Cento anni fa, il 7 Novembre 1917, l'evento storico che ha dimostrato che il proletariato è capace di conquistare il potere politico ed edificare il socialismo
Viva la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre
Gloria eterna a Lenin, Stalin e ai marxisti-leninisti russi
E' la via che dobbiamo seguire in Italia
 
Sono passati cento anni dai gloriosi giorni in Russia che culminarono con la vittoriosa insurrezione del 7 Novembre 1917 (25 Ottobre secondo il calendario giuliano allora in vigore) e la presa del Palazzo d'Inverno da parte degli operai e dei soldati rivoluzionari di Pietrogrado (ex San Pietroburgo), guidati dai bolscevichi – i marxisti-leninisti russi – con alla testa Lenin e Stalin. Fu la miccia che fece scoppiare e portò alla vittoria la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre.
 
Fu un evento straordinario, che cambiò per sempre la storia del mondo e dell'umanità. I suoi protagonisti furono operai, contadini poveri, donne oppresse, giovani in cerca di futuro, soldati ribelli, masse lavoratrici e popolari. Dopo la Comune di Parigi del 1871, il primo governo operaio della storia durato appena due mesi, la Rivoluzione d'Ottobre dimostrava ciò che fino a quel momento era ritenuto impossibile: il proletariato poteva – e può – rovesciare dal potere la borghesia sfruttatrice. L'aspirazione a una società senza sfruttamento dell'uomo sull'uomo passava dall'essere solo un nobile ideale a concretizzarsi realmente.
 
Da allora, la Rivoluzione d'Ottobre è stata il faro di tutti gli sfruttati e gli oppressi del mondo intero, l'esempio concreto del valore e della superiorità del marxismo-leninismo come teoria rivoluzionaria e del socialismo come sistema politico-economico. Essa ha incoraggiato e ispirato per tutto il Novecento le lotte e le vittorie del proletariato e dei popoli in lotta contro il capitalismo, l'imperialismo, il colonialismo, il nazismo, il fascismo e il razzismo, ha promosso la nascita e lo sviluppo dei partiti comunisti ed ha rappresentato lo spartiacque fra gli autentici marxisti-leninisti e i revisionisti rinnegati del comunismo.
 
Ogni classe vede la storia e gli eventi secondo la propria concezione del mondo. Non stupisce perciò che la borghesia, i revisionisti e gli anticomunisti tramite i loro storici e scribacchini vogliano seppellire la Rivoluzione d'Ottobre. Presentare quest'ultima e ciò che generò come un “orrore” da non ripetere, o tutt'al più relegarla ad un semplice capitolo storico superato e sconfitto, serve a dare valore alla leggenda secondo cui il capitalismo è assoluto e vincente, che va solo migliorato.
 
Per noi marxisti-leninisti italiani è l'esatto contrario: la Rivoluzione d'Ottobre è la via universale per liberarsi del capitalismo e per dare vita ad una società superiore, senza le sue storture, ingiustizie e sofferenze: il socialismo col proletariato al potere. La storia ha ampiamente dimostrato che i suoi princìpi, applicati alle condizioni concrete di ciascun Paese, sono fondamentali perché il proletariato, gli sfruttati e gli oppressi possano arrivare a distruggere le cause stesse dello sfruttamento e dell'oppressione, ossia il capitalismo.
 
È semmai il capitalismo, che dopo il “crollo del muro di Berlino” si era dichiarato l'unico sistema possibile e vincente e aveva promesso a tutti ricchezza e benessere, a dimostrarsi rovinoso e fallimentare oggi più che mai. Basti pensare allo strapotere della finanza capitalista, delle multinazionali e dei grandi monopoli, alle diseguaglianze in aumento, alla precarizzazione del lavoro, allo smantellamento sistematico dei diritti dei lavoratori, alla progressiva privatizzazione dei servizi pubblici e sociali, a cominciare dalla sanità, alla povertà e alle disparità di classe, di genere e territoriali.
 
Questo straordinario evento storico merita di essere studiato a fondo da tutto il proletariato, ossia dalle operaie e dagli operai dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e dei servizi, dalle disoccupate e dai disoccupati già operai, dalle pensionate e dai pensionati ex operai, da tutti gli sfruttati e oppressi, da tutti coloro che credono nel socialismo, indipendentemente dall'attuale collocazione organizzativa, da tutte le ragazze e i ragazzi che lottano per un nuovo mondo. Anche tutti i militanti e i simpatizzanti del PMLI devono studiarla per marciare a luci accese e con le idee chiare sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista. La storia del PC (bolscevico) dell'Urss, redatta nel 1938 da una Commissione presieduta da Stalin, che “Il Bolscevico” ha cominciato a pubblicare, è fondamentale in questo senso. Così come “Stato e rivoluzione” scritto da Lenin alla vigilia della Rivoluzione d'Ottobre.
 

L'importanza storica e politica della Rivoluzione d'Ottobre
 
Ci sarebbero da scrivere pagine e pagine sulla storia e le cause della Rivoluzione d'Ottobre. Quello che ci preme ora è spiegare perché essa resti di assoluta attualità e, cent'anni dopo, abbia ancora tanto da dire a chi aspira al vero cambiamento economico, sociale e politico.
 
Un'idea della portata e della grandezza di questo evento è data da Stalin: “La vittoria della Rivoluzione d'Ottobre segna una svolta radicale nella storia del genere umano, una svolta radicale nei destini storici del capitalismo mondiale, una svolta radicale nel movimento per l'emancipazione del proletariato mondiale, una svolta radicale nei mezzi di lotta e nelle forme d'organizzazione, nei costumi e nelle tradizioni, nella cultura e nell'ideologia delle masse sfruttate di tutto il mondo. È questa la ragione per cui la Rivoluzione d'Ottobre è una rivoluzione di ordine internazionale, mondiale”. (Stalin, Il carattere internazionale della Rivoluzione d'Ottobre , 6 novembre 1927, in Questioni del leninismo , Feltrinelli Reprint, Milano, pp. 196-197 - http://www.pmli.it/stalincarattereinternazionalerivottobre.htm).

 

Nel 1917 infuria il macello della prima guerra mondiale imperialista. L'8 Marzo ha luogo un grande sciopero, diretto dalle donne di Pietrogrado, che porta rapidamente alla rivoluzione di febbraio (secondo il vecchio calendario in vigore in Russia). Si instaurano i Soviet, i consigli dei deputati operai e soldati, già sperimentati nella rivoluzione del 1905. Cade lo zar, ma al potere si insedia un governo borghese sostenuto anche dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari. Ben presto, il governo e i suoi sostenitori di “sinistra”, continuando la guerra e non accogliendo le rivendicazioni della rivoluzione, deludono le masse. Qui si inseriscono i bolscevichi, che spingono la rivoluzione fino in fondo, con la parola d'ordine: “Tutto il potere ai Soviet”. I bolscevichi ottengono la maggioranza degli operai dopo avere organizzato e condotto in prima fila la resistenza al colpo di Stato reazionario di Kornilov (agosto) e mobilitano le masse per passare alla seconda fase della rivoluzione, ossia la conquista del potere da parte del proletariato, che avviene vittoriosamente con l'insurrezione del 7 Novembre. Non sarà la fine: per due anni (1918-1920) il giovane potere sovietico dovrà resistere alla guerra civile fomentata dalle armate bianche e da una coalizione composta complessivamente da 14 Paesi imperialisti (tra cui Italia, Usa, Inghilterra, Francia, Polonia); non ce l'avrebbe mai fatta senza l'appoggio entusiasta e il sacrificio convinto della classe operaia, dei contadini poveri e delle masse oppresse della Russia.

