Approvata dal consiglio dei ministri la legge di bilancio per il 2018
Manovra da 20,4 miliardi a favore degli industriali
Niente di sostanzioso per i lavoratori, per i disoccupati, per i giovani, per i poveri e per il Sud. Dal 2019 in pensione a 67 anni. Nessun aumento per la sanità. Permangono i super ticket. Tagli alle spese. Condono per le cartelle non pagate. Beffate le confederazioni sindacali
Occorre lo sciopero generale
Il 16 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge riguardante il bilancio di previsione per il 2018 e il bilancio pluriennale 2018-2020. In realtà si tratta di una bozza a cui vengono apportate ancora continue modifiche, prima di consegnare il documento definitivo alla Commissione europea entro il 31 ottobre. La quale tra l'altro ha già storto la bocca dopo un primo esame, inviando una lettera al governo in cui lo avverte del “rischio di una significativa deviazione dagli sforzi previsti per il 2017 e il 2018”, riservando il giudizio finale a dopo aver esaminato il documento definitivo.
Si tratta di una manovra da 20,4 miliardi di euro, di cui 9,5 miliardi da reperire da tagli alla spesa (si parla di almeno 3,5 miliardi dalla “spending review”) e da misure fiscali come nuove forme di condono. Mentre gli altri 10,9 miliardi saranno finanziati da uno “sconto” che il governo Gentiloni si è autoconcesso rispetto a quanto promesso alla Commissione europea sulla riduzione del disavanzo strutturale e del rapporto deficit/pil, accampando un miglioramento del quadro economico superiore al previsto “grazie alle riforme” del governo Renzi e del suo stesso successore. Da cui lo scetticismo con cui la bozza di ddl è stata accolta a Bruxelles.
E infatti il ministro dell'Economia, Padoan, ha presentato la manovra come “un punto di svolta perché consente una crescita robusta, inclusiva, incentrata sulle fasce più bisognose e sulle aree meno avanzate del Paese”, ma si tratta di aria fritta perché innanzi tutto ben 15,7 miliardi dell'intera torta sono destinati a sterilizzare l'aumento dell'Iva e delle accise, una clausola di “salvaguardia” imposta dalla UE che il governo vuol rimandare anche per il 2018, dato che ci saranno le elezioni politiche. E in secondo luogo anche che la restante parte è destinata quasi tutta a finanziare il taglio del cuneo fiscale agli industriali per altri tre anni: un altro regalo a fondo perduto che, come si è già visto con il Jobs Act, non crea nuovi investimenti e nuova occupazione, ma serve solo a facilitare i licenziamenti e accrescere i profitti dei padroni.
Per i lavoratori, i disoccupati, i poveri, i giovani e il Sud di fatto non c'è un bel niente. A meno che non si voglia spacciare per investimenti “per le fasce più bisognose e le aree più disagiate del Paese” la pura e semplice riproposizione anche quest'anno della decontribuzione del 100% per le imprese che assumono al Sud; oppure la riproposizione anche per il 2018 del demagogico e renziano “Bonus cultura” da 500 euro per i diciottenni, che guarda caso torna molto utile in un anno di elezioni; o anche i 300 milioni (tra l'altro neanche i 600 preannunciati) che andranno a incrementare il fondo per il Reddito di inclusione, la nuova misura “universale” palliativa contro la povertà, che partirà dal gennaio 2018, e di cui godranno solo circa 1,8 milioni di persone a fronte dei 4,75 milioni di italiani in condizione di indigenza.
Un altro regalo miliardario ai padroni
“Tutto il pacchetto 'Impresa 4.0' è stato inserito nella manovra di bilancio. Si tratta di più di 10 miliardi di finanziamenti a sostegno delle imprese che investiranno in innovazione, ricerca e formazione negli ambiti e nelle tecnologie che caratterizzano la quarta rivoluzione industriale”, ha dichiarato soddisfatto il ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda. E infatti, come già detto sopra, la stragrande maggioranza delle risorse stanziate vanno a beneficio degli industriali. Si comincia con la riconferma del superammortamento, per il terzo anno consecutivo, con appena una leggera riduzione dal 140 al 130%, mentre viene confermato invece in pieno l'iperammortamento del 250% per l'acquisto di macchinari funzionali alla digitalizzazione dell'impresa. Viene rifinanziata per il biennio 2018-2019 anche la misura che prevede l'ampliamento del credito di imposta per acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive del Sud. Viene istituito inoltre un credito d’imposta del 50% fino a 1 milione di euro per le “spese di formazione 4.0”, cioè quelle relative alla formazione del personale in materia di big data, analisi dei dati, cyber security e robotica avanzata.
