dei ministri del summit, centinaia di manifestanti si sono riuniti dietro lo striscione "Noi giganti, voi 7 nani" in piazza XVIII Dicembre per marciare uniti contro il vertice imperialista. In Corso Vittorio Emanuele II il corteo studentesco si è unito a quello dei No Tav partito dalla stazione di Porta Nuova dove i manifestanti sono arrivati poco dopo le dieci in treno da Bussoleno.
Non appena il corteo accenna ad alzare il tiro della protesta e tenta di raggiungere le sedi dell'Ufficio Scolastico Regionale e dell'Unione industriale, in corso Vittorio angolo via Carlo Alberto, partono le prime violente cariche delle “forze dell'ordine” e due manifestanti, tra cui un minorenne, vengono fermati.
Per qualche minuto in via della Rocca i manifestanti riescono a sfondare il cordone di agenti in borghese ma la celere a suon di manganellate e lacrimogeni li blocca in via dei Mille e in via Plana impedendo così al corteo di violare la “zona rossa” e portare la protesta fin sotto le finestre dell'hotel Carlina dove alloggiano i ministri e i rappresentanti dei Paesi imperialisti.
Occupata l'Università
La manifestazione si conclude in tarda mattinata con l'occupazione di Palazzo Nuovo, storica sede delle facoltà umanistiche dell'Università di Torino, a pochi passi dalla Mole Antonelliana, adibita a base della protesta e dimora per ospitare i manifestanti in arrivo da fuori Torino.
La mobilitazione è proseguita per tutto il pomeriggio fino sera inoltrata con blocchi, cortei spontanei e iniziative lotta per “fare pressione sulla 'zona rossa' posta a difesa dei rappresentanti del G7” e “non far dormire sonni tranquilli ai rappresentanti del vertice”.
Intorno alle 19 la prima assemblea studentesca convocata a Palazzo Nuovo subito dopo l'occupazione si è trasformata in un “corteo selvaggio” che si è diretto verso la centralissima piazza Vittorio per organizzare un blocco del traffico. Dopo alcuni minuti il corteo è poi ripartito, muovendosi velocemente per le vie del centro per aggirare i tentativi delle “forze dell'ordine” di bloccarne il passaggio sulla “zona rossa”.
Intorno alle 22 un secondo “corteo selvaggio” è ripartito in direzione delle vie del centro. Il corteo notturno ha cercato nuovamente di violare la zona rossa all'altezza di via Po con lanci di razzi e fuochi d'artificio verso i cordoni della polizia. Successivamente a una carica dell'antisommossa gruppi di agenti in borghese hanno rincorso il corteo fino a piazza Castello, seminando confusione tra gli stand della Notte dei Ricercatori. Tre ragazze sono state fermate e poi rilasciate dopo alcune ore con una denuncia a piede libero.
Nel tentativo di placare la protesta e soprattutto tenere al riparo i rappresentanti del G7 da qualsiasi contestazione, al termine della prima giornata di lotta gli organizzatori del vertice hanno annunciato la chiusura anticipata dei lavori. Ma non è bastato. Alla conferma della notizia la rete cittadina Torino Reset G7 ha deciso di raddoppiare gli appuntamenti della seconda giornata di mobilitazione.
La lotta prosegue
Fin dalla mattina del 30 settembre un “presidio informativo in movimento” ha preso il via dal mercato di corso Cincinnato per raggiungere corso Toscana e poi unirsi al corteo di protesta: “Passiamo per strade e mercati per far capire alla gente che siamo con loro”, spiegano gli attivisti di Reset G7 tutti “precari, lavoratori sfruttati, disoccupati”.
Nel pomeriggio oltre 5 mila manifestanti hanno preso parte al grande corteo anti G7 partito da largo Toscana alla volta della reggia di Venaria difesa da un cordone di oltre 1.500 poliziotti in assetto antisommossa, un elicottero e decine di autoblindo e idranti.
Alla testa del corteo il furgone del CSOA Askatasuna di Torino che attraverso un impianto audio ha permesso a tutte le componenti del corteo di esprimere le proprie ragioni di protesta contro il summit del G7. Tantissime le bandiere del Movimento NO TAV della Val Susa sempre presenti in ogni occasione di lotta popolare.
In “Lotta per la casa e la dignità”, “Contro sfruttamento e precarietà”, “la generazione sfruttata non starà a guardare”, “Roviniamo la vetrina dei padroni del mondo” sono tra gli slogan più gettonati dai manifestanti e scritti a caratteri cubitali su tantissimi cartelli e striscioni.
La solidarietà della popolazione
Il corteo partito dalla periferia settentrionale di Torino ha marciato per diversi chilometri incontrando lungo il percorso il sostegno aperto della popolazione. Quando il corteo ha raggiunto il Comune di Venaria Reale la popolazione ha accolto i manifestanti tra pugni chiusi e sorrisi di apprezzamento. Molti abitanti si sono affacciati alle finestre delle loro case e incoraggiato il passaggio del corteo prima di essere bloccato nel centro di Venaria, in piazza Vittorio Veneto, da dove è ben visibile la Reggia.