 

I grandi temi della rivoluzione si ritrovano proprio nei primi atti del neonato governo sovietico: il decreto sulla pace per mettere rapidamente fine alla guerra; il decreto sulla terra che abolisce la proprietà privata della terra, confisca le terre demaniali, le tenute, le fattorie, gli allevamenti del bestiame della famiglia imperiale, della corona, dei monasteri e della Chiesa, dei proprietari fondiari (sono esclusi i piccoli contadini) per trasferire tutto ciò allo Stato, alle comunità contadine; la separazione della Chiesa dallo Stato e della scuola dalla Chiesa; la nazionalizzazione di banche, ferrovie, commercio estero, flotta mercantile, risorse del sottosuolo, acqua e foreste; annullamento dei debiti contratti all'estero dallo zar e dal governo provvisorio; la giornata lavorativa di otto ore; la parità dei diritti tra le donne e gli uomini e il diritto al divorzio; l'eguaglianza delle diverse nazionalità della Russia.
Fra i fattori favorevoli al trionfo dell'Ottobre figurano la divisione interna della classe dominante borghese, che la indebolì notevolmente, i vacillamenti della piccola borghesia, il cui strato inferiore e impoverito passò dalla parte del proletariato, e la crescente tendenza di massa a sostegno della rivoluzione anche in conseguenza delle privazioni umane ed economiche della guerra. In breve, chi stava in alto non poteva più governare come prima e chi stava in basso non era più disposto a vivere come prima.
Tuttavia, tutto questo non avrebbe avuto lo stesso esito senza la fondamentale presenza e azione del Partito bolscevico, che seppe radicarsi in questa fase estremamente acuta e cruciale della lotta di classe, svolgervi un ruolo d'avanguardia e assumere l'egemonia della classe operaia e dei suoi alleati per orientarli verso l'abbattimento rivoluzionario del potere borghese. Ciò fu possibile principalmente grazie a Lenin, che con le sue acute analisi, contenute soprattutto in capolavori come Stato e rivoluzione e le Tesi di aprile, compì una chiara analisi di classe della situazione e delle sue diverse fasi, elaborò la strategia e la tattica conseguenti e fornì al proletariato gli indispensabili elementi ideologici, politici e organizzativi per capire e combattere il nemico di classe.
 
Profondamente legato a Lenin, grande Maestro del proletariato internazionale, il PMLI ha colto l'occasione di questa ricorrenza per rendergli omaggio, attraverso un delegato del Comitato centrale, alla casa natale a Uljanovsk e alla residenza dove è morto a Gorki Leninskiye.
La Rivoluzione d'Ottobre fu importante per svariati motivi, ma soprattutto per i seguenti, di valore universale e attuale.
 
1) Per la prima volta nella storia dell'umanità, la rivoluzione non vedeva l'avvicendamento di due classi sfruttatrici, ma la presa del potere da parte di una classe sfruttata – il proletariato – che aveva come obiettivo l'abolizione di ogni sfruttamento e delle classi. Se la Rivoluzione francese aveva visto la classe sfruttatrice borghese prendere il posto della classe sfruttatrice feudale, perpetuando lo sfruttamento nelle nuove forme della società capitalistica, il proletariato che arrivava al potere con la rivoluzione socialista, essendo la classe collocata al gradino più basso della società divisa in classi, non costruì un nuovo sistema gerarchico con classi da sfruttare ma lavorò per costruire la società senza classi, senza sfruttamento. Ecco perché solo il proletariato può essere la classe dirigente della rivoluzione. Le evoluzioni tecnologiche del capitalismo hanno ridotto numericamente ma non cancellato il proletariato e soprattutto non hanno cambiato la sua collocazione rispetto al sistema produttivo. Del resto, anche in Russia nel 1917 la classe più numerosa non era quella operaia, ma quella contadina. Quello che conta è la funzione nevralgica della classe operaia nella produzione di capitale e profitto, cioè, per usare le parole di Marx, il suo essere “mezzo diretto di valorizzazione del capitale” (Marx, Il Capitale , Libro I, Editori Riuniti, Perugia 1970, vol. 2, p. 222).
 
2) Non basta andare al governo per cambiare radicalmente la società. Affinché la rivoluzione abbia successo e il potere passi veramente nelle mani del proletariato, non è sufficiente riformare l'apparato statale borghese; è necessario invece distruggere questo Stato ed edificarne uno di tipo nuovo, privando la borghesia del suo potere non soltanto politico ma anche e soprattutto economico, che è quello che condiziona tutto il resto. Alla dittatura della borghesia va sostituita la dittatura del proletariato. Così fecero i marxisti-leninisti russi dando tutto il potere legislativo ed esecutivo ai Soviet, con rappresentanti eletti e revocabili in qualsiasi momento, godendo le masse di una democrazia reale infinitamente maggiore rispetto a quella professata dalle democrazie borghesi. Lo Stato borghese, precisa Lenin, non può essere sostituito dallo Stato proletario (dittatura del proletariato) per via di 'estinzione'; può esserlo unicamente, come regola generale, per mezzo della rivoluzione violenta”. Se “tutte le rivoluzioni precedenti non fecero che perfezionare la macchina dello Stato, mentre bisognava spezzarla, demolirla”, il compito dev'essere quello “non di migliorare la macchina statale, ma di demolirla, di distruggerla (Lenin, Stato e rivoluzione, agosto-settembre 1917, Piccola biblioteca marxista-leninista, Firenze 1999, pp. 17, 22, 24). Un esempio lampante che oggi avvalora questa tesi è il Venezuela bolivariano, esaltato dai revisionisti e dai trotzkisti come esempio del “socialismo del XXI secolo”, ma che ora è assediato e soffocato dai suoi stessi limiti, dalle sue contraddizioni, dall'imperialismo americano e dalla borghesia alla quale non ha mai tolto il potere economico, limitandosi a smussare e perfezionare il capitalismo. Era già avvenuto al Cile del socialdemocratico Allende, ma i riformisti hanno scordato la lezione.
 
3) Il proletariato è assolutamente in grado di prendere e conservare il potere e costruire una società nuova senza sfruttamento, oppressione, classi, disparità di sesso e territoriali, disoccupazione e miseria.
 