Ma il regalo più sontuoso agli industriali è la riproposizione degli sgravi del Jobs Act per altri tre anni consecutivi, con l'abbattimento del 50% dei contributi per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, e del 100% per le imprese che operano al Sud. Per il primo anno, il 2018, la soglia delle assunzioni incentivate varrà anche per gli under 35, anziché fino a 29 anni come stabilito dalle norme europee. Il costo degli sgravi sarà di 338 milioni, ma solo per il primo anno, perché salirà a 2,1 miliardi nel 2019 e a ben 3,9 miliardi nel 2020, ossia il grosso della spesa è rimandato a dopo le elezioni.
Ancor più succulenta per il padronato è la decontribuzione del 100% per tre anni per chi assume studenti, entro sei mesi dall'acquisizione del titolo di studio, che abbiano svolto, presso la stessa azienda, un periodo di formazione “on the job”, in alternanza scuola-lavoro, o in apprendistato di primo o di terzo livello. Un sistema studiato anche per creare consenso sull'invisa “buona scuola” renziana, attirando i giovani col miraggio di un'assunzione stabile dopo il periodo di alternanza scuola-lavoro.
Condoni fiscali e finanziamenti clientelari
Nel provvedimento ci sono poi altri regali alle imprese, ai ricchi, agli evasori fiscali, agli speculatori, a enti e ospedali cattolici ecc. Il decreto fiscale approvato il 13 ottobre che accompagna il ddl di bilancio consente infatti a chi non aveva aderito alla rottamazione delle cartelle lanciata un anno fa e a chi era stato escluso per errori formali di farlo adesso presentando domanda entro il 15 maggio 2018, sia per i ruoli precedenti sia per quelli ricevuti fino al 30 settembre. Ci sarà anche una nuova edizione della rottamazione dei contenziosi in corso con l’Agenzia delle Entrate, nonché una riedizione della voluntary disclosure bis, visto che l’ultimo e pur scandalosamente generoso condono sui capitali esportati all’estero non aveva dato gli esiti sperati. Tra l'altro c'è pure la beffa per chi ha pagato l'attuale rottamazione entro i termini stabiliti: pur di far cassa il governo consente infatti a chi ha saltato le prime due rate di luglio e settembre di pagare entro fine novembre vedendosi abbuonare interessi di mora e sanzioni.
Nel decreto ci sono anche la proroga della restituzione del prestito ponte concesso ad Alitalia, che sale da 600 a 900 milioni, un nuovo fondo per “l’erogazione di finanziamenti in favore di imprese di grande dimensione” in difficoltà finanziarie, oltre ai soliti stanziamenti che sembrano fatti su misura per alimentare la speculazione privata e il clientelismo: come i 164 milioni per la bonifica e il rilancio di Bagnoli, i 3 milioni per la “rigenerazione urbana di Matera”, i 9 milioni di euro per l'ospedale Bambin Gesù, gli 11 alla Fondazione Irccs Santa Lucia, i 12,5 al Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica e così via. E come ogni anno c'è anche il rifinanziamento delle missioni internazionali all’estero, accompagnato stavolta dall’individuazione di nuove risorse per la rideterminazione del piano assunzioni del personale militare.
Finanziamenti allo sport e riscossione cartelle a privati
A proposito di finanziamenti clientelari, particolarmente significativi sono quelli stanziati per lo sport professionistico. Per la prima volta si prevede un pacchetto di misure dedicate esclusivamente a questo settore, tra cui l'istituzione di un fondo ad hoc da 2 milioni di euro per la “tutela della maternità delle atlete”, incentivi fiscali di vario tipo, compresi quelli per l’ammodernamento di impianti sportivi, fino a contributi di 5 milioni per la realizzazione dei campionati europei di calcio under 21 del 2019.
E la ciliegina sulla ricca torta è un finanziamento di 6 milioni di euro al Giro d’Italia, ovvero a Rcs dell'imprenditore privato Urbano Cairo, visto che il grande gruppo editoriale presieduto dal patron di La7 è anche l’organizzatore unico del Giro attraverso la sua partecipata, Rcs sport. L’anno scorso il “regalone” da 60 milioni di euro alla Ryder Cup di golf stanziato dal governo Renzi; quest'anno si fa il bis per intervento diretto del ministro dello Sport Luca Lotti, che guarda caso è stato ospite d’onore a Gerusalemme della presentazione del Giro 2018, che partirà eccezionalmente da Israele.
