Dopo l'accordo tra Hamas e Fatah imposto dall'Egitto di al-Sisi
L'ANP torna a Gaza dopo due anni
Governo unitario tra l'Autorità e il movimento islamico
“Oggi è stato raggiunto un accordo tra Hamas e Fatah sotto il patrocinio egiziano”, annunciava il leader di Hamas Ismail Haniyeh dando notizia il 12 ottobre dell'intesa firmata al Cairo dal numero due di Hamas Saleh al Aruri e dal capodelegazione di Fatah Azzam al Ahmad. I punti principali dell’accordo prevedono che dall'1 dicembre il governo dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) prenda il controllo della gestione civile della striscia di Gaza e metta gli uomini della guardia presidenziale a sorveglianza dei valichi con l’Egitto e Israele. L'intesa prevede inoltre la formazione di un governo di unità nazionale, espressione di tutte le organizzazioni palestinesi e non solo Fatah e Hamas e l’organizzazione di elezioni politiche e presidenziali.
Già a Gaza si erano svolte riunioni dei rappresentanti delle due parti per discutere su vari problemi della popolazione della striscia strangolata dal cinico embargo sionista e dell'Egitto del golpista al-Sisi, tra i quali la mancanza di elettricità, emergenza sanitaria, apertura valico di Rafah e altre questioni umanitarie urgenti. Il 2 ottobre aveva visitato Gaza anche il primo ministro dell'Anp che governa solo in Cisgiordania, Rami al-Hamdallah, e altri funzionari del governo formato nel 2014; quel governo che doveva essere l'embrione di un esecutivo unitario su Gaza e la Cisgiordania mai decollato tra reciproche accuse di boicottaggio. L'intesa era congelata anche in seguito al criminale attacco sionista a Gaza dell'estate 2014 con il suo carico di morti e distruzioni nelle striscia. Hamdallah era stato a Gaza nel 2015 dove aveva incontrato esponenti di Hamas ma il confronto non aveva avuto seguito e l'organizzazione della resistenza palestinese aveva formato una commissione amministrativa, un governo di fatto.
La svolta a una trattativa tra Hamas e Fatah è venuta con l'entrata in campo dell'Egitto di al-Sisi che ha imposto l'accordo fra le parti. E una delegazione egiziana, per la prima volta dopo 5 anni, composta da due generali e dall’ambasciatore del Cairo in Israele era il 2 ottobre a Gaza ricevuta dal capo dell'Ufficio politico del movimento islamico palestinese Ismail Haniyeh e dal leader di Hamas a Gaza Yahia Sinwar, per controllare l'avvio degli incontri di riconciliazione. L'intervento dell'Egitto avviene ovviamente col placet del premier sionista Benjamin Netanyahu per scongiurare un riavvicinamento del movimento islamico col principale nemico nella regione, l'Iran, una volta che nel maggio scorso Hamas ha adottato un documento politico che presenta una organizzazione più “ragionevole” che prende le distanze dall’organizzazione-madre dei Fratelli musulmani egiziani, al potere al Cairo fino al golpe del generale al-Sisi, e pur non rinunciando alla lotta armata di liberazione, riconosce non formalmente ma di fatto Israele e accetta i confini territoriali della Palestina stabiliti nel 1967 dagli aggressori sionisti.
D'altra parte Hamas è in forte difficoltà, una volta costretta a prendere le distanze dal Qatar, ultimo domicilio protetto per la sua dirigenza in esilio e finanziatore delle attività a Gaza, in seguito all'attacco dell'Arabia saudita all'emirato per i contatti con Teheran; Riyad, di concerto con gli Usa di Trump e i sionisti di Tel Aviv, vuole fare terra bruciata attorno all'Iran. Dal negoziato avviato sotto l'egida egiziana il vertice di Hamas ha lasciato fuori finora la questione di chi comanderà la sua forza militare, le brigate Ezzedin al-Qassam, ma nel piatto apparecchiato al Cairo c'è tutto il resto.
L'annuncio della disponibilità al negoziato con Fatah arrivava il 17 settembre dopo un vertice tenuto al Cairo tra una delegazione del movimento islamico, guidata dal leader Ismail Haniyeh, e una delegazione militare egiziana guidata dal ministro dell’Intelligence Khaled Fawzi. Hamas si dichiarava pronta a firmare “immediatamente” un accordo con Fatah, a sciogliere la sua commissione amministrativa a Gaza e permettere ad un governo di intesa nazionale di amministrare la Striscia, favorevole a tenere elezioni generali, le prime dal 2006.
Dopo l’annuncio dello scioglimento del comitato amministrativo di Gaza, Abbas elogiava Hamas e telefonava a Haniyah per esprimergli la sua soddisfazione per la decisione. Eppure solo nel giugno scorso aveva dato il consenso ai sionisti di tagliare la fornitura di gasolio per le centrali elettriche di Gaza, costrette a erogare elettricità per sole 4 ore al giorno.
18 ottobre 2017