4) La rivoluzione socialista deve essere armata del marxismo-leninismo-pensiero di Mao per avere successo. La Rivoluzione d'Ottobre ha dato piena dimostrazione del valore del marxismo-leninismo come teoria rivoluzionaria del proletariato contro il capitalismo e il liberalismo per il socialismo. Inoltre, ha definitivamente consacrato il leninismo come “marxismo dell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria” (Stalin, Principi del leninismo , 1924, Piccola biblioteca marxista-leninista, Firenze 1997, p. 12). Lenin e i marxisti-leninisti russi dovettero continuamente battersi contro i revisionisti del loro tempo, rappresentati principalmente dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari e le loro posizioni per la conciliazione di classe e il compromesso controrivoluzionario. Lo stesso “atto di nascita” del bolscevismo fu la rottura con la corrente menscevica all'interno dell'allora Partito operaio socialdemocratico russo. Contestualmente quindi questa esperienza ha ribadito la necessità del marxismo-leninismo di affermarsi attraverso la lotta senza quartiere contro l'opportunismo e il revisionismo comunque mascherati.
 
Mentre vomitavano veleno sul centenario della Rivoluzione d'Ottobre, in questo si sono distinti Ezio Mauro della “Repubblica” e Michael Walzer e Emilio Gentile del “Sole-24 ore” quotidiano della Confindustria, i giornali borghesi hanno dato grande risalto all'80° anniversario della morte di Antonio Gramsci proprio in chiave antileninista. Capostipite del revisionismo italiano, Gramsci, di formazione idealista crociana e liberale, era lontanissimo dalle tesi leniniste sullo Stato – dittatura di classe per Lenin, egemonia culturale per Gramsci – e sulla rivoluzione, che vedeva come una “guerra di posizione” graduale, pacifica e riformista per espugnare le “casematte” istituzionali e culturali della borghesia, dove il ruolo centrale è giocato non dalla classe operaia ma dagli intellettuali. È il gramsciano di ferro Guido Liguori a riconoscerlo, sullo speciale del “manifesto” del 18 maggio scorso, affermando che è Gramsci a “rivoluzionare il concetto di rivoluzione... anche rispetto alla visione classica, e a volte stereotipata, della tradizione marxista e leninista”. La chiave sta proprio qui: la deformazione della concezione marxista-leninista sullo Stato e sulla rivoluzione proletaria non può avere altro esito che giustificare la rinuncia all'abbattimento rivoluzionario della classe dominante borghese come condizione indispensabile per il superamento del capitalismo.
 
Ovunque nel mondo il proletariato e i marxisti-leninisti hanno seguito la via dell'Ottobre, hanno vinto e ottenuto conquiste epocali, pensiamo alle rivoluzioni socialiste della storia, a partire da quella cinese. Al contrario, i revisionisti allontanandosi dalla via dell'Ottobre, dal marxismo-leninismo e dalla lotta per il socialismo, com'è stato il caso del PCI di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, hanno legato mani e piedi del proletariato alla borghesia e al capitalismo.
 

Il ruolo e gli insegnamenti del Partito bolscevico
 
La Rivoluzione d'Ottobre non vinse soltanto perché si erano venute a creare le condizioni oggettive favorevoli: ci fu chi seppe interpretarle, dare loro una risposta organizzata e di classe, e indirizzarle non verso la conciliazione o la lotta spontanea e inconcludente, bensì verso la rottura radicale con tutto il sistema allora vigente, per costruire qualcosa di completamente nuovo. Fu questa la funzione fondamentale e insostituibile del Partito bolscevico, forma organizzata e consapevole dell'avanguardia della classe operaia, che mette al centro della propria strategia gli interessi storici della propria classe.
 
Come abbiamo già detto, le analisi e gli insegnamenti di Lenin furono di primaria importanza per costruire il partito rivoluzionario della classe operaia russa che fosse in grado di fare maturare la coscienza di classe e l'obiettivo del socialismo. Trovandosi di fronte a numerosi revisionisti e avventuristi che generavano una gran confusione nel movimento operaio russo e internazionale, Lenin si pose tre domande: di che tipo di partito abbiamo bisogno?, da cosa dev’essere guidato?, quali sono i suoi obiettivi?
 
In risposta alla prima domanda, Lenin formulò una tesi nuova, originale, assolutamente vincente: il proletariato ha bisogno di un partito marxista, rivoluzionario, disciplinato, determinato, coerente, netto oppositore dei nemici del proletariato, profondamente radicato fra le masse lavoratrici.
 
Lenin mise in chiaro che solo un partito fondato sulla teoria rivoluzionaria marxista (oggi marxista-leninista-pensiero di Mao) avrebbe potuto assolvere a questo compito storico. “Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario” (Lenin, Che fare?, maggio 1904, in Opere scelte , Ed. lingue estere, Mosca 1948, vol. 1, p. 159): in altre parole, se il proletariato non lotta secondo la sua concezione del mondo e la sua cultura, cioè se non lotta come una classe per sé, conscia dei propri obiettivi e della necessità storica di abbattere il capitalismo e conquistare il potere politico, finisce per abbandonarsi all'imprevedibilità del movimento spontaneo, a non agire secondo una strategia rivoluzionaria e a non mettere nemmeno in discussione la visione del mondo e le idee della borghesia.
 
Ma, aggiunge Lenin, “la coscienza politica di classe può essere portata all'operaio solo dall'esterno, cioè dall'esterno della lotta economica” (Lenin, idem, p. 192). A tale scopo il partito deve essere non di massa ma d'avanguardia, composto cioè dagli elementi più avanzati del proletariato, perché “più le nostre organizzazioni del partito, comprendenti dei veri socialdemocratici (allora non era ancora avvenuta la scissione fra socialdemocratici e comunisti), saranno forti, meno esitazioni e instabilità si avranno nell'interno del partito, e più estesa, più multiforme, ricca e feconda sarà l'influenza del partito sugli elementi della massa operaia che lo circondano e che sono da esso diretti. Non si deve, certo, confondere il partito, reparto d'avanguardia della classe operaia, con tutta la classe” (Lenin, Un passo avanti, due passi indietro , maggio 1904, in Opere scelte , cit., vol. 1, p. 283). Solo in questo modo è possibile spostare le lotte operaie da un piano puramente sindacale e spontaneo verso un orientamento cosciente e anticapitalista. La forma di organizzazione ideata da Lenin fu il centralismo democratico: massima libertà nella discussione, massima unità nell'azione sulla base della linea decisa dalla maggioranza.
 
Ciò non significa però che l'avanguardia sia sufficiente per la rivoluzione. Pensare di fare la rivoluzione senza le masse sarebbe avventurismo “ultrasinistro”, in ultima analisi piccolo-borghese, che condanna fresche energie rivoluzionarie al suicidio politico e fisico. “Ma noi siamo tutti convinti”, precisa Lenin, “che l'emancipazione degli operai non può essere che opera degli operai stessi; senza la coscienza e l'organizzazione delle masse, senza la loro preparazione e educazione mediante una lotta di classe aperta contro tutta la borghesia, è impossibile parlare di rivoluzione socialista” (Lenin, Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica, agosto 1905, in Opere scelte , cit., vol. 1, p. 343).
 