Particolarmente grave è poi la decisione di affidare la riscossione delle cartelle esattoriali a ditte private. L'obiettivo è incassare almeno 4 miliardi tra 2018 e 2020 a fronte di un valore nominale di 500-600 miliardi di euro. Questo equivale però da una parte a regalare un fiume di miliardi pubblici a imprese private, e dall'altra a esporre i debitori a procedure di riscossione molto più drastiche rispetto a quelle consentite alla disciolta Equitalia. Banche e società specializzare nella gestione dei crediti deteriorati possono infatti pignorare anche la prima casa, sequestrare ben più del quinto dello stipendio e togliere ai pensionati la tutela sugli assegni di importo inferiore a quello sociale.
Superticket e pensioni
Per quanto riguarda la sanità non sono annunciati tagli specifici, ma bisogna ancora vedere quali capitoli il governo andrà a colpire della spesa pubblica, e comunque è vero anche che non sono nemmeno previsti nuovi stanziamenti, a fronte di una situazione della sanità pubblica sempre più disastrosa e della spaventosa carenza degli organici negli ospedali. Intanto quel che è certo è che Padoan ha escluso l’eliminazione del superticket chiesta dai sindacati, cioè l’importo aggiuntivo di 10 euro che i cittadini pagano su ogni ricetta per prestazioni di diagnostica e specialistica, e che frutta al governo circa un miliardo: “Su questo punto - ha sentenziato freddamente il ministro Padoan - non sono previste misure specifiche”.
E questa non è la sola porta sbattuta in faccia alle confederazioni sindacali. Un anno fa avevano raggiunto con Palazzo Chigi un accordo di massima per modificare la legge Fornero, e in particolare sul rinvio dell'adeguamento automatico dell'età pensionabile all'aspettativa di vita che dal 2019 la farebbe salire a 67 anni, la più alta d'Europa. Insieme a questo erano stati fissati altri temi cruciali come le pensioni ai giovani, il lavoro di cura delle donne, la flessibilità in uscita, le pensioni complementari. Non solo nella legge di Bilancio non c'è il minimo accenno di tutto questo, se non qualche piccola agevolazione all'Ape volontaria per le donne, ma sul primo punto Poletti si è limitato a dire che “sull’automatismo relativo all’aspettativa di vita il governo non ha preso ancora nessuna decisione”.
Una legge da affossare con la lotta
Questo atteggiamento di arrogante chiusura del ministro del Lavoro ha spinto Susanna Camusso a reagire dichiarando essere quella del governo “una manovra che favorisce le rendite e che mantiene lo status quo”. E a ricordare che lo sciopero “per me non è una parola abrogata”. La segretaria Cgil ha quindi precisato che “oggi valuteremo insieme a Cisl e Uil e la risposta quando non si rispettano gli accordi. Il governo ha fatto una scelta politica. Questa manovra non dà nessuna prospettiva di cambiamento. E' solo una sterilizzazione dell'aumento dell'Iva”.
Una risposta quantomeno debole e dilatoria, che rischia di lasciare ampio margine di manovra al governo per far arrivare comunque in porto e inalterata nella sostanza questa legge. Un'avvisaglia di ciò emerge dall'atteggiamento di furbesca “apertura” di Matteo Renzi, che ultimamente si è detto disponibile verso la richiesta di Camusso, Furlan e Barbagallo di una sospensione di sei mesi della decisione sull'aumento dell'età pensionabile al 2019: un rinvio per arrivare giusto giusto a dopo le elezioni politiche, dopodiché magari rimangiarsi la “disponibilità” e lasciare di nuovo le Confederazioni con un pugno di mosche.
Qui non si tratta di sospensioni o ritocchi, e lo sciopero non deve essere usato solo come una minaccia a vuoto. Lo sciopero ci vuole subito, e deve essere generale, di 8 ore e con manifestazione nazionale davanti a Palazzo Chigi, perché questa legge di Bilancio serve unicamente gli interessi del governo, del padronato e della UE imperialista, e non può essere “migliorata” ma solo respinta e affossata in blocco con la lotta dai lavoratori e dalle masse popolari.
31 ottobre 2017