Il governo pone la fiducia per imporlo al parlamento
Inciucio Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale
Elezioni suppletive per favorire il rientro in parlamento del leader di Forza Italia
Occorre una legge elettorale totalmente proporzionale, senza soglie, con preferenze, parità di genere nelle liste dei candidati e possibilità di revoca dei parlamentari

Il 26 settembre la Commissione Affari costituzionali della Camera ha adottato il cosiddetto Rosatellum 2.0, presentato dal PD con la firma del suo capogruppo in commissione, Emanuele Fiano, come testo base della legge elettorale che, su proposta della Boldrini accettata dalla conferenza dei capigruppo, è andata in discussione in aula martedì 10 ottobre. Hanno votato a favore il PD, gli alfaniani di AP, la SVP, Forza Italia, la Lega, i verdiniani di Ala-Sc e altre formazioni minori centriste e autonomiste. Contro il M5S, Art.1-Mdp e FdI. Il governo ha poi ducescamente posto nell'aula della Camera la fiducia per imporlo al parlamento evitando che potesse essere affossato col voto segreto.
Un'ampia maggioranza dunque, incentrata sull'asse Renzi-Berlusconi e con l'appoggio di Salvini, Alfano e Verdini, che sulla carta dovrebbe garantire una rapida approvazione alla nuova legge elettorale ideata da Renzi e che porta il nome del capogruppo dei suoi deputati, Ettore Rosato. Sempreché non venga affossata come avvenne per il cosiddetto Tedeschellum lo scorso 8 giugno. Il “2.0” sta a indicare la versione aggiornata del primo Rosatellum, metà proporzionale e metà maggioritario, già a suo tempo scartato dagli altri partiti, a cui il PD fece seguire il Tedeschellum, una legge semi-proporzionale con sbarramento al 5% tagliata su misura per un'alleanza di governo PD-Forza Italia, ma che piaceva anche a Grillo che ufficialmente la sposò, prima che fosse affondata in aula anche dai voti di suoi parlamentari.
Anche il nuovo Rosatellum è un misto proporzionale-maggioritario, ma con una soglia di sbarramento al 3% per le singole liste, altrimenti Alfano non l'avrebbe votata, e con una quota prevalente di proporzionale, circa due terzi, e un terzo di maggioritario. Alla Camera prevede infatti 231 collegi uninominali (vince un candidato solo, quello che prende più voti) per l'elezione di altrettanti deputati, mentre altri 386 sono eletti col proporzionale, distribuiti in circa 70-77 seggi plurinominali ancora da definire. A questi si aggiungono altri 12 seggi proporzionali nei collegi esteri e un seggio uninominale per la Val d'Aosta, per un totale di 630 seggi. La stessa proporzione si ripete al Senato, dove i 315 seggi totali sono ripartiti tra 109 collegi uninominali e 200 plurinominali assegnati con il proporzionale, a cui si aggiungono 6 seggi proporzionali per l'estero.

Coalizioni di comodo e incentivi al “voto utile”
Fin qui il sistema assomiglia ad un Mattarellum alla rovescia, dato che in quel sistema maggioritario in vigore negli anni '90, prima dell'incostituzionale Porcellum, la proporzione era rovesciata a favore del maggioritario. D'altra parte Berlusconi non vuol sentir parlare di Mattarellum, che lo obbligherebbe a fare una lista unica vincolante con Salvini, e a traino leghista almeno al Nord. E non avrebbe accettato una legge meno proporzionale di questa, e così Renzi gli è venuto incontro, ma non solo in questo.
Vi sono infatti altre differenze sostanziali che allontanano questa legge dal Mattarellum, e anche da quella tedesca a cui viene impropriamente assimilata: non esistono vere e proprie coalizioni di partiti, con un simbolo unico e un candidato unico, ma piuttosto raggruppamenti di partiti, unici a livello nazionale, che conservano il proprio simbolo e il nome del proprio candidato. Presentano un candidato unico solo nei collegi uninominali. Coalizioni puramente elettorali e temporanee, quindi, dopo le quali ogni partito decide per sé quali alleanze politiche fare, anche completamente opposte a quelle elettorali.
E si vota su un'unica scheda, cioè non è consentito il voto disgiunto: chi vota il candidato vota anche il suo partito o “coalizione” di partiti. In questo modo viene incoraggiato il voto “utile” degli elettori verso i partiti maggiori, mentre la soglia di sbarramento, che sale al 10% per le coalizioni, scoraggia i cartelli tra i piccoli partiti e li spinge ad entrare nelle coalizioni più forti. Come potrebbe essere per esempio il caso di un progetto di alleanza elettorale tra Sinistra italiana e Mdp, che con questa legge sarebbe scoraggiato in partenza. Anche la quota proporzionale, insomma, con questi meccanismi tende a diventare in realtà un sistema maggioritario di fatto, perché toglie rappresentanza ai piccoli partiti e favorisce le liste più importanti.
Ma non solo: questo sistema incentiva anche le liste civetta, quelle create ad hoc a livello nazionale e locale per carpire i voti di questa o quella sottocategoria di elettori, perché alla coalizione, in proporzione al peso dei suoi partiti, vengono attribuiti anche i voti delle liste associate che non raggiungono il 3% e che non entrano in parlamento, purché abbiano superato almeno la soglia dell'1%. Musica per le orecchie di Berlusconi, che di liste civetta, tipo quella animalista della Brambilla, ne crea a profusione.