Per imprimere questa coscienza, i bolscevichi, anche in condizioni sfavorevolissime, si impegnarono in un serio lavoro di massa, dosando con saggezza metodi legali e illegali, prendendo dalla legalità borghese ciò che poteva essere utile allo sviluppo del partito e delle lotte del proletariato, senza cadere né nel “cretinismo parlamentare” né nel rifiuto tattico della partecipazione al parlamento (allora e in quelle condizioni necessario), non facendosi scoraggiare dall'iniziale egemonia del riformismo fra le masse. Perché “per saper aiutare le 'masse' e guadagnarsi la simpatia, l'adesione e l'appoggio delle 'masse', non si devono temere le difficoltà, gli intrighi, le insidie, le offese e le persecuzioni da parte dei 'capi' (i quali, come opportunisti e socialsciovinisti, nella maggioranza dei casi sono legati direttamente o indirettamente con la borghesia e con la polizia), e lavorare ad ogni costo là dove sono le masse (Lenin, L'estremismo, malattia infantile del comunismo , in Opere complete , cit., vol. 2, p. 574).
 
Infatti, se i bolscevichi seppero infine conquistare la simpatia e l'appoggio delle masse, portandole a milioni sulla via della rivoluzione, fu perché parteciparono, con la propria piattaforma, alle loro lotte immediate, lavorando per legare il particolare al generale, la tattica alla strategia, le battaglie sulle rivendicazioni immediate più urgenti, benché parziali, alla lotta complessiva contro il capitalismo. Nei giorni fondamentali che precedettero la presa del Palazzo d'Inverno, i bolscevichi misero in luce il legame fra la continuazione della guerra, odiatissima dal popolo, e gli interessi del capitale, orientarono le masse a trasformare la protesta in sciopero economico, lo sciopero economico in sciopero politico.
 
L'esperienza dei bolscevichi insegna che saltare il lavoro prolungato, difficile e paziente dell'educazione rivoluzionaria delle masse, che può avvenire solo stando fra le masse, indipendentemente da chi le dirige e dal livello politico delle loro lotte, è esiziale. Nelle sue Tesi di aprile, quando i menscevichi avevano la maggioranza nei Soviet, Lenin dà questa magistrale indicazione: “Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono la sola forma possibile di governo rivoluzionario e che, per conseguenza, il nostro compito, finché questo governo si lascia influenzare dalla borghesia, può consistere soltanto nell'elucidazione paziente, sistematica, perseverante – particolarmente adattata ai bisogni pratici delle masse – degli errori della loro tattica” (Lenin, Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale , 20 aprile 1917, in Opere scelte , cit., vol. 2, p. 8). Educazione paziente, scendere nel concreto dei bisogni delle masse, lavoro perseverante e lotta inflessibile contro tendenze non proletarie che dirottano la lotta di classe sui binari della pace con la classe dominante: ecco gli ingredienti esposti da Lenin per fare un buon lavoro rivoluzionario in condizioni di egemonia del riformismo borghese.
 
Come sintetizzato efficacemente da Stalin, il partito è “il reparto di avanguardia della classe operaia… Ma per essere efficacemente il reparto di avanguardia, il partito deve essere armato d'una teoria rivoluzionaria... Il partito non può essere un vero partito se si limita a registrare quel che la massa della classe operaia sente e pensa, se si trascina alla coda del movimento spontaneo, se non sa superare l'inerzia e l'indifferenza politica del movimento spontaneo, se non sa elevarsi al di sopra degli interessi momentanei del proletariato, se non sa elevare le masse al livello degli interessi di classe del proletariato. Il partito deve porsi alla testa della classe operaia, deve vedere più lontano della classe operaia” (Stalin, Principi del leninismo, cit., p. 80).
 

Difendere l'Ottobre significa difendere la dittatura del proletariato
 
Non si può difendere il valore della Rivoluzione d'Ottobre senza difendere anche la successiva esperienza di dittatura del proletariato e costruzione del socialismo in Russia e in Unione Sovietica, avviata da Lenin e proseguita, difesa e sviluppata da Stalin. Se infatti l'insurrezione del 1917 prova che si può abbattere il potere borghese, il socialismo sovietico fino alla morte di Stalin dimostra che il potere proletario può esistere, consolidarsi e riportare importanti successi a vantaggio delle larghe masse popolari, costruire un sistema economico, politico e sociale senza sfruttamento di classe, goduto dal popolo e al servizio del popolo; tale che, mentre il mondo capitalista languiva nella recessione degli anni '30 gettando i lavoratori in miseria, l'economia sovietica cresceva e le masse popolari sovietiche vedevano migliorare costantemente le proprie condizioni di vita: a tutti erano concessi il lavoro, la scuola e le cure mediche, a differenza che negli Usa e in Europa. In poche parole: il socialismo sovietico era un'alternativa valida e vittoriosa al capitalismo, che non poteva più proclamarsi l'unico sistema possibile.
 
Uno dei meriti principali di Stalin sta proprio nell'avere difeso il leninismo rispetto agli attacchi di Trotzki, Kamenev, Zinoviev, Bucharin, Rykov, Pjatakov. Costoro, spesso esaltati come “vecchia guardia bolscevica”, in realtà già nel periodo della rivoluzione si erano opposti a Lenin ed erano in forte contraddizione col Partito bolscevico. In particolare Trotzki, che era stato un menscevico fino al colpo di Stato di Kornilov, poi aveva rischiato di rivelare la data dell'insurrezione perché incapace di tenere a freno la propria megalomania, si era opposto alla pace di Brest-Litovsk (con cui la Russia sovietica era uscita dalla guerra) e aveva rischiato di distruggere il giovane potere sovietico con avventure suicide secondo la sua teoria della “rivoluzione permanente”. In generale il trotzkismo non aveva alcuna fiducia nella possibilità di costruire il socialismo in un solo Paese, riteneva immaturo il proletariato rivoluzionario, era contrario all'alleanza operai-contadini, non capiva la tattica e, proprio come la borghesia rovesciata, non sopportava la direzione del Partito comunista e la dittatura del proletariato. Invece “il manifesto” trotzkista di Norma Rangeri in data 21 maggio ha esaltato Trotzki come il principale artefice della Rivoluzione d'Ottobre.
 
Quando si parla degli errori che certamente vi furono (ma quale esperienza assolutamente inedita nella storia non ne commette?) bisogna sempre tenere conto delle condizioni estremamente difficili di allora, caratterizzate da un soffocante accerchiamento da parte dei Paesi imperialisti che addirittura fra il 1938 e il '39 lisciarono il pelo a un mostro come Hitler per aizzarlo contro l'Urss. Senza contare i tentativi anche armati della borghesia rovesciata per riprendere il potere. In ogni caso, i successi del socialismo sovietico sono di gran lunga superiori rispetto agli errori, molti dei quali sono ingigantiti o inventati di sana pianta dagli storici anticomunisti per screditare il socialismo. Per i marxisti-leninisti italiani, comunque, gli errori riconosciuti sono quelli denunciati da Lenin, Stalin e Mao.
 