Pochi minuti dopo, al primo accenno di sfondamento del cordone di poliziotti in via Mensa, gli sbirri di Minniti hanno selvaggiamente caricato il corteo a suon di manganellate e pesanti cariche con gli idranti e lacrimogeni. Le “brioches” di gommapiuma usate dalla prime linee del corteo per tentare di entrare in via Mensa si sono infrante contro le grate utilizzate dalle “forze dell'ordine” a sbarrare l'accesso.
Manganellati molte studentesse e studenti determinati a far sentire tutta la loro rabbia nei confronti dei politicanti borghesi che rendono la vita un paradiso per i capitalisti e un inferno per i figli delle masse popolari.
Dopo gli scontri alcuni manifestanti hanno inscenato la "decapitazione" in piazza dei fantocci raffiguranti Matteo Renzi e il ministro Giuliano Poletti. “Ministro Poletti qui sotto c’è una festa, ci manca la palla... vogliamo la tua testa!” hanno urlato i manifestanti. Mentre i tre attivisti di Reset G7 che hanno portato la ghigliottina a pochi passi dal cordone di polizia venivano immediatamente fermati e identificati.
Gli arresti di Minniti
La caccia al manifestante anti G7 è proseguita anche nelle ore successive, ben dopo lo scioglimento del corteo, e si è conclusa in tarda serata con l'arresto in “flagranza differita” di due manifestanti: Antony, un giovane attivista di Pesaro e Andrea Bonadonna, esponente del movimento No Tav e del centro sociale torinese Askatasuna, fermato mentre rientrava a Bussoleno, in Valle di Susa, dove risiede. Un fatto gravissimo perché per la prima volta viene applicato sul campo il mostro giuridico del cosiddetto “arresto in flagranza differita”, introdotto recentemente dai fascistissimi decreti Minniti proprio per reprimere il dissenso e incarcerare gli oppositori di regime.
I due arrestati sono stati immediatamente tradotti nel carcere torinese delle Vallette senza che a loro carico fosse prima formulata un'accusa precisa di reato.
Al corteo ha preso parte anche il PMLI.Piemonte che è sfilato sventolando incessantemente le proprie rosse bandiere e in un comunicato stampa che pubblichiamo nelle pagine successive esprime piena solidarietà ai due compagni arrestati chiedendo l'immediata liberazione.
La mobilitazione è proseguita anche domenica 1 ottobre con “una prima iniziativa di solidarietà sotto il carcere delle Vallette per portare un saluto a Andrea e Antony e chiederne l'immediata liberazione” bissata il 3 ottobre in piazza Carlina con un presidio musicale.
Appendino solidarizza coi manganellatori
Messa di fronte a netta scelta di campo, fra chi lotta contro l'imperialismo e il capitalismo per difendere i propri diritti e chi invece lavora per affamare i popoli, il Movimento 5 Stelle e la sindaca di Torino Chiara Appendino si sono vergognosamente smascherati come tra i peggiori nemici dei popoli e delle masse oppresse.
La sindaca infatti non ha detto una parola contro le brutali cariche dei manifesti o in difesa degli arrestati. Ma non ha perso tempo per esprimere pieno “sostegno alle forze dell’ordine per gli attacchi subiti e auguro pronta guarigione agli agenti feriti. Ringrazio tutti coloro che hanno coordinato e partecipato alle operazioni, garantendo la sicurezza e l’ordine pubblico”.
Al suo fianco si è schierato Roberto Falcone, da poco più di due anni sindaco pentastellato di Venaria secondo cui: “Per fortuna, però, tutto è filato liscio grazie alla grande professionalità dimostrata dalle forze di polizia”.
Mentre il neo candidato premier Luigi Di Maio ha aggiunto: "Le violenze non fanno parte del Dna del MoVimento 5 Stelle ed è bene sottolinearlo... La sindaca di Torino Chiara Appendino, in seguito agli scontri, ha espresso sostegno alle forze dell'ordine per gli attacchi subiti e augurato pronta guarigione agli agenti feriti. Io sto con lei, con la città e con l'amministrazione che si è messa a disposizione per il G7... Non mi è piaciuta e non è giustificabile, neppure la macabra provocazione che ha visto protagonista dei manichini con le sembianze di Renzi e di Poletti. Le nostre battaglie le abbiamo sempre fatte in parlamento”. Dello stesso tenore le parole del neoduce Renzi anche se ha voluto strumentalmente accusare dell'accaduto anche la giunta M5S di Torino.
Parole che dovrebbero far riflettere e indurre tutto il movimento antimperialista e anticapitalista e abbandonare ogni illusione parlamentarista borghese e schierarsi saldamente al fianco della classe operaia per distruggere e non governare questo marcio sistema nella lotta per la conquista del potere politico e il socialismo.
4 ottobre 2017