Favoriti Renzi e Berlusconi, penalizzati M5S e Mdp
Insomma, i grossi partiti che possono avvalersi di coalizioni e liste civetta, come Forza Italia e il PD, hanno solo da guadagnare, senza peraltro pagare lo scotto di dover accettare i vincoli politici e programmatici che una vera coalizione comporta. Berlusconi e Salvini possono avvalersi della loro alleanza elettorale al Nord pur tenendosi le mani libere per altre scelte e alleanze, anche di governo, mentre al Centro e al Sud il leader di FI dovrà cercare accordi con altre liste, come i verdiniani, FdI, gli ex montiani di Zanetti, gli UDC di Cesa, la lista di Fitto, quella di Mastella, più tutte le liste civetta possibili e immaginabili. A sua volta Renzi, oltre a contare sull'alleanza con AP di Alfano, potrà offrire un patto di coalizione a Pisapia senza essere obbligato a chiamarla di “centro-sinistra” e, se questo gli riesce, metterà anche nell'angolo Mdp, che a quel punto o si attacca al suo carro o si rassegna, sempre che gli vada bene, ad essere un partitino del 3% o poco più.
Chi sarà invece sicuramente penalizzato è il M5S, contro il quale questa legge è stata chiaramente studiata, perché non ha altri partiti con cui coalizzarsi, e rischia quindi di ottenere molti meno seggi di quelli che gli spetterebbero anche se si confermasse prima forza politica. È stato calcolato che se ottenesse un 30% dei voti avrebbe non un terzo dei parlamentari, cioè 300, ma 175-180 al massimo.
Se a tutto ciò si aggiunge poi che le liste proporzionali sono tutte bloccate, ossia senza preferenze, e contenenti da due a quattro candidati nominati, che si possono presentare fino in tre collegi proporzionali e in uno uninominale, ossia che i due terzi del parlamento sarà composto di nominati direttamente dai leader dei partiti, non si fa fatica a comprendere il disegno politico che ha ispirato questa proposta di legge elettorale del PD di Renzi: offrire a Berlusconi su un piatto d'argento una legge elettorale talmente vantaggiosa per lui da non poterla rifiutare. Ma anche fatta su misura – stante il fatto che nessun partito o coalizione avrebbe la maggioranza assoluta – per un governo di “larghe intese” da formare insieme, e al contempo facendo fuori Grillo, frenando le ambizioni leaderistiche di Salvini sul “centro-destra” e isolando e rendendo ininfluente Mdp.

Una legge per il governo dell'inciucio PD-FI
Secondo una proiezione basata sui sondaggi attuali fatta dal senatore bersaniano Federico Fornaro, esperto di sistemi elettorali, con questa legge l'unica maggioranza di governo possibile ad uscire dalle urne sarebbe, anche se risicata, una maggioranza PD-FI-AP. Un eventuale governo Renzi-Berlusconi-Alfano potrebbe infatti contare su 319 deputati (maggioranza 316 alla Camera) e su 166 Senatori (maggioranza 158 al Senato). È evidente che tra Renzi e Berlusconi si sta tentando di ripetere, in una versione ancora peggiorata, la manovra già tentata e fallita a giugno con il Tedeschellum, e di realizzarla stavolta anche a dispetto del M5S, che con Di Maio l'ha bollata infatti come “un grande inciucio di PD e Forza Italia”, mentre Toninelli ha già annunciato un ricorso alla Corte costituzionale.
Berlusconi invece gongola e ha dato subito via libera all'accordo, dichiarando che “il Rosatellum è la strada più corretta da percorrere”. Anche perché non gli è sicuramente sfuggito che questa legge del PD, con la riconferma delle elezioni suppletive in caso di seggi uninominali rimasti vacanti, e senza aver inserito nessun vincolo di incandidabilità per i condannati, potrebbe scaldargli un posto in parlamento nel caso la sentenza della Corte europea sulla sua candidabilità, sempre che sia favorevole, dovesse arrivare a elezioni avvenute: basterebbe che uno dei suoi uomini si dimettesse con una scusa per provocare elezioni suppletive in quel collegio e potersi candidare con la quasi matematica certezza di rientrare in parlamento.
Non è detto però che la manovra non fallisca anche stavolta anche se stavolta il voto di fiducia avrebbe l'effetto di blindare la legge. Comunque vada è certo però che nonostante che il Porcellum e l'Italicum siano state bocciate per incostituzionalità, tutte le proposte di “riforma” elettorale avanzate finora non hanno fatto che ripresentare sotto altre forme e in varia misura lo stesso contenuto antidemocratico e truffaldino: premi di maggioranza, soglie di sbarramento, liste bloccate di nominati e così via.
Quello che varia è solo il dosaggio di questi ingredienti, a seconda delle proprie convenienze, ma è assodato che tutti i partiti del regime neofascista si muovono nella logica presidenzialista di ridurre la rappresentanza e aumentare la “governabilità”. Questa è la linea ormai dominante all'interno della democrazia borghese, e che punta a restringerla sempre di più in nome della “stabilità” dei governi. La linea del PMLI, invece, è diametralmente opposta, perché il proletariato ha tutto l'interesse ad allargare finché possibile la democrazia borghese, pur non essendo questa ma la democrazia proletaria, possibile solo nel socialismo, quella a cui aspira.
Il PMLI è perciò per una legge elettorale totalmente proporzionale, senza soglie di sbarramento per nessuno, con liste non bloccate, parità di genere nelle liste dei candidati e le preferenze, e con la possibilità di revocare i parlamentari se questi non rispettano le promesse e i programmi in base ai quali sono stati eletti, o si fanno corrompere o cambiano casacca, ecc. E questo a livello di principio, indipendentemente che il PMLI oggi, nelle attuali condizioni politiche, scelga tatticamente di non partecipare al parlamento e alle altre istituzioni rappresentative borghesi e porti avanti una linea coerentemente astensionista.
 
 
 
 

11 ottobre 2017