La restaurazione del capitalismo in Urss conferma non smentisce la via dell'Ottobre
 
Si legge persino sui libri di storia borghesi che il crollo dell'Urss e dei regimi revisionisti dell'Europa dell'Est e il passaggio della Cina al capitalismo avrebbero dimostrato definitivamente il fallimento del sistema socialista. Niente di più falso! Il disfacimento dell'Urss nel 1991 fu in realtà il culmine di un processo iniziato già nel 1956, quando Krusciov rinnegò Stalin e la sua linea al XX Congresso del PCUS e avviò la restaurazione del capitalismo. L'attacco a Stalin copriva l'attacco a tutto il leninismo, come aveva previsto Mao con lungimiranza.
 
Sotto Krusciov e Breznev, sull'Urss si impose una cricca di burocrati revisionisti e monopolisti di Stato che abbandonò la via rivoluzionaria e sottopose l'economia ai propri interessi economici e di profitto, militarizzandola e creando spazi sempre più vasti allo strapotere manageriale e persino all'imprenditoria privata. Con l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968, l'Urss completò la trasformazione in una potenza socialimperialista (socialista a parole, imperialista nei fatti), contendendo agli Usa l'egemonia mondiale. Il “nuovo corso” neoliberale di Gorbaciov portò queste enormi contraddizioni ad esplodere, condannando i popoli dell'ex Urss ad assaporare le “delizie” del capitalismo “trionfante”, che fra i propri “successi” può annoverare circa 20 milioni di russi sotto la soglia di povertà.
 
Come si spiega questo? Dopo il trionfo dell'Ottobre, Lenin avvertì che: “L’abolizione delle classi è il risultato di una lotta di classe lunga, difficile, ostinata, la quale, dopo l’abbattimento del potere del capitale, dopo la distruzione dello Stato borghese, dopo l’instaurazione della dittatura del proletariato, non scompare… ma cambia soltanto le sue forme, diventando sotto molti aspetti ancora più accanita” (Lenin, Saluto agli operai ungheresi , 27 maggio 1919, in Opere scelte , cit., vol. 2, p. 460). Lottando contro chi predicava l’integrazione dei capitalisti nel socialismo, Stalin, coerentemente con Lenin, sostenne che l’abolizione delle classi poteva avvenire solamente “attraverso una lotta di classe accanita del proletariato” (Stalin, Della deviazione di destra nel Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS , aprile 1929, in Questioni del leninismo , cit., p. 253). La realizzazione del socialismo lo portò però all’erronea conclusione secondo cui, insieme al modo di produzione capitalistico, in Urss “tutte le classi sfruttatrici, in tal modo, sono state liquidate” (Stalin, Sul progetto di Costituzione dell’URSS , 25 novembre 1936, in Questioni del leninismo, cit., p. 554). In realtà la borghesia non era scomparsa e continuava ad operare, da una parte mantenendo la sua influenza nella sovrastruttura ideologica e culturale del Paese, dall’altra tramite i suoi agenti annidati nel Partito comunista stesso; Stalin stesso, alla fine della sua vita, riconobbe che quella formulazione “non era precisa, non era soddisfacente” (Stalin, Problemi economici del socialismo nell’URSS, febbraio-settembre 1952, Piccola biblioteca marxista-leninista, Firenze 2003, p. 24).
 
Questa fu quindi la base sociale e ideologica che favorì l'ascesa del revisionismo al potere in Urss. Da ciò Mao, apportando un grande sviluppo alla teoria marxista-leninista, trasse la conclusione che: “La società socialista abbraccia un periodo storico molto lungo, nel corso del quale esistono ancora le classi, le contraddizioni di classe e la lotta di classe, esiste la lotta tra le due vie, il socialismo e il capitalismo, ed esiste il pericolo di una restaurazione del capitalismo” (Mao, Discorso alla riunione di lavoro del Comitato centrale del Partito comunista cinese tenuta a Beidaibe nell'agosto 1962 e alla X Sessione plenaria dell'VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese del settembre 1962). Una verità dimostrata non soltanto dall'esperienza dell'URSS, ma tuttora dalla stessa Cina, l'attuale potenza socialimperialista che continua a nascondersi dietro i vessilli del socialismo pur avendo restaurato compiutamente il capitalismo ed avere persino ambizioni egemoniche mondiali, in concorrenza soprattutto con l'imperialismo americano, il che potrebbe portare ad una guerra imperialista mondiale.
 
Il tracollo dell'Urss e dei regimi revisionisti europei, nonché di Cuba, Vietnam, Repubblica popolare democratica di Corea e Laos, e la liquidazione degli ex partiti comunisti nei Paesi imperialisti non negano ma riaffermano ampiamente il valore della Rivoluzione d'Ottobre, poiché dimostrano che distaccandosi dal socialismo – come concepito da Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao – è impossibile dare veramente giustizia sociale e benessere per tutti i lavoratori.
 
Mao, attraverso la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria da egli elaborata e diretta, ha fornito ai marxisti-leninisti e al proletariato la strategia e la tattica per impedire la restaurazione capitalista nei Paesi socialisti. Una rivoluzione inedita, senza precedenti nella storia rivoluzionaria, che per ottenere i suoi scopi va portata fino in fondo e, se necessario, va ripetuta una o più volte per sbarrare la strada al capitalismo e ai revisionisti.
Si possono dire e scrivere le cose più belle ed entusiastiche di questo mondo sulla Rivoluzione d'Ottobre, sul socialismo e sulla propria volontà di perseguire il socialismo, ma rimarranno solo delle parole vuote, ingannevoli e non credibili se non si fanno i conti fino in fondo col XX Congresso del PCUS, se non si riconosce la grande opera di Mao contro il revisionismo moderno di Krusciov e Breznev, di Liu Shaoqi e Den Xiaoping e la teoria di Mao sulla continuazione della rivoluzione nelle condizioni della dittatura del proletariato, se non si considera Mao un grande Maestro del proletariato internazionale come Marx, Engels, Lenin e Stalin. È il caso dei sedicenti partiti comunisti, come quelli di Cina, Corea del Nord, Vietnam e Cuba, che ogni anno si incontrano in conferenze internazionali.
 

Il socialismo è la via d'uscita dalla crisi del capitalismo
 
La crisi e l'austerità fanno parte del sistema capitalista. Lo strapotere del capitale, del mercato, delle banche e delle multinazionali non conosce confini, tantomeno quelli nazionali. Il massimo profitto non può essere realizzato senza tagliare le altre spese, in primo luogo quella sociale. Dopo che la grave crisi del 2008 che tuttora non è del tutto superata ha infranto tutte le illusioni di benessere generalizzato ventilate dalla “globalizzazione” neoliberista, la classe borghese ha fatto quadrato attorno al proprio sistema di sfruttamento inasprendo l'oppressione della classe operaia e delle masse lavoratrici. Tramite la compressione dei loro diritti e la precarizzazione del lavoro, ha salvaguardato e addirittura aumentato i propri profitti, mentre ha gettato nella miseria e nella precarietà i lavoratori, a partire dai giovani. Intanto la corruzione e il malaffare fra i politicanti del palazzo e i grandi imprenditori e banchieri sono la norma. L'ineguaglianza regna sovrana: le 85 persone più ricche al mondo hanno la stessa ricchezza della popolazione più povera del globo. Fabbricanti e commercianti d'armi continuano a fare affari d'oro sul sangue dei popoli del Medio Oriente e dello Stato islamico massacrati dalle bombe della coalizione imperialista a guida Usa, dell'imperialismo russo e dei loro governi fantocci e sul sangue dei popoli europei colpiti dal contrattacco terroristico.
 
Se, nel corso del secolo scorso, l'esistenza dell'Unione Sovietica di Lenin e Stalin e lo spettro della rivoluzione proletaria hanno costretto la borghesia dei Paesi imperialisti a scendere a patti con le masse lavoratrici e fare loro importanti concessioni, oggi il capitalismo si sente più al sicuro e si riprende tutto ciò che era stato forzato a riconoscere. Ma nel fare questo alimenta le contraddizioni sociali e pertanto ancor oggi teme più di ogni altra cosa che possa avere luogo un rivolgimento rivoluzionario. E per questo la borghesia escogita nuove trappole elettorali riformiste a sinistra del PD.
 
I partiti della “sinistra” borghese si dimostrano del tutto incapaci di rispondere alle istanze di cambiamento delle masse. La vecchia socialdemocrazia ormai si è svenduta completamente al capitalismo e ne è diventata il comitato d'affari principale, perdendo ogni connotato anche lontanamente di sinistra, sempre più screditata agli occhi delle masse e dei giovani. Fra le sue colpe più gravi sta l'avere coperto a sinistra la macelleria sociale dell'austerity dell'Unione europea e aver contestualmente abbandonato la piazza e temi importanti alla destra di stampo lepenista-trumpista, in realtà fascista, che cerca di accattivarsi le simpatie delle masse lavoratrici rivolgendosi ai loro problemi più sentiti e acuiti dal capitalismo, ma per i quali propongono una soluzione reazionaria fatta di dittatura aperta, nazionalismo, razzismo, xenofobia e islamofobia, tutte ricette che riflettono le esigenze della piccola e media borghesia impoverita dalla crisi ed entrata in contraddizione con i grandi monopoli. Le “nuove” formazioni politiche nate alla sinistra dei principali partiti riformisti non riescono ad accattivarsi le simpatie delle masse e comunque, anche nei casi più radicali, non hanno un programma di rottura con il capitalismo. Parallelamente, il fallimento dei governi riformisti alla Tsipras ha inferto un duro colpo all'illusione che l'Ue imperialista e il sistema capitalista in generale siano riformabili.
 
I segnali di ribellione non mancano: la Brexit, il distacco di larga parte dell'elettorato dei paesi imperialisti – Usa in testa – dai candidati più espressione del sistema e, soprattutto, lo straordinario trionfo del NO al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 vanno in questa direzione. Le lotte operaie non cessano nonostante l'arrendevolezza dei vertici dei sindacati confederali. Con la mobilitazione dell'8 Marzo il movimento femminile si è risvegliato e dà prova di grande combattività. Si tratta di ribellioni oggettivamente anticapitaliste, che possono essere di stimolo per la lotta di classe e nelle quali i marxisti-leninisti devono inserirsi per portarle gradualmente su binari rivoluzionari.
 
La situazione in Italia è oggettivamente favorevole alla rivoluzione proletaria e alla lotta per il socialismo, grazie alla crisi del capitalismo, della classe dominante borghese divisa in tanti partiti e impossibilitata a tenere in piedi il suo regime con la democrazia borghese e del riformismo. Sul piano soggettivo non lo è ancora, principalmente a causa della perdita di coscienza da parte del proletariato di essere una classe per sé, della de-ideologizzazione e de-comunistizzazione di massa, della martellante campagna diffamatoria contro il socialismo realizzato e dell'esistenza di partiti falsi comunisti e falsi anticapitalisti che ostacolano l'incontro fra le masse, a partire dai loro elementi più avanzati, e il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e il PMLI.
 
C'è quindi urgente bisogno che il proletariato si impadronisca della sua cultura di classe, si unisca al suo partito, il PMLI, prenda coscienza della situazione politica e sociale e degli imbrogli in atto per impedirgli di uscire dai confini costituzionali borghesi, e dia battaglia su tutti i fronti al capitalismo fino ad abbatterlo con la rivoluzione, come ha fatto il proletariato russo.
 
Non bisogna pensare di andare al governo per ammorbidire il sistema capitalista, ma lottare per sbarazzarsi di tutto il suo apparato economico, politico, istituzionale, giuridico, morale e culturale, che si è dimostrato incapace di soddisfare le esigenze materiali, sociali e politiche del proletariato e delle masse popolari, di dare ai giovani lavoro e istruzione pubblica e gratuita, che ha creato il mostro del precariato e continua, macelleria sociale dopo macelleria sociale, a rubare il futuro al popolo per ingrassare la grande finanza, il grande capitale, gli speculatori e i politicanti borghesi. Altrimenti è impossibile cambiare veramente la società e l'Italia.
 
Il nostro progetto di socialismo
 
Dopo decenni di oblio, la parola socialismo è ricomparsa sui media. Da quando hanno cominciato a usarla i socialdemocratici di sinistra Chavez, col “socialismo del XXI secolo”, Sanders, Corbyn e Enrico Rossi, governatore della Toscana ed esponente del gruppo “Articolo 1”-MDP, che parla addirittura di “rivoluzione socialista”. Ma il loro socialismo non si rifà per niente alla Rivoluzione d'Ottobre, che essi criticano soprattutto per quanto riguarda la concezione e il ruolo del partito, la dittatura del proletariato, la rivoluzione proletaria e il ruolo guida del proletariato.
 
Il vero socialismo, quello scaturito dalla Rivoluzione d'Ottobre, in Italia è sostenuto e propagandato solo dal PMLI, che ne ha elaborato un disegno generale, adatto alla situazione del nostro Paese, approvato dal 3° Congresso nazionale svoltosi nel dicembre 1985. Proprio mentre la destra della classe dominante borghese avallava il disegno neofascista, presidenzialista, federalista e interventista della P2 perseguito per primo da Craxi e successivamente ereditato da Berlusconi e Renzi.
 
Quest'ultimo pensava di completare il piano attraverso la controriforma costituzionale del referendum del 4 dicembre, ma è stato sonoramente sconfitto dalle masse, che hanno dato prova della loro insofferenza verso qualsiasi forma di fascismo e dimostrato quanti grandi cose si possono ottenere con la lotta. Tuttavia esse, in larghissima parte, sono rimaste ancorate alla Costituzione del '48, inconsapevoli che di fatto essa non esiste più perché è già stata stravolta nei punti fondamentali (ad esempio il Titolo V e l'articolo 81 sul pareggio di bilancio) e che comunque non consente l'avvento del socialismo e del potere del proletariato per via legale, pacifica, elettorale e parlamentare.
 
Spetta quindi a noi marxisti-leninisti dare alle masse questa coscienza, facendo loro conoscere tra l'altro il nostro disegno di socialismo. Il quale, sul piano economico, prevede che “dovremo strappare alla borghesia e ai latifondisti tutto il capitale, tutte le banche, tutti i mezzi di produzione e di scambio, tutta la terra, tutte le fabbriche e le aziende agricole, tutte le miniere, le cave, tutti i mezzi di trasporto via terra, mare e cielo, tutti i mezzi di comunicazione di massa, tutto il patrimonio edilizio urbano e rurale. … Nel nostro socialismo non vi dovranno essere sfruttatori di nessun tipo. All'inizio e per un certo periodo potranno sussistere delle piccole aziende familiari artigiane, commerciali e agricole, ma una volta riorganizzata l'intera produzione nei vari settori economici, anch'esse dovranno sparire ed essere assorbite dalla produzione socialista. … Non più proprietà privata capitalistica, non più mercato, non più ricerca del massimo profitto, non più accumulazione privata, non più anarchia della produzione e crisi cicliche di sovrapproduzione, non più disoccupazione; ma proprietà collettiva socialista, scambio equo tra città e campagna, massimo soddisfacimento delle esigenze materiali e culturali delle masse, pianificazione economica nazionale e sviluppo ininterrotto della produzione e delle forze produttive, piena occupazione”.
 
Sul piano istituzionale, premesso che “i lavoratori nel socialismo non devono essere spettatori di un qualcosa che avviene al di fuori e al di sopra di loro, ma i veri protagonisti dello sconvolgimento sociale, gli ideatori e i realizzatori della nuova società”, “tutto il potere apparterrà ai lavoratori e al popolo che lo eserciteranno attraverso le assemblee popolari ai diversi livelli. … Le assemblee popolari dovranno essere composte prevalentemente da operai e contadini sulla base della triplice unione degli anziani, delle persone di età media e dei giovani, con una rappresentanza paritetica di donne e uomini. I candidati alle assemblee popolari dovranno essere presentati, discussi e approvati dalle assemblee delle masse interessate mediante la democrazia diretta. Avranno diritto ad essere eletti anche le ragazze e i ragazzi di 16 anni. Ogni deputato avrà l'obbligo di rispettare il mandato ricevuto dai suoi elettori, di rendere conto periodicamente a loro della propria attività e di quella dell'assemblea popolare di cui fa parte, e potrà essere revocato in qualsiasi momento su decisione della maggioranza dei suoi elettori. La retribuzione dei deputati anche nazionali non dovrà superare il salario medio degli operai dell'industria”.
 
Sul piano dell'educazione, “dovremo avere una particolare cura verso l'istruzione e la formazione delle nuove generazioni. Inviteremo la classe operaia e i contadini a entrare nelle scuole e nelle università per dirigerle allo scopo di infondere ai giovani un'educazione proletaria rivoluzionaria, scientifica e socialista e per cambiare radicalmente l'orientamento, i contenuti e i metodi dell'insegnamento. L'istruzione dovrà essere totalmente rivoluzionarizzata sulla base dell'ideologia proletaria, del materialismo storico e dialettico, delle più avanzate scoperte scientifiche e tecnologiche, del criterio studio-lavoro e teoria-pratica, dell'interscambiabilità dei ruoli e delle mansioni professionali. Gli studenti dovranno avere un ruolo attivo nella vita scolastica” ( Scuderi, Il socialismo è l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani, Rapporto politico al 3° Congresso del PMLI, 27 dicembre 1985, in Documenti del 3° Congresso nazionale del PMLI, pp. 66-78).
Noi viviamo ancora nell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria. Bisogna quindi agire di conseguenza. La quarta rivoluzione industriale in atto non cambia quest'epoca. Anzi la conferma e crea migliori condizioni oggettive per la rivoluzione proletaria. Produrrà solo nuovi problemi che andranno studiati attentamente e risolti via via in base alla situazione concreta e alla luce del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
 
Seguiamo la via dell'Ottobre per cambiare veramente l'Italia
 
La situazione italiana ci dimostra l'urgente bisogno di farla finita con il capitalismo. Nel nostro Paese, dove i poveri sono sempre più poveri (4,6 milioni i poveri assoluti, 8,3 milioni i poveri relativi) e i ricchi sempre più ricchi, la classe operaia, in genere i lavoratori, tra cui i precari, e gli oltre 3 milioni di disoccupati, hanno appena da vivere e non contano nulla politicamente. Quasi metà delle famiglie stenta ad arrivare a fine mese, 10 milioni di italiani rinunciano a curarsi per mancanza di soldi, 11 milioni e 374.610 mila pensionati ricevono una pensione da fame, il caporalato e il lavoro nero sono ancora una cruda realtà, gli anziani e i disabili sono sostanzialmente a carico delle famiglie, le persone LGBTQI non godono di tutti i diritti civili. Le donne continuano ad essere sottostimate e discriminate, soprattutto sul piano occupazionale e salariale, e soggette alla violenza maschile. Il Mezzogiorno è lasciato a se stesso, i migranti non hanno gli stessi diritti degli italiani, rendendo così più facile supersfruttarli e negar loro i diritti, la scuola e l'università sono aziendalizzate e si impongono sempre più restrizioni di classe.
 
La lotta per cambiare questa intollerabile realtà passa necessariamente dalla lotta contro il governo Gentiloni, che sulla scia di quello di Renzi, fa gli interessi economici del grande capitale. La fiducia messa sulla legge elettorale antidemocratica per imporre al parlamento l'inciucio Renzi-Berlusconi, la legge di bilancio a favore degli industriali, il decreto Minniti sulla sicurezza e il decoro urbano, il decreto Minniti-Orlando che criminalizza i migranti, l'attuazione della “Buona scuola”, l'attacco al diritto di sciopero, la reintroduzione truffaldina dei voucher, la manganellomania, malattia tipica dei fascisti mussoliniani, l'aumento delle spese militari e il “nuovo modello di difesa” che proietta l'imperialismo italiano nel Mediterraneo e l'invio all'estero di truppe italiane sono le prove più evidenti. Va abbattuto.
 
È pura illusione per chiunque si consideri anticapitalista credere di poter avere governi amici e alleati. Una vera alternativa di classe e rivoluzionaria oggi si può costruire solo in netta opposizione ai governi borghesi (anche locali) e fuori dal parlamento, ormai eclissato dal presidenzialismo di fatto e sempre più delegittimato a livello di massa, come comprovato dall'astensionismo che investe ormai metà del Paese.
Anche per le elezioni siciliane del 5 novembre e per quelle politiche della primavera dell'anno prossimo l'astensionismo rimane l'arma elettorale da usare per delegittimare, indebolire e disgregare le istituzioni rappresentative borghesi e per elevare la coscienza politica anticapitalista e anti-istituzionale e la combattività delle masse.
 
Tre “nuove” forze democratiche borghesi riformiste si contendono lo spazio elettorale lasciato libero dal PD alla sua sinistra. “Insieme”, che fa capo agli ex sedicenti comunisti Pisapia, Bersani e D'Alema, il primo addirittura nel passato predicava la rivoluzione armata come membro del gruppo terrorista Prima linea e del gruppo trotzkista Avanguardia operaia; “Alleanza per la democrazia e l'uguaglianza” diretta da Anna Falcone, ex dirigente nazionale del PSI ed ex candidata in Sicilia per “Rivoluzione civile”, e Tommaso Montanari, già simpatizzante del PD e collaboratore del ministro dalemiano Bray nel governo Letta; “Eurostop” diretto dall'operaista trotzkista Giorgio Cremaschi.
 
Solo quest'ultimo raggruppamento, di cui fanno parte anche il PCI e la Rete dei comunisti, si dichiara contro il capitalismo e favorevole al socialismo, ma non dice nulla sui contenuti del socialismo e sul mezzo da utilizzare per conquistarlo. Tutti e tre hanno posto la Costituzione del '48 alla base del loro programma e si propongono di conquistare l'elettorato di sinistra antirenziano. Sono quindi la negazione della Rivoluzione d'Ottobre. Tuttavia con l'uno o l'altro o con tutti e tre possiamo trovare dei punti politici, sociali e sindacali di interesse comune sui quali imbastire delle alleanze.
 
Al contempo riteniamo che all'unità di lotta debba accompagnarsi un salutare dibattito sulle divergenze strategiche, in particolare sulla Costituzione del '48, che è sostenuta anche da gruppi trotzkisti e pseudo-maoisti. Non capiscono che essa tutela il capitalismo, la proprietà privata dei mezzi di produzione (cioè l'intoccabile autorità dei padroni sui lavoratori) e il potere della borghesia. Può essere utile servirsi di certi suoi articoli per alcune battaglie immediate di carattere democratico-borghese, ma se presa come orizzonte totalizzante frena e limita la lotta all'interno del capitalismo e delle sue istituzioni. E non ci si rende conto che essa è ormai stata sostituita da una Costituzione di fatto che rafforza l'esecutivo, viola totalmente l'art. 16 e favorisce l'interventismo imperialista all'estero, travalica sempre più le libertà democratico-borghesi e generalizza le relazioni industriali di tipo mussoliniano introdotte da Marchionne in Fiat in barba alle belle parole dell'art. 1 (anche se si tratta di un lavoro da sfruttati). Continuare a perpetuare l'illusione della “piena applicazione” della Costituzione significa essere ciechi di fronte alla realtà concreta.
Finché si prendono il costituzionalismo e il parlamentarismo come propria linea politica e programmatica, non si andrà lontano. Resta valido il monito di Stalin: “È impossibile finirla col capitalismo, senza aver posto fine al socialdemocratismo nel movimento operaio” (Stalin, Il carattere internazionale della rivoluzione d'Ottobre, cit., p. 203).
 
Il PMLI in questi suoi quarant'anni di esistenza, senza contare il precedente decennio di preparazione, si è mantenuto fedele alla via dell'Ottobre e al marxismo-leninismo-pensiero di Mao applicandoli alla situazione concreta italiana. Nel fuoco della lotta di classe, ha sviluppato una testa da Gigante Rosso, cioè ha elaborato una linea ideologica, politica, programmatica, sindacale, rivendicativa e organizzativa proletarie rivoluzionarie e marxiste-leniniste, ha difeso il valore e l'attualità del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e della concezione proletaria del mondo contro le deformazioni revisioniste e riformiste, e ha previsto e denunciato per primo, sulla base di un'analisi di classe dei fatti, l'avvento della seconda repubblica e la natura mussoliniana di Renzi.
Ma il corpo del PMLI è ancora quello di un nano, dato il numero insufficiente di militanti, cellule e organizzazioni del Partito. Come ha spiegato il Segretario generale Giovanni Scuderi: “È quindi necessario decuplicare i nostri sforzi per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, che è il nostro obiettivo strategico a medio termine.
“Il che significa anzitutto che dobbiamo migliorare la nostra militanza sia sul piano ideologico, per essere veramente sicuri che la nostra concezione del mondo sia conforme al materialismo dialettico e al materialismo storico, sia sul piano politico incarnando al meglio le indicazioni di Mao sui marxisti-leninisti in modo da praticare il collettivismo e non l’individualismo, l’altruismo rivoluzionario e non l’egoismo, da mettere gli interessi generali del Partito, del proletariato e della causa al di sopra dei propri interessi personali e familiari.
 
“Dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso significa in secondo luogo migliorare il nostro lavoro negli ambienti di lavoro, di studio e di vita in cui siamo presenti, sulla base della parola d’ordine 'Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle priorità, studiare'. Bisogna portare più a fondo, a livello individuale e collettivo, su questa importante parola d’ordine strategica, che è la chiave del nostro radicamento tra le masse. È quindi necessario a livello di base sedersi attorno a un tavolo e discutere i tre elementi che compongono tale parola d’ordine e per ciascuno di essi stabilire cosa fare tenendo presente la situazione concreta in cui si opera, le forze che disponiamo e il principio più qualità e meno quantità.
 
“Dobbiamo essere coscienti che non basta propagandare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, la linea generale del Partito e le denunce e le malefatte del governo centrale; per far breccia nel proletariato e nelle masse e ottenere il loro consenso occorre occuparsi dei loro problemi concreti e immediati e aiutarle a risolverli, problemi che, a parte quelli a carattere generale e nazionale, possono essere diversi da città a città, da fabbrica a fabbrica, da scuola e università a scuola e università. In questo fondamentale e imprescindibile lavoro non possono non essere tenuti sotto attacco i governi locali e regionali, che sono i responsabili più diretti di quello che non va nelle varie città e regioni” ( Scuderi, Avanti sulla via dell'Ottobre tenendo alta la bandiera del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, 9 Aprile 2017 -http://www.pmli.it/articoli/2017/20170412_15a_DiscorsoScuderi40.html).
 
È principalmente dalle nuove generazioni lavoratrici e studentesche che dipende il successo della lotta contro il capitalismo per il socialismo. Bisogna osare ribellarsi contro il capitalismo, i suoi governi, le sue istituzioni, la sua cultura, le sue proposte, le sue idee e i suoi stili di vita, gettarsi nella lotta di classe e battersi in prima fila per la conquista del socialismo e del potere politico da parte del proletariato.
 
Alle ragazze e ai ragazzi rivoluzionari in particolare proponiamo di valutare la proposta del PMLI, di aprire un confronto con esso e di unirsi a noi come militanti o simpatizzanti. Abbiamo un estremo bisogno di nuove forze proletarie rivoluzionarie per incidere profondamente nella lotta di classe, per risvegliare il proletariato e le masse alla lotta politica rivoluzionaria anticapitalista e per marciare più velocemente e con maggiori successi sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista.
 
La via dell'Ottobre è ancora aperta, l'esempio della Grande Rivoluzione Socialista Sovietica non si è spento, il valore del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e del socialismo resta intatto. Prima o poi riconquisteranno la simpatia e l'appoggio del proletariato italiano e gli daranno la forza per capovolgere cielo e terra. Un nuovo mondo ci attende, lottiamo per conquistarlo! Imparando da Lenin, da Stalin e dai marxisti-leninisti e dal proletariato russi, ai quali esprimiamo la nostra massima gratitudine, possiamo farcela, dobbiamo farcela!
Con i Maestri e il PMLI vinceremo!
 
Il Comitato centrale del PMLI
 
Firenze, 25 Ottobre 2017