L’ex “comunista” cattolico Vendola esalta la linea “profetica” di Bergoglio
“Il manifesto” trotzkista veicola il messaggio riformista del papa
L’imbrogliona Castellina rilancia la linea opportunista di Togliatti sul rapporto tra comunisti e cattolici
Nel centenario della Rivoluzione Socialista d’Ottobre, a quale giornale, sedicente “comunista”, non verrebbe in mente di pubblicare un libro contenente il messaggio riformista di Papa Bergoglio su temi sociali di fondamentale importanza? Ci ha pensato “Il manifesto”, che ha accompagnato la propria uscita in edicola dal 5 ottobre con il volume dal titolo “Discorsi ai movimenti Popolari. Terra, casa, lavoro”, contenente la ricetta riformista della Chiesa Cattolica, espressa dal papa in tre diverse occasioni dal 2014 al 2016 a Roma ed in Sud America, davanti ad una platea di rappresentanti dei “movimenti popolari” di tutto il mondo. Eppure, già nella prefazione del testo di Gianni La Bella, si leggono affermazioni difficili da digerire per chi si professa comunista: “Bergoglio non è contro il mercato. Lo critica solo quando questo diventa incivile, perché non produce lavoro, né riduce le disuguaglianze”; “Non esiste per Bergoglio una ricetta per uscire da questa crisi (povertà ecc.), ma un progetto di fraternità e giustizia, ed un unico metodo per realizzarlo, quello del dialogo”; ed ancora: “È necessario andare oltre la giusta mercede dell’operaio e chiedersi se il processo produttivo si svolga o meno nel rispetto della dignità del lavoro umano, se rispetti i suoi diritti fondamentali e sia compatibile con la norma etica”, lasciando quindi intatto l’esistente rapporto tra capitalista e sfruttato. Se non bastasse, la sintesi concettuale di ciò che gli editori propongono ai propri lettori, appare alle pagine 12 e 14, dove si legge: “Bergoglio non vede il mondo come una piramide, come rappresentata dal pensiero marxista (…) Ciò che Bergoglio auspica è, in sintesi, la formulazione di un nuovo umanesimo.”
Per inciso, è vero che il Papa resta il pontefice romano, non un “bolscevico in tonaca bianca” e nemmeno un “teologo della Liberazione” come ha fatto comodo definirlo alla destra reazionaria e al clericalismo oltranzista; anzi, per rispondere immediatamente a queste accuse, il Vaticano non si è attardato più volte a ricordare di come Bergoglio abbia collaborato e ricondurre all’ovile le masse credenti con la più interclassista “teologia del popolo”. Una conclusione effettivamente ben diversa da quella indicata dai maestri del proletariato internazionale per risolvere una volta per tutte il problema della natura, della casa e del lavoro; ciò nonostante sia il cattolico dichiarato Vendola, sia l’opportunista Castellina hanno indirizzato parole al miele nei confronti del messaggio del pontefice.
Per il primo, come si legge su “il manifesto”, Bergoglio appare come un profeta che ricerca “non la fuga dalla storia, ma nella storia umana di quel filo rosso che lega il dolore alla salvezza, la demistificazione del male e della sua banalità, ma anche del varco che lascia intravedere la luce del bene. Questo fanno i profeti: dicono la verità anche quando è scomoda e rischiosa. (…) esorta all’azione, all’assunzione di responsabilità, a diventare seminatori di cambiamento”. Non una parola sul fatto che tutti i testi di Bergoglio, senza proporre alcun sovvertimento sociale - com’è naturale aspettarsi da un Papa -, si limitano ad auspicare come presa di coscienza delle masse il fatto che siano “politici illuminati”, raccogliendo le loro istanze, possano farsi portavoce del cambiamento. Tante parole, alcune accuse condivisibili (alla finanza ed al colonialismo per fare due esempi), ma nel complesso rimane intatta la subalternità dei bisogni dei popoli alla volontà del potere borghese. Secondo l'ex “comunista” dirigente del PRC, Vendola, Bergoglio interpreta il pensiero di Dio che “danza alla vita, al Dio che non ci chiede di essere reclute del clericalismo ma sentinelle che scrutano la notte in attesa di una nuova alba”, che non giungerà, aggiungiamo noi, se la lotta di classe, invisa anche a Bergoglio, non darà una forte accelerata alla ruota della storia.
Luciana Castellina da par suo, in modo meno spudorato di Vendola ma assai più incisivo e altrettanto pericoloso, rilancia a piene mani la linea opportunista di Togliatti il quale, non avendo mai abbracciato la linea rivoluzionaria dell’Ottobre come via universale per la presa del potere da parte del proletariato, auspicò un graduale allargamento dell’influenza e dell’egemonia del suo partito fra le masse popolari italiane, indipendentemente dalla cultura e dalla tradizione di provenienza, per realizzare a suo dire “una democrazia in progresso,
in corso, in avanzata, che non restauri ma innovi”. Su queste basi, egli diceva, “la democrazia progressiva rappresenta un regime fondato sulle larghe masse popolari e su una coalizione di forze democratiche”. Ed è così che Castellina, sottolineando che non siamo in presenza né di una rivoluzione in Vaticano, e nemmeno a “il manifesto”, loda il Concilio Vaticano II che fu a suo dire: “una straordinaria porta spalancata su un pensiero cristiano fino ad allora per i più inimmaginabile. Colpì anche noi comunisti che del Vaticano, e non senza ragioni, eravamo abituati a sospettare. Nelle tesi per il IX congresso del PCI fu inserita una affermazione significativa: la religione sentitamente vissuta può essere un contributo importante alla critica anticapitalista”. L’affermazione che segue, suona come una confessione di chi ha la coda di paglia: “Se Il Manifesto veicola i discorsi di Papa Francesco non è per ospitalità o per strumentale ammiccamento.” Due tagli dunque, l’uno per i lettori credenti, l’altro per coloro che rimangono scettici, in generale, sulla Chiesa che però oggi vanta un papa “amico” di Evo Morales; in entrambi i casi una visione uniformante che va in coda alla massima retorica cristiana.
Noi marxisti-leninisti non abbiamo alcuna difficoltà ad ammettere che questo papa ha il grande merito, rispetto ai suoi predecessori, di denunciare con forza e determinazione le gravi conseguenze sociali e ambientali che genera il vigente sistema economico. Ma allo stesso tempo non possiamo non dire che egli ha la grave colpa di non dare un nome a questo sistema, che è il capitalismo, e di non chiamare i poveri del mondo e i “movimenti popolari” che a lui si rifanno a lottare con tutti i mezzi per abbattere il capitalismo. Anzi Bergoglio, nel primo incontro con i “movimenti popolari” svoltosi a Roma il 28 ottobre 2014, ha affermato che il loro compito è quello di “rivitalizzare le nostre democrazie... di animare le strutture dei governi locali, nazionali e internazionali... con animo costruttivo, senza risentimento, con amore”. Finendo così col proteggere e rafforzare il capitalismo e perpetuare le sue conseguenze in riferimento alle “TreT” (Terra, Casa, Lavoro) che a lui stanno a cuore e che effettivamente sono sotto attacco ovunque dal capitalismo, anche in Italia non solo nell'America latina e centrale.
Per questi motivi i sinceri comunisti non dovrebbero partecipare a questa internazionale del Papa, non tanto perché è da lui promossa, organizzata, diretta, ispirata ed egemonizzata, quanto perché è una internazionale riformista, integrata nel sistema capitalista, non riformabile e non conquistabile ai fini del cambiamento sociale. Non dovrebbero parteciparvi nemmeno i movimenti anticapitalisti e i centri sociali italiani che sono sotto l'influenza di don Ciotti e di Vittorio Agnoletto.
Per concludere è oltremodo evidente il tentativo vilmente opportunista de “il manifesto” trotzkista di cavalcare l’ondata neoriformista della quale il Papa, soprattutto per questioni di “proselitismo”, per tentare di contenere e riavvicinare i poveri alla Chiesa, si sta facendo portavoce internazionale. Una manovra vergognosa e utile solo ad allontanare il proletariato, le masse e i giovani dal socialismo, soprattutto perché arriva proprio dal giornale di regime che osa ancora definirsi “giornale comunista” in testata. Forse qualche lettore sprovveduto abboccherà all’amo; siamo tuttavia certi che molti di loro capiranno che per un autentico comunista, per un rivoluzionario che aspira davvero ad una nuova società al cui centro vi sia il soddisfacimento dei bisogni delle masse popolari e non il profitto capitalistico, il papa non può rappresentare alcun punto di riferimento sociale né politico, anche se coi cattolici di sinistra sono e saranno possibili alleanze su alcuni temi comuni. Ed ecco allora che il lettore cosciente preferirà studiare Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao se vorrà formare davvero la sua coscienza di classe.
11 ottobre